Ambiente
L’insostenibile leggerezza del privato
In un seminario ad Oxford accademici e capitani d’impresa si confrontano sugli scenari post Rio. I Governi sono lenti, che si attivino le imprese, ma senza cambiare il quadro regolatorio né la cornice generale. Le conseguenze lo ha sottolineate Greenpeace nella sua ultima azione contro Shell che, pur essendo stata a Rio per il vertice Onu sulla sostenibilità, ha scelto di aprire pozzi petroliferi nell’artico.
Una due giorni ad Oxford, uno degli hot spot della conoscenza mondiale, per parlare di futuro. Il titolo, significativo, ha messo sul tavolo la sfida del prossimo secolo, "Food, Energy, Water (for all)". Un tavolo partecipato da accademici, capitani d’impresa, politici e sostenuto istituzioni tutt’altro che secondarie come l’Università di Oxford, la sua Smith School of Enterprise and Environment, in cooperazione con la Rothschild Foundation.
La posizione più chiara è arrivata dal premio nobel Amartya Sen, quando ha dichiarato che il libero mercato non è in grado di offrire le soluzioni più adatte per permettere una migliore condivisione delle risorse mondiali. I Governi dovrebbero maggiormente impegnarsi nell’aumentare l’accesso alle risorse di base per la vita, evitando che gli interessi delle imprese e dei mercati finanziari sovradeterminino le necessità delle comunità umane.
Maggiore intervento dei Governi, con una maggiore responsabilità sosciale ed ambientale. Quello che, a Rio de Janeiro alcune settimane fa, non si è visto. In un’intervista al quotidiano britannico Guardian, Sir David King, ex chief scientific adviser del Governo britannico, ha dichiarato che non siamo ancora in grado di avere una percezione chiara degli impatti quello che sta accadendo "abbiamo visto i primi indicatori, come l’aumento dei prezzi del cibo, della pressione sulle risorse idriche, il land grabbing alla ricerca di zone minerarie o fertili da coltivare, un aumento dei prezzi energetici e per le risorse chiave come i metalli. Ma dobbiamo fare di più", ha concluso King "per risolvere questi problemi prima che diventino più acuti, e non stiamo facendo abbastanza".
Ma la filosofia che ha animato Rio de Janeiro è ben lungi dall’essere ripensata. David Nabarro, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Sicurezza Alimentare e la Nutrizione ha sottolineato come i Governi abbiano bisogno di aiuto dalle aziende e dal settore privato, "che hanno una visione a più lungo termine rispetto alla lettura breve termine di molti decisori politici".
L’antipolitica sembra stia prendendo piede anche sulle questioni globali, ma quello che non si evidenzia in verità è quali siano i confini e gli ambiti di queste collaborazioni pubblico-privato. Una questione delicata che richiama non solo al rischio di una troppo stretta connivenza tra chi decide e le imprese, e quindi di poca trasparenza, ma anche di uno sdoganamento acritico del ruolo del privato in un ambito dove le responsabilità delle imprese sono più che evidenti.
Lo ha ricordato Greenpeace che, più o meno negli stessi giorni del convegno, ha scelto di denunciare con azioni coordinate le politiche di Shell nell’Artico, che prevedono nelle prossime settimane la perforazione di due pozzi offshore in Alaska, nella zona artica, particolarmente delicata come equilibri ecologici.
Sara Ayech, di Greenpeace Uk è chiara "è venuto il momento di tirare una linea sul ghiaccio e dire a Shell che si deve fermare. Per questo motivo abbiamo bloccato i distributori Shell ad Edimburgo e a Londra".
Più di cento distributori a Londra e 14 ad Edimburgo sono stati occupati ed hanno visto sventolare la bandiera di Greenpeace come denuncia di una politica insostenibile da parte di un’azienda, come la Shell, che è stata presente in grande stile al vertice Onu di Rio de Janeiro.
Una situazione imbarazzante per un vertice che avrebbe dovuto parlare di sostenibilità. Un’ombra di connivenza che è emersa, in quei giorni, anche dalle parole di Nnimmo Bassey, presidente di Friends of the Earth International, "non è accettabile che aziende come Shell, che provocano un massiccio inquinamento oltre alle violazioni dei diritti umani, entrino nella cabina di comando dello sviluppo sostenibile. Questa è una ricetta per il disastro, per i popoli e per l’intero pianeta. Non si può permettere alle aziende inquinanti di dettare legge. Dovrebbe essere la legge a occuparsi di loro".