Salute / Approfondimento
L’importanza di limitare l’assunzione di zuccheri nei primi mille giorni di vita
Una dieta con meno zuccheri durante gravidanza e infanzia ha effetti positivi a lungo termine, riducendo del 35% il rischio di diabete e ritardando l’insorgenza di malattie croniche. I risultati dell’analisi dei dati sul razionamento di cibo nel Regno Unito durante la Seconda guerra mondiale. Le campagne di informazione non bastano, è necessario coinvolgere le scuole e le aziende alimentari
Torte, biscotti, pudding e charlotte realizzate con le carote, promosse come alternativa allo zucchero nei dolci grazie alla loro naturale dolcezza. Era uno degli accorgimenti che il ministero dell’Alimentazione del Regno Unito consigliava durante il periodo di razionamento del cibo a cavallo, e oltre, della Seconda guerra mondiale. Nonostante le restrizioni, le quantità di zucchero aggiunti concesse in quel periodo rientravano nei limiti oggi consigliati dalle principali autorità sanitarie.
Ogni individuo, comprese le donne incinte e i bambini dai cinque anni in su, riceveva una porzione di 226 grammi di zucchero a settimana e 340 grammi di dolciumi al mese. Giornalmente si poteva assumere quindi l’equivalente di circa sei-sette cucchiaini di zucchero (24-28 grammi), una quantità paragonabile alle attuali linee guida dietetiche dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo le quali gli zuccheri non dovrebbero rappresentare più del 10% delle calorie totali. Una quantità molto inferiore rispetto a quella consumata oggi.
Secondo l’Oms, in Europa, l’assunzione negli adulti varia da circa il 7-8% dell’apporto energetico totale in Paesi come l’Ungheria e la Norvegia, al 16-17% in Spagna e Regno Unito. Per i bambini è più elevata: da circa il 12% in Danimarca, Slovenia e Svezia, a quasi il 25% in Portogallo. Gran parte degli zuccheri consumati oggi sono in alimenti trasformati. Per esempio, un cucchiaio di ketchup contiene circa quattro grammi. Una singola lattina di bibita zuccherata contiene fino a 40 grammi (circa 10 cucchiaini) di zuccheri.
Durante il razionamento inglese, inoltre, ai bambini di età inferiore ai due anni non venivano assegnati specificamente porzioni di zuccheri o dolciumi come parte della loro razione, perché le pratiche alimentari per i neonati in quel periodo si concentravano sull’allattamento al seno, sul latte artificiale e su alimenti adatti all’età, come cereali, verdure e frutta.
Come questo regime alimentare a basso o nullo contenuto di zuccheri possa aver influito a lungo termine sulla salute delle persone che lo hanno subìto è la domanda che si è posta Tadeja Gracner, ricercatrice dell’Università della California del Sud (Los Angeles). Insieme ai suoi colleghi, ha analizzato le differenze di salute tra gli adulti a cui era stata limitata la quantità di zucchero durante la gravidanza della madre e fino ai primi due anni di vita rispetto ai soggetti nati e concepiti dopo la fine del razionamento nel settembre del 1953. Dopo questo evento il consumo di zucchero e dolciumi nel Regno Unito era raddoppiato.
Lo studio, pubblicato a fine ottobre 2024 sulla rivista scientifica Science, ha preso in esame le indagini sulla dieta nel Regno Unito portate avanti dagli anni Cinquanta, le vendite annuali di zucchero e dolci, insieme ai dati sanitari conservati nella Biobanca. Il campione comprende 60.183 persone nate tra ottobre 1951 e marzo 1956, di età compresa tra 51 e 66 anni al momento dell’indagine. I ricercatori si sono concentrati sugli zuccheri aggiunti, detti anche “liberi”: sono quelli appunto aggiunti agli alimenti e alle bevande dal produttore, dal cuoco o dal consumatore, e quelli naturalmente presenti nel miele, negli sciroppi, nei succhi di frutta e nei concentrati di succo di frutta (ma non comprendono quelli naturalmente presenti nei cibi, per esempio nella frutta).
I risultati dell’analisi mostrano che il gruppo di bambini sottoposto a razionamento di zucchero nel grembo materno o durante l’infanzia presenta un rischio inferiore del 35% di sviluppare diabete di tipo 2, insieme al 20% in meno di possibilità di soffrire di ipertensione rispetto a coloro che hanno consumato più zucchero prima e dopo la nascita.
Quando queste malattie si sono sviluppate nei soggetti sottoposti a razionamento, sono apparse in età più avanzata: quattro anni dopo per il diabete di tipo 2 e due anni dopo per l’ipertensione.
“Disponiamo di un’ampia serie di ricerche che dimostrano il legame negativo tra zuccheri aggiunti e salute, oltre a quelle che studiano l’importanza che l’alimentazione assunta nei primi anni di vita può avere sulla salute a lungo termine. Sulla base di questi studi, c’è una crescente preoccupazione per la salute dei bambini che consumano quantità eccessive di zuccheri aggiunti in questo momento della vita, ma non abbiamo molte prove sugli effetti a lungo termine. Questo studio colma questa lacuna”, spiega Gracner ad Altreconomia.
In passato altri studi hanno esaminato l’esposizione precoce e gli effetti a lungo termine della relazione tra zucchero e salute, basati su ricerche su animali o su esseri umani in utero sottoposti a eventi estremi, come la carestia o importanti restrizioni caloriche. “Il nostro studio è un po’ diverso -aggiunge la ricercatrice-. Il razionamento durante il periodo di studio non operava in un ambiente di enorme privazione alimentare: la dieta in media rientrava nelle raccomandazioni dietetiche odierne”.
All’inizio del 1942, i principali prodotti razionati erano grassi (burro, margarina e grassi da cucina), pancetta e prosciutto, zucchero, carne, tè, formaggio, marmellate e confetture, uova, carne in scatola, latte e cipolle. Con il progredire della guerra, vennero razionati altri alimenti e questa condizione continuò fino al 1954 a causa delle continue carenze alimentari.
Nonostante lo stretto controllo governativo sul cibo, i cittadini britannici erano generalmente meglio nutriti degli altri europei sottoposti a razionamento, per esempio i tedeschi, i francesi, gli italiani e gli spagnoli. Nel Regno Unito infatti la Nutrition Society fu costituita con l’obiettivo di garantire che le razioni alimentari fossero basate su solide basi scientifiche, mentre la National food survey (Nsf) aveva lo scopo di monitorare la dieta per prevenire la malnutrizione della popolazione. I dati raccolti da quest’ultima dimostrano che l’alimentazione in quegli anni non fu caratterizzata da privazioni estreme.
Addirittura, era più equilibrata dal punto di vista nutrizionale rispetto a quella degli anni precedenti la guerra e per molti versi simile alle odierne linee guida dietetiche raccomandate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Una dieta basata su quei limiti era di circa 2.500 calorie al giorno, di cui il 35% proveniva da grassi, il 13% da proteine e il 52% da carboidrati. Anche per i bambini la dose giornaliera raccomandata per la dieta era abbastanza adeguata alle indicazioni attuali. Un bambino di quattro anni consumava 1.445 calorie al giorno rispetto alle 1.500 raccomandate oggi. Circa il 13% delle calorie proveniva da proteine rispetto al 15% raccomandato, il 40% da grassi rispetto al 25-35% raccomandato e il 47% da carboidrati rispetto al 45-55% raccomandato.
I risultati dello studio mettono inoltre in evidenza che restrizioni più prolungate portano a benefici ancora maggiori per la salute. Gli effetti protettivi di un regime alimentare a basso consumo di zucchero sono maggiori se prolungati oltre i sei mesi.
Il lavoro di Gracner sottolinea l’importanza dell’alimentazione nelle prime fasi della vita e la necessità di promuovere un basso apporto di zuccheri durante questo periodo critico della vita di genitori e figli. Fino a pochi decenni fa, si attribuiva ai geni della madre e del padre tutte le caratteristiche fisiche, biologiche e i comportamenti ereditate dai figli.
Gli studi più recenti hanno invece mostrato come anche l’ambiente sia in grado di condizionare il funzionamento dei nostri geni. “Tutto ciò che avviene nei primi mille giorni di vita, dal concepimento ai primi due anni, è cruciale per la salute -spiega Alberto Villani, responsabile della Pediatria generale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù-. Il materiale genetico contiene dei meccanismi di accendi e spegni. L’ambiente può spegnere alcuni geni e accenderne altri, rallentarne il funzionamento o accelerarlo. I primi mille giorni sono così importanti perché è in questo momento che si forma gran parte dell’organismo, una fase in cui è più facile modificarlo. Per questo motivo le abitudini dei genitori, ma soprattutto quelle della madre in questa fase, hanno un ruolo fondamentale. Comprese le scelte alimentari”.
Per Villani è fondamentale un’educazione all’alimentazione, ma più in generale al benessere. “L’ideale sarebbe una scuola a tempo pieno che preveda il coinvolgimento dei bambini, già dall’asilo, alla scelta del cibo, ovviamente guidati da chi ha le competenze per farlo. Non bastano campagne informative e di comunicazione alle famiglie e ai genitori, si deve fare in modo che tutti i bambini abbiano le stesse opportunità di sviluppo armonico delle proprie potenzialità. Questo può avvenire a scuola”.
E un’ulteriore soluzione può venire anche dal mercato, conclude Gracner. “Ridurre precocemente gli zuccheri aggiunti è un passo importante per migliorare la nostra salute, ma non è affatto facile. Gli zuccheri aggiunti sono ovunque, anche negli alimenti per neonati e bambini che sono inoltre bombardati da pubblicità televisive di merendine zuccherate. Questo rende incredibilmente difficile attenersi alle linee guida, a partire dalla prima infanzia”.
“Se da un lato è fondamentale migliorare l’alfabetizzazione alimentare dei genitori e di chi si prende cura dei bambini, dall’altro dobbiamo chiedere alle aziende di riformulare gli alimenti per l’infanzia con opzioni più sane e di regolamentare il marketing e i prezzi degli alimenti zuccherati destinati ai piccoli. Con una migliore informazione, un ambiente più favorevole e i giusti incentivi, i genitori possono ridurre più facilmente l’esposizione agli zuccheri, per i loro bambini e per loro stessi. Detto questo, non vogliamo certo togliere la gioia delle feste imminenti: una torta di compleanno, una caramella o un biscotto, con moderazione, sono dolcetti che tutti dobbiamo concederci, di tanto in tanto”.
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