Ambiente
L’Expo dei desideri
A meno di mille giorni dall’evento, regna l’incertezza sul rispetto delle scadenze per i lavori. E non esiste nemmeno un progetto definitivo della "Piastra espositiva", l’area destinata ad ospitare l’Esposizione dal maggio 2015. L’alternativa: rimandare o rinunciare (pagando una penale di poco più di 50 milioni di euro)
Meno di mille giorni, quindi la grande vetrina dell’Expo 2015 si aprirà su Milano. Non sappiamo che cosa troveranno, però, le 20 milioni di persone che -secondo le stime degli organizzatori- sono attesa nell’area fieristica, che sarà aperta tra il 1° maggio e la fine di ottobre. Arriveranno da tutto il mondo per visitare i padiglioni che dovrebbero spiegare il tema dell’Esposizione, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Per accoglierli al meglio, dopo aver ricevuto l’ok del Bie, il Bureau International des Expositions, associazione tra Stati con sede a Parigi, il governo italiano ha stanziato quasi un miliardo e mezzo di euro, che serviranno solo per “preparare” l’area.
Eppure chi oggi (le foto in queste pagine sono state scattate il 17 luglio 2012) dovesse attraversare la location prescelta per l’Esposizione universale, o guardarla dall’alto, passando lungo le autostrade che l’abbracciano, che sono l’A4 (tra Milano e Torino) e l’A8 (direzione Como), potrebbe iniziare a dubitare sull’effettiva realizzazione dell’Expo: le (prime) ruspe e i (primi) camion sono al lavoro, ma per ora si occupano della “rimozione delle interferenze” (deviano un torrente, cancellano una strada, spostano un elettrodotto).
Mentre mezzi e uomini sono al lavoro tra i campi incolti, in quest’area agricola di oltre un milione di metri quadrati tra i Comuni di Milano, Rho, Pero, Baranzate e Bollate, la “credibilità” dell’Esposizione universale è ridotta al lumicino.
“Figuriamoci se sono ottimista” ha detto -forse sconsolato- il viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti Mario Ciaccia. Era il 4 aprile scorso, e l’ex banchiere del gruppo Intesa Sanpaolo parlava di fronte all’Ottava commissione del Senato, cui portava comunicazioni “in merito alla realizzazione e al finanziamento delle opere connesse alla manifestazione Expo Milano 2015”.
Parole che stanno nero su bianco nella relazione stenografica, ma che nessuno con un po’ di potere osa ripetere di fronte ai taccuini di un giornalista.
I timori è bene rimangano chiusi a Palazzo Madama, o negli uffici di Expo spa, la società partecipata da ministero dell’Economia, Regione Lombardia, Comune e Provincia di Milano, Camera di commercio incaricata di coordinare la realizzazione dell’evento.
Fuori, è importante dare all’opinione pubblica un messaggio univoco: “Expo sarà il motore del rilancio dell’Italia che, ancora una volta, partirà da Milano” ha detto ancora a metà luglio, al Corriere della Sera, Giuliano Pisapia, sindaco di Milano dal giugno 2011 e Commissario straordinario per l’Expo insieme al presidente della Lombardia, Roberto Formigoni.
Tutti ne “devono” essere convinti. Come un mantra. Come una verità che si auto-avvera. Se non fosse che si scontra col calendario.
Il 12 luglio Expo 2015 ha diffuso, in risposta a una conferenza stampa della Fillea-Cgil. La società assicurava che “in merito alle preoccupazioni […] circa il rispetto dei tempi per la realizzazione del sito dell’Esposizione universale di Milano, Expo 2015 S.p.A. precisa che allo stato attuale le presenze dei lavoratori in cantiere -90 operai e 20 impiegati- rispettano pienamente le previsioni”. Prendiamo per buone queste parole, dopo aver verificato sul campo che alle sei si smette di lavorare. Non c’è fretta, a metà luglio.
Facciamo un piccolo salto in avanti di 45 giorni. Oggi è il primo settembre 2012. Mancano 972 giorni all’avvio dell’Expo. L’appalto per la “piastra” è stato assegnato il 16 luglio. Valeva -base d’asta- 272 milioni di euro. Chi ha vinto è un’associazione temporanea d’imprese capeggiato dall’Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani spa, di cui fanno parte anche Socostramo S.r.l., Consorzio Veneto Cooperativo S.C.p.A., Sielv S.p.A. e Ventura spa, e ha presentato l’offerta più vantaggiosa: per 165,1 milioni di euro realizzerà l’opera più importante di tutto l’Expo, che comprende tra l’altro le due strade su cui dovrebbero aprirsi tutti i padiglioni dei Paesi ospiti (ad oggi 92, ne sono attesi almeno 140), cardo e decumano, il canale che dovrebbe correre tutt’intorno all’“isola”.
L’aver (finalmente) assegnato l’appalto della piastra è vissuto come una liberazione: fatto questo, si può continuare a ripetere “yes we can”, ce la possiamo fare, ad oltranza e al mondo intero. Perché il bando di gara prevede l’avvio di un count-down per la consegna, 950 giorni a partire dall’aggiudicazione, non dall’avvio dei lavori. E se tutto va bene, ciò significa che la piastra sarà pronta per fine febbraio 2015. A due mesi esatti dall’avvio dell’Esposizione universale, e con (almeno) due mesi di ritardo rispetto al crono-programma allegato da Expo spa al masterplan dell’area espositiva, presentato al Bie nell’aprile del 2010. Cronoprogramma che mostra dell’altro: prima di avviare i lavori della piastra, sarebbero stati conclusi quelli per la “risoluzione delle interferenze”, che però sono ancora in corso (iniziati a ottobre 2011, dureranno 24 mesi).
Ma c’è dell’altro: non c’è ancora un progetto definitivo della “piastra espositiva”. Legambiente Lombardia partecipa ai lavori dell’Osservatorio ambientale Expo, dove a fine giugno, nel corso di una riunione plenaria, è stata presentata una evoluzione del masterplan: “Sono spuntati nuovi edifici, che non erano previsti. In primo luogo il media center, che sembra essere permanente. È un edificio che resta lì. E poi sono scomparse le serre, al cui posto c’è una roba che è come se fosse un’area grigia. Se stiamo ai calcoli che sono stati fatti per quanto riguarda il loop esterno, essa viene irrobustito: diventa una strada che gira tutt’intorno all’Expo. Una specie di circonvallazione. Ci saranno terrapieni più grandi, cose di questo genere. Fatto sta che secondo i calcoli presentati viene movimentata molta più terra”, spiega il presidente, Damiano Di Simine.
Ecco che i “950 giorni” assumono un altro significato, perché -spiegano dall’Autorità ambientale della Regione Lombardia-, i lavori possono anche iniziare, ma nel momento in cui viene fuori che ciò che stanno facendo non va bene, devono fare una variante. È come dire: “Se correte in avanti, ma gli interventi non sono coerenti con le prescrizioni indicate in sede di Valutazione d’impatto ambientale, la Regione ha (o avrebbe?) tutti i titoli di legge per imporre nuove verifiche.
E i mesi passano. La prima verifica sulle modifiche progettuali avrebbe dovuto tenersi a fine luglio, ma non c’è stata. Anche se i tempi sono molto stretti, pare che la società stia ancora definendo il progetto, che coinvolge più uffici e soggetti esterni (tra cui Metropolitana Milanese). La vicenda del sito espositivo è uno scivolo, su cui s’innestano molte altre variabili. Che ritroviamo nel dossier di candidatura, suddivise tra opere “essenziali”, “connesse” e “necessarie [ma] non incluse”.
Nella tabella qui sopra, confrontiamo lo stato d’avanzamento di alcuni progetti. Qui ne prendiamo ad esempio uno, considerato essenziale. Sono i parcheggi dell’Expo. Inizialmente (febbraio 2009), avrebbero dovuto essere quattro, tutti molto grandi (tra i 3mila e gli 8mila posti) e localizzati nello stesso quadrante di Expo, a Nord-ovest di Milano. Poco più di 60 milioni di euro d’investimento, tutto a carico di soggetti privati. Nel novembre del 2011, la tabella è rimasta uguale. C’è indicata la stessa data per l’inizio dei lavori: aprile 2012, con consegna nell’aprile del 2014.
Peccato che a fine luglio 2012 non solo i cantieri non siano avviati, ma sia in alto mare anche la “localizzazione” dei parcheggi. Lo spiega la Provincia di Milano, che “su richiesta della Regione sta esplorando con la società Expo nuove ipotesi di parcheggi remoti, soprattutto in riferimento alle provenienze da Sud” come racconta l’assessore al Territorio, Fabio Altitonante. In tutto dovrebbero essere 21.500 posti auto più stalli per bus turistici, disseminati intorno a Milano in 16 diverse localizzazioni la cui dimensione massima non superi i 1.500/ 2.000 posti “per evitare la congestione del traffico sulle arterie di immissione” spiegano dall’assessorato.
L’8 maggio 2012 si è tenuto presso Assimpredil Ance un convegno dal titolo “Expo 2015: stato avanzamento lavori”. C’erano Giuseppe Sala, direttore generale di Expo 2015 spa e Angelo Paris, direttore Construction & Operations. Parlando di parcheggi e del piano consegnato al Bie hanno ammesso: “Era un progetto sbagliato”, perché “il privato non lo trovi”. E, ancora: “Il privato ha ragione, come fai a fare un parcheggio?”. Quindi: “Ce ne faremo carico”.
C’è poi il caso delle nuove linee della metropolitana. Nel 2009, Milano avrebbe dovuto dotarsi di una M6, passante in grado di alleggerire il peso sulla linea in zona Fiera. Erano pronti 480 milioni di euro dal Fondo Expo, per un investimento complessivo di 870 milioni di euro. Alla fine il progetto viene stralciato, e gli stessi fondi destinati alla linea M4, per la tratta dal Policlinico all’aeroporto di Linate. Secondo il cronoprogramma (febbraio 2009), i lavori avrebbero dovuto iniziare nel dicembre del 2009 per chiudersi nel settembre 2014. Secondo l’aggiornamento del novembre 2011, avrebbero dovuto iniziare nel dicembre 2011 per chiudersi nell’aprile del 2015. Oggi (luglio 2012), a cantieri aperti da poche settimane, sappiamo che la “consegna” è fissata al 30 aprile 2015 -fino a quel giorno l’area intorno a viale Forlanini sarà interessata dai lavori, come ci spiegano i cartelli-, e che i cantieri riguarderanno solo due stazioni. Dall’aeroporto di Linate a Forlanini Fs, passando per il quartiere Forlanini. Forlanini Fs sarà un nodo d’interscambio con il passante ferroviario. Ad oggi, però, non c’è alcuna stazione.
La M4 sarà realizzata da un’Ati guidata da Impregilo, e di cui fa parte anche Atm (la società pubblica, del gruppo Mm, che gestisce le tre linee già in esercizio della metropolitana cittadina). La gestione affidata a una società ancora da costituire che si chiama SPV Linea M4 spa, di cui il Comune detiene il 66% delle azioni. A causa del ritardo, i cantieri dovranno correre spediti. L’Ati Impregilo riceverà un bonus da 26 milioni di euro se raggiunge l’obiettivo Expo. Abbiamo posto alcune domande all’assessorato ai Trasporti del Comune di Milano, senza ottenere risposta: “Da cronoprogramma, quanto tempo dovrebbero durare i lavori per la realizzazione di questo lotto? Le Ferrovie dello Stato quando avvieranno i cantieri per realizzare la stazione Forlanini Fs? Quali sono i tempi di ‘consegna’?”.
Nella lista dei desideri compilata in vista di Expo 2015, c’erano in tutto una sessantina di grandi, medie e piccole opere. Il catalogo comprende tre autostrade (Pedemontana, Tem e BreBeMi), nodi ferroviari (anche un collegamento tra i due terminal di Malpensa), due linee del metro (anche la M5), strade statali e bretelle.
Per alcune la classificazione è diventata “realizzazione oltre l’orizzonte Expo”. Leggendo il bollettino di giugno 2012 “NordOvest Infrastrutture”, a cura dell’Osservatorio territoriale infrastrutture (Oti) di area confindustriale le parole che più ritornano sono “criticità”, “mancanza” (di risorse), “preoccupazione”. E, infine, “A mille giorni dall’evento, i cantieri aperti sono pochi”.
Vale la pena allora prendere atto dell’esigenza di posticipare di un anno la manifestazione. Altrimenti, c’è un’altra via d’uscita: fino ad aprile 2013, Expo 2015 spa potrebbe rinunciare all’esposizione versano una penale di 51,6 milioni di euro. Cui si aggiungerebbero -spese già certe- i poco più di 83 milioni già trasferiti dal Tesoro a Comune di Milano, Regione ed Expo 2015 spa. Andando avanti, il fallimento sarebbe più rumoroso ma anche più costoso. —
Quel che sarà dopo
L’unica certezza sull’Expo è la sua localizzazione. La scelta è caduta su un’area di oltre 1,1 milioni di metri quadrati, divisa tra i Comuni di Milano e Rho, a Nord-ovest del capoluogo lombardo. In parole povere, si tratta di campi. L’intero comparto, che confina con la nuova Fiera di Rho-Pero ed è di proprietà in minima parte degli enti locali, e per lo più di Fondazione Fiera e della famiglia Cabassi, verrà acquisita (accadrà probabilmente entro fine agosto 2012, noi scriviamo a luglio) da una società creata ad hoc. Che si chiama Arexpo, pagherà l’area circa 165 euro al metro quadro, e poi la cederà in comodato gratuito ad Expo 2015 spa. Alla fine della manifestazione, il gigantesco comparto -con tutte le urbanizzazioni- tornerà ad Arexpo, che la venderà tra il 2016 e il 2017. L’area, a quel punto, sarà “valorizzata”. Nella relazione preparata per il Tribunale di Milano, che certifica la “congruità” del prezzo d’acquisto, è previsto uno scenario di “sostenibilità” dell’operazione post-Expo. Arexpo -tra il 2016 e il 2017- cederà l’area per una cifra tra i 305 e i 330 milioni di euro ad un “promotore immobiliare”, che poi -sulla base delle previsioni urbanistiche- potrà costruire: il piano prevede 328.881 metri quadrati per la residenza libera (case da 4.150 euro al metro quadro); 30mila metri quadrati per la residenza sociale e 70mila ciascuno per il terziario e il commercio. Un’operazione da 1,9 miliardi di euro, con buona pace dei milanesi che nel 2011 avevano votato “sì” al referendum consultivo che chiedeva “la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo”.