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Le mani sull’Africa

Ecco la Dichiarazione per i Diritti all’Acqua e alla Terra: dal Forum Sociale Africano una risposta all’accaparramento armato dei beni comuni. L’alleanza strategica dei movimenti globali contro il land-grabbing e il water grabbing, firmata da decine di organizzazioni della società civile convenute a Dakar

Il Forum Sociale Africano si è svolto a Dakar (Senegal) dal 14 al 19 ottobre. Con all’attivo sette forum sociali continentali e 4 mondiali (Bamako, Nairobi, Dakar e Tunisi), l’Africa occupa oggi stabilmente il primo posto della mobilitazione altermondialista della società civile globale, scavalcando addirittura l’America Latina, patria storica del Social Forum. 

E ogni Forum lascia un’eredità forte su cui lavorare: questa edizione del Social Forum Africano si è chiuso con l’adozione  di una “Dichiarazione per i Diritti alla Terra e all’Acqua”: la testimonianza di un’alleanza strategica dei movimenti globali contro il land-grabbing e il water grabbing, firmata da decine di organizzazioni della società civile convenute a Dakar.

Nonostante l’ebola infatti, continuano a fare infinitamente più vittime i conflitti dimenticati per l’accaparramento delle risorse di un continente che potrebbe essere il più ricco del pianeta. Petrolio e uranio, certo, ma anche oro, coltan, legname, e soprattutto acqua e terra. Le istituzioni finanziare internazionali raccontano di un continente traboccante di terra fertile pigramente inutilizzata, di risorse idriche “in attesa di essere valorizzate”. La realtà, è che l’accesso a queste risorse garantisce la sopravvivenza di milioni di individui. Nonostante la retorica coloniale della terra nullius, i casi di land-grabbing in Africa si accompagnano sistematicamente a violenze, abusi, torture, ai danni di chi quelle terre le abitava. I contadini del Mali ci hanno raccontato di interi villaggi bruciati dai gendarmi per fare posto al mito della terra inutilizzata. In Senegal, Etiopia e in molti altri paesi, espropri e deportazioni hanno lasciato morti sul campo.
Oggi la spirale della militarizzazione ha un altro obiettivo: l’acqua, bene comune essenziale per la vita. Se il conflitto israelo-palesinese ci ha insegnato il valore strategico dell’accesso all’acqua, il continente africano indica un futuro prossimo di conflitti in cui l’acqua è la posta in gioco. L’accesso all’acqua, sempre più scarsa per via del cambiamento climatico, è al centro del conflitto nel Sahel. In Ghana, l’acqua è definita “bene di sicurezza nazionale” e un disegno di legge vorrebbe rendere passibile di imprigionamento il furto d’acqua (l’evasione della bolletta, che nel paese può raggiungere il 20% del reddito individuale). In Sierra Leone, sono sempre le terre più ricche di acqua quelle che vengono sottratte manu militari ai contadini per fare spazio alle colture idro-insostenibili di biocarburanti e canna da zucchero. E proprio 2 giorni prima dell’inizio del Social Forum, uno degli speaker invitati a parlare ad un seminario organizzato da COSPE è stato incarcerato per aver preso parte ad una manifestazione per il diritto all’acqua. L’acqua è, insomma, il cuore di un conflitto sociale e ambientale che si sta imponendo su tutto il continente. Per questo uno dei traguardi più significativi di questa edizione del Social Forum Africano è stata appunto l’adozione di una Dichiarazione per i Diritti alla Terra e all’Acqua. Carta che, per l’occasione, è stata  proclamata dalla nota scrittrice maliana Aminata Traoré. Nell’anno della negoziazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU post-2015 e della COP15 di Parigi, si tratta di un passo importante per far sentire la voce della società civile globale. Che non è solo la vittima passiva delle pandemie agitate dai media, ma anche il soggetto di un cambiamento verso un altro mondo possibile, laboratorio di idee e pratiche per la tutela del bene comune.
 

* Cospe, cospe.org

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