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Ambiente

Lasciate respirare il parco

Il 3 maggio prossimo i comitati "Lasciateci respirare" ed "E noi?" di Monselice, in provincia di Padova, sono attesi in tribunale, a Bergamo, dove verrà discusso il giudizio per diffamazione, promosso nei loro confronti da Italcementi, colosso italiano del cemento,…

Tratto da Altreconomia 126 — Aprile 2011

Il 3 maggio prossimo i comitati "Lasciateci respirare" ed "E noi?" di Monselice, in provincia di Padova, sono attesi in tribunale, a Bergamo, dove verrà discusso il giudizio per diffamazione, promosso nei loro confronti da Italcementi, colosso italiano del cemento, una società quotata in Borsa a Milano e di proprietà della famiglia Pesenti, cui è dedicato un paragrafo nel libro "Le conseguenze del cemento". Nell’articolo sotto, pubblicato sul numero 126 di Ae (aprile 2011, non a caso dedicato alle "comunità resistenti"), una ricostruzione della vicenda.

I cittadini di Monselice non vanno fieri del “primato” del Comune in cui vivono, che è l’unico in Italia ad ospitare due cementifici. Un primato rafforzato dal fatto che il territorio di Monselice -17mila abitanti nella bassa padovana, lungo l’A13 che collega Padova a Bologna- è compreso nel Parco regionale dei Colli Euganei.
E se contiamo anche un altro stabilimento, che è ad Este, nel raggio di 5 chilometri (e sempre dentro il Parco) fanno ben tre cementifici. Nell’ordine, uno è di proprietà di di Italcementi, la più importante industria cementiera del Paese (25,7% del mercato nel 2009, 4,7 miliardi di fatturato nel 2010), il secondo si chiama Cementificio di Monselice (ex Radici) e il terzo Cementizillo.
“Si sono insediate qui negli anni 50 -racconta Francesco Miazzi, già presidente del comitato popolare “Lasciateci respirare” di Monselice e oggi consigliere comunale con la lista Nuova Monselice-. Per alimentare questa produzione, dal 1954 al 1968 il materiale estratto annualmente salì da uno a cinque milioni di tonnellate. Nei fatti era in atto la distruzione totale di un territorio, attuata con mezzi sempre più potenti, impiegati nelle 70 cave attive. Per far fronte a questa situazione, alla fine del 1968, il Consorzio per la valorizzazione dei Colli Euganei elaborò una prima proposta di ‘Parco’, che prevedeva anche una regolamentazione esplicita dell’attività estrattiva”. È solo nel 1989 che i Colli Euganei vengono riconosciuti come Parco regionale. “Il conseguente Piano ambientale -continua Miazzi- ha confermato la definitiva chiusura di tutte le cave, anche di quelle in coltivazione per alimentare i cementifici, a loro volta definiti ‘incompatibili’ con le finalità del Parco”. “Le cave sono state chiuse più di venti anni fa. I cementifici sarebbero potuti andare in dismissione” racconta Silvia Mazzonetto, presidente del comitato “E noi?”.
Oggi le società hanno trasferito le cave sui Colli Berici, in provincia di Vicenza.
Nonostante le difficoltà logistiche e l’azione dei due comitati popolari (“Lasciateci respirare” -www.lasciatecirespirare.it- è nato una decina di anni fa dopo una denuncia del parroco della parrocchia del Carmine, su alcune morti sospette nel quartiere), Italcementi non vuol sapere di lasciare l’area del Parco dei Colli Euganei. La società ha scelto, anzi, di rilanciare: si chiama revamping, ed è il progetto per l’ammodernamento dello stabilimento. Un investimento da oltre 150 milioni di euro, per arrivare a produrre 3mila tonnellate di cemento al giorno con una riduzione dell’impatto ambientale del cementificio, andando a diminuire le emissioni di Pm10 (-31%), ossidi di azoto (-36,1%), biossido di zolfo (-90,7%), il consumo d’acqua (-85%). Questi sono i numeri forniti dall’azienda. Che ne fornisce anche altri, che spaventano la popolazione: il 17,3% del traffico veicolare è legato al trasporto di “altre materie prime e combustibili”.  Sono rifiuti come “sabbie e terre di fonderia”, “ceneri di combustione da biomasse”, “fanghi di marmo e granito”, “scorie di fonderia”, pet-coke. La Provincia di Padova, racconta Miazzi, ha autorizzato complessivamente “oltre 420mila tonnellate all’anno, un terzo dei quali per Italcementi”.
“Siamo disponibili ad impegnarci alla restituzione dei luoghi alla fine della vita dell’impianto, tra 22-23 anni. Ci impegniamo a ridare ai luoghi l’aspetto originario”, fa sapere l’azienda, che aggiunge: “Se la popolazione non lo vuole, non utilizzeremo combustibile derivato dai rifiuti”. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione all’ammodernamento dell’impianto dalla Provincia di Padova, con il benestare dell’ente parco, oggi Italcementi è impegnata in un braccio di ferro -supportato dai sindacati- che la contrappone ai comitati “Lasciateci respirare” ed “E noi?” e a un paio di Comuni dell’area Parco, Baone ed Este. I primi hanno impugnato di fronte al Tar del Veneto la procedura di Valutazione d’impatto ambientale. Gli enti locali contestano invece la convenzione firmata da Italcementi con il Comune di Monselice, senza coinvolgere tutti i Comuni del Parco. Il Tar del Veneto giudicherà i due ricorsi il 5 maggio. Due giorni prima, invece, al Tribunale di Bergamo (dove ha sede Italcementi) si aprirà con la prima udienza il processo per diffamazione nei confronti dei comitati “Lasciateci respirare” ed “E noi?”. L’azienda, che ha sede a Bergamo ed è quotata in Borsa, è controllata dalla famiglia Pesenti (una famiglia che conta, presente nei cda di Mediobanca, Unicredit, Rcs-Corriede della Sera e Pirelli), i cui legali hanno deciso di andar giù pesante, chiedendo un risarcimento danni: 160mila euro per i contenuti di un volantino diffuso via internet.
E per far capire che la ragione è sempre del più forte. (ha collaborato Chiara Spadaro)

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