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Ambiente

L’Alba di Durban

Alla vigilia della 17a Conferenza delle Parti sul Cambiamento climatico, in programma a Durban in Sudafrica dal prossimo 28 novembre, si scaldano i motori e gli animi, oltre che il clima. L’ALBA, l’Alleanza Bolivariana trainata da Venezuela e Bolivia è pronta a ritornare alla lotta. Per difendere Kyoto oramai agli sgoccioli.

Ci avevano provato a Copenhagen nel 2009. Sono stati travolti dall’invadente consenso di Cancun al’ultima COP16. Ma a Durban hanno scelto di esserci e più in prima fila che mai. Sono i Governi dell’Alleanza Bolivariana (ALBA) che si sono riuniti lo scorso 17 e 18 novembre in Bolivia per coordinare il proprio piano di azione in vista della prossima Conferenza delle Parti Onu sul cambiamento climatico, che apre i battenti in Sudafrica la prossima settimana.
Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Dominica, Ecuador, Nicaragua, Saint Vincent e le Grenadines ed il Venezuela. Hanno scelto di ritornare sulla scena dopo la debacle di Cancun, in cui i Governi del mondo sono stati capaci di rimettere in piedi un negoziato ma derogando sui passi sostanziali e concreti di lotta al cambiamento climatico. Sul tavolo negoziale ci saranno le "riduzioni volontarie delle emissioni", proposte dai Paesi industrializzati, che metterebbero definitivamente la parola "fine" ad ogni speranza di rilancio del Protocollo di Kyoto e delle sue ambizioni di accordo vincolante. E questo a poco più di un anno dalla sua scadenza e con target di riduzione, nei fatti, non raggiunti a livello globale.
Secondo il Panel intergovernativo di scienziati dell’Onu (IPCC) i Paesi avanzati dovrebbero ridurre del 25-40% le emissioni rispetto al 1990 entro il 2020, arrivando a toccare l’80-95% entro il 2050.
Claudia Salerno, pasionaria capodelegazione del Governo venezuelano, aveva dichiarato nel summit di ottobre a Panama, che " tutti i Paesi sviluppati a Durban dovrebbero tappare due falle: quella della mitigazione con la riduzione delle emissioni secondo il Protocollo di Kyoto, e quello del finanziamento, offrendo supporto finanziario di lungo termine ai Paesi del Sud del mondo per una riduzione delle loro emissioni".
Una posizione che a Panama era stata fatta propria dalle delegazioni di più di 100 Governi comprendendo il blocco dell’Alba, l’Unione Africana e il blocco dei Paesi meno sviluppati.
Lo stesso caponegoziatore del Gruppo Africano, Tosi Mpanu Mpanu, aveva dichiarato che mentre i Paesi del Sud "stanno facendo la loro parte", è necessario che i Paesi industrializzati facciano passi avanti "sui temi del finanziamento e della riduzione delle emissioni" per poter definire Durban un successo.
Le richieste di finanziamento sono già state inviate, considerato che la Bolivia chiede che vengano stanziati 400 miliardi di dollari all’anno per adattamento e mitigazione. Sono più o meno gli stessi soldi che l’EBA, l’Euro Banking Association ha chiesto all’UE in un’unica soluzione per rifinanziare le banche in crisi e sono un terzo dello stanziamento del Governo Usa per sostenere le banche "too big to fail". Ancora una volta la finanza entra in collisione con le esigenze reali, questa volta dell’intero pianeta. Il rischio è che Durban possa essere l’ultima spiaggia dove si scontreranno questi interessi che, a quanto pare, sembrano essere inconciliabili.
 

Il portale dell’ALBA: http://www.alianzabolivariana.org/
La COP17 di Durban: http://unfccc.int

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