Opinioni
La pratica dell’indipendenza
Le condizioni per agire efficacemente, e in mondo nonviolento, nella lotta contro le diverse forme di oligarchie oppressive che occupano il presente e il futuro. I principi che devono guidare l’azione per il cambiamento, verso un’altra politica e un’altra economia
La lotta per l’indipendenza è la lotta che va promossa nei confronti delle diverse forme di oligarchie oppressive che occupano il presente e il futuro. L’azione per il cambiamento deve avere radici in una sofferenza sentita come ingiusta, intollerabile ed evitabile. La lotta per l’indipendenza non è generico progressismo, è sollevazione nel senso proprio del termine, azione nonviolenta che solleva le persone dagli effetti oppressivi del sistema e inaugura processi di liberazione.
Le condizioni per agire efficacemente sono le seguenti: sentire e condividere la sofferenza per un’oppressione subita da larghi strati di popolazione; riconoscere da quale logica sbagliata e da quali cause concrete essa sia prodotta e chi ne sono i responsabili; sentire che quello che si subisce è inaccettabile ed estraneo a noi, alla comunità civile, al bene comune; individuare l’alternativa e i passaggi operativi che la costruiscono. Storicamente è un dato ricorrente che la parte più lucida nei popoli si solleva quando matura la coscienza che gli oppressori stanno togliendo qualcosa di prezioso e di essenziale. Non a caso gli analisti al servizio dei grandi gruppi speculativi sottolineano che il solo serio pericolo per l’egemonia delle oligarchie finanziarie consiste nella sollevazione dei popoli contro la dittatura dei Mercati.
Gandhi chiama Swaraj (“indipendenza”) la pratica di questo tipo di azione e di sollevazione, precisando che la vera indipendenza non è mai dall’altro, ma dal male dentro di sé e fuori di sé, dal male interiore così come dal male sedimentato nelle strutture dell’economia e della politica. Qualsiasi traccia di violenza, di egoismo, di particolarismo, di xenofobia o di razzismo impedisce che si tratti di una vera lotta per l’indipendenza. Per capirci: la rivendicazione leghista della secessione non è autentica Swaraj, come non lo è la stoltezza di quanti si mettono a lanciare bombe molotov a una manifestazione. È invece vera Swaraj l’azione del vasto e pacifico movimento No Tav (non quella di chi lo strumentalizza per sfogare la propria voglia di violenza) o l’azione dell’associazione “Libera” contro le mafie e per la legalità democratica. È Swaraj la sollevazione del movimento “Se non ora quando” per affermare la dignità delle donne, o quella degli studenti quando protestano contro le cosiddette riforme della scuola e dell’università inventate in questi anni da una stessa mentalità distorta, neoliberista e paternalista, coltivata sia nel Pdl che nel Pd.
Finora i fattori che hanno inibito la lotta per l’indipendenza hanno funzionato. Il ventennio di ideologia berlusconiana, che spesso ha contaminato anche molti tra i suoi avversari; la melassa mediatica anestetizzante; la diffusione dei luoghi comuni sulla “crisi”, che ne hanno fatto una specie di fenomeno naturale senza colpevoli; il conformismo di quasi tutti gli intellettuali; il ricatto economico che grava su chiunque non obbedisca alla logica dominante; la mancanza di una visione costituzionale della democrazia e del bene comune; l’assurda autoreferenzialità dei dirigenti dei partiti di centrosinistra e di sinistra (cui si aggiunge la miopia del Movimento 5 Stelle); la disarticolazione della scuola e dell’università; il sordo conservatorismo di gran parte della Chiesa cattolica; la linea di pseudoconcordia nazionale a tutti i costi messa in atto dal presidente Napolitano: tutti questi elementi di freno e di confusione hanno ritardato l’emergere di una vera sollevazione in Italia.
Ma la dignità e la libertà degli oppressi -prima ancora della loro rabbia- sono una forza irriducibile, che non si lascerà neutralizzare. La sollevazione dovrà portare a un’altra politica (con la democratizzazione interna dei partiti e con la liberazione delle energie creative dei movimenti), a un’altra economia (attraverso un’intesa internazionale per la chiusura delle Borse, per la democratizzazione del credito e delle strutture produttive, per l’adozione di un modello di armonia nella società e con la natura), a un altro sistema educativo e della ricerca (con una profonda trasformazione democratica della scuola e dell’università) e a un altro assetto e uso dei media (valorizzando l’informazione pluralista, la diffusione delle conoscenze e lo sviluppo del pensiero critico). Bisogna indirizzare da subito le energie verso queste quattro direzioni, per attuare una sollevazione pacifica e radicale, affinché per molti non giunga troppo tardi. —