Ambiente
La partita del carbone
A fine mese nuovo episodio per l’infinita vicenda della conversione della centrale termoelettrica di Porto Tolle: parola al Consiglio di Stato
A Porto Tolle (RO) la partita tra Enel e ambientalisti è ancora aperta: il 24 gennaio 2012 il Consiglio di Stato deciderà se, come sostiene l’azienda, si possono accelerare i tempi per la riconversione a carbone della centrale termoelettrica (vedi Ae 108). Immersa nel meraviglioso reticolo d’acqua del Delta del Po, la centrale Enel a olio combustibile, troppo costosa e inquinante, è ferma dal 2006. Solo uno dei quattro gruppi da 660 megawatt è pronto a entrare in funzione, in caso di “emergenza” energetica.
La riconversione a carbone della centrale è considerata opera “di pubblica utilità”. A gennaio di un anno fa il ministero dello Sviluppo economico dà l’ok ai lavori, ma in maggio il Consiglio di Stato annulla la valutazione di impatto ambientale (Via) perché il progetto Enel non prende in considerazione l’alternativa dell’alimentazione a metano o a fonte meno impattante, come prevedono una legge nazionale e l’articolo 30 della legge istitutiva del Parco del Delta del Po. Una soluzione si trova presto: il Governo modifica la legge “Incentivi” del 2009, poi la Regione Veneto modifica la legge del parco. “Qui nessuno ha mai considerato il parco un’opportunità, basta guardare la mappa per capirlo -dice Eddi Boschetti, del Wwf Rovigo-. L’area protetta comprende solo in minima parte il delta, sono escluse il 60% delle valli da pesca e il 100% delle lagune, oltre alle zone agricole”. Eppure la legge quadro sulle aree protette, la 394 del 1991, prevedeva che entro il 1993 fosse istituito il Parco interregionale del Delta del Po, a cavallo tra Veneto ed Emilia Romagna, oppure un parco nazionale. È rimasta lettera morta.
In ballo c’è un investimento di 2,5 miliardi di euro, sei anni di cantiere che, secondo l’azienda, occuperà 1.500 persone, con picchi di 3.000, e 700 addetti alla centrale. Lo considerano un progetto irrinunciabile gli amministratori locali, i sindacati, i consorzi di aziende nati apposta per la riconversione. E pure d’accordo è il presidente del Parco, sindaco di Porto Viro (Ro). Una delle voci contrarie è quella di Paolo Zanin, segretario provinciale Fiom, che dice: “Il sindacato oggi deve essere in grado di sottrarsi al ricatto occupazionale e saper guardare al futuro. Il lavoro non deve andare contro le persone e l’ambiente”.
I lavori non comincerebbero prima del 2013, come ha sostenuto lo stesso Giuseppe Luzzio, responsabile grandi progetti di Enel. Secondo uno studio commissionato da Greenpeace al Politecnico di Milano (lo scaricate qui a fianco) con lo stesso investimento che Enel prevede per Porto Tolle, si potrebbe invece creare una quantità di posti di lavoro fino a dieci volte maggiore investendo nell’efficienza energetica e tre volte per la costruzione di impianti a fonti rinnovabili, che però in fase di funzionamento garantirebbero 17 volte i posti garantiti da una centrale a carbone. I sindacati invece non ci sentono. Valeria Cittadin, della Cisl, afferma: “Condividiamo le preoccupazioni degli ambientalisti, ma non possiamo fare a meno di appoggiare una grande opera che servirà a rilanciare l’occupazione nel Polesine, area da sempre depressa”. Sono diverse le motivazioni per cui gli ambientalisti chiedono che la Via ricominci da zero.
Uno di questi riguarda l’impatto sul delicato equilibrio di tutto il Delta del dragaggio di sedimenti per la navigabilità del canale Busa di Tramontana. Nel luglio del 2009 si parlava di un volume di “circa 60mila metri cubi due volte l’anno, che potrebbe ridursi del 35-40%, a 39mila, con un impatto medio-basso”. Ma il 20 maggio 2010, in una riunione presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Enel stessa ha affermato che i sedimenti da dragare sarebbero circa 330mila metri cubi. Dato a sua volta sottostimato secondo la Regione Veneto. Altro motivo è che non viene considerato il parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. In base alle regole europee è necessaria una comparazione delle “alternative” per ottenere la Via. Non basterebbe, insomma, la modifica della legge sul Parco, per non considerare l’alternativa del metano, anche perché proprio a largo di Porto Levante, non lontano da Porto Tolle, c’è un terminal gasiero che la popolazione ha accettato nel 1999 con un patto territoriale, in vista appunto della riconversione della centrale a metano. —