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Ambiente

LA BEI NON FINANZIA LA DIGA DI GIBE 3 IN ETIOPIA

La Banca europea per gli investimenti (Bei) frena sulla diga di Gilgel Gibe 3, in Etiopia (vedi Ae 92). L’istituzione ha annunciato che non ha intenzione di fornire la copertura finanziaria per il progetto. Le ragioni della decisione non sono…

La Banca europea per gli investimenti (Bei) frena sulla diga di Gilgel Gibe 3, in Etiopia (vedi Ae 92). L’istituzione ha annunciato che non ha intenzione di fornire la copertura finanziaria per il progetto. Le ragioni della decisione non sono stati specificati, ma appare evidente che la Banca di sviluppo dell’Unione europea ha giudicato troppo negativi gli impatti correlati alla costruzione della diga. Gilgel Gige 3, infatti, qualora completata, devasterebbe l’ecosistema della valle dell’Omo e del lago Turkana, in Kenya, mettendo a rischio la sicurezza alimentare di almeno 500mila persone.
I lavori di realizzazione dell’impianto idroelettrico, i cui costi sono stimati intorno al miliardo e mezzo di euro, sono affidati alla compagnia italiana Salini, che ha ricevuto l’appalto dall’esecutivo etiope senza che si svolgesse nessuna gara formale.
La Crbm, la coalizione Counterbalance, Friends of Lake Turkana e International Rivers hanno accolto con grande soddisfazione il provvedimento della Bei, ma continuano a spingere affinché nemmeno il governo italiano e la Banca africana di sviluppo non eroghino fondi per il progetto. L’esecutivo di Addis Abeba ha già richiesto all’Italia un prestito di 250 milioni di euro per la nuova diga, sebbene la nostra agenzia di credito all’export, la Sace, abbia già declinato ogni forma di sostegno.
Val la pena ricordare che la diga Gilgel Gibe 2 (nella foto), in fase di completamento per opera della Salini, fu a suo tempo finanziata sia dalla nostra cooperazione che dalla Bei: “La decisione della Bei va nella direzione giusta e ci auguriamo che questo sia il primo passo verso il sostegno ad un nuovo modello energetico rispettoso dell’ambiente e delle popolazioni locali nei Paesi del sud del mondo” ha dichiarato Caterina Amicucci della Crbm. “Il progetto ha già incassato il consenso politico del governo Berlusconi, che dopo aver dimezzato i fondi della cooperazione allo sviluppo intende destinare 250 milioni di euro a un’opera che potrebbe creare una vera e propria crisi umanitaria nella regione e che è ha collezionato numerose irregolarità procedurali” ha continuato l’Amicucci. “La cooperazione italiana non deve finanziare questo progetto, la società civile internazionale è pronta a portare il caso al Consiglio dei diritti Umani dell’ONU e anche a intraprendere una battaglia legale, qualora necessario” ha concluso.
Secondo la Ong statunitense International Rivers qualora la Banca africana di sviluppo dovesse garantire un prestito per Gilgel Gibe 3 violerebbe le sue stesse politiche sugli impatti socio-ambientali, sulla riduzione della povertà, sul reinsediamento e sulla gestione transfrontaliera delle risorse idriche.

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