Ambiente
Il valore sotto ai piedi
"Che cosa c’è sotto" è un manuale sul suolo, scritto da Paolo Pileri per Altreconomia edizioni. Un progetto editoriale da sostenere, utilizzando la piattaforma di crowdfunding Eppela; un libro che spiega perché per “compensare” il “lavoro” di un ettaro di terra impermeabilizzata occorrono non meno di 6.500 euro all’anno; un appello per difendere il nostro Paese: l’Italia, con una superficie urbanizzata pari al 7,3% del territorio nazionale, dovrebbe spendere ogni anno tra i 7 e i 14 miliardi di euro solo per gestire le acque non più assorbite. In un’infografica il costo medio Regione per Regione
Il suolo è lo strato superiore della crosta terrestre costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Il suolo che abbiamo sotto i nostri piedi, quando non siamo sull’asfalto, assomiglia a una potentissima spugna fatta di micro e macro porosità: è dentro queste cavità che, quando piove, trova posto l’acqua. Un ettaro di suolo non urbanizzato, cioè non costruito, arriva a trattenere circa 3,8 milioni di litri, solo nei primi 100 centimetri. Grazie al suolo “libero”, quando piove l’acqua viene immagazzinata e solo dopo settimane una parte raggiunge torrenti e fiumi se non è stata già ceduta a piante o evaporata (cioè respinta al mittente).
Il suolo funziona come un ammortizzatore tra origine (la pioggia) e destinatario (l’ambiente). Questo servizio, che è fondamentale per l’equilibro nell’ecosistema, viene svolto da milioni di anni, in modo naturale. Se lo guardiamo con i parametri del Ventunesimo secolo, questo drenaggio ha permesso di evitare esondazioni, di salvare vite, case, imprese, e di risparmiare.
Per compensare il lavoro verde che il suolo non può più fare se viene cementificato, infatti, occorrono tubi, flange, canali, derivazioni, scolmatori, fognature, tombini, e occorre manutenere tutto ciò per sempre. Secondo le analisi sul soil sealing, cioè l’impermeabilizzazione, realizzate dall’Institute for Advanced Sustainability Studies (www.iass-potsdam.de) per mantenere in efficienza, anno dopo anno, il sistema di raccolta e allontanamento delle acque in un’area urbanizzata occorrono 6.500 euro per ettaro per anno. Questi dati, che sono stati presentati nel corso del Global Soil Forum (www.globalsoilweek.org), un evento promosso tra gi altri dall’Università di Postdam, sono gli unici riconosciuti a livello scientifico. Il Forum ogni anno richiama a Berlino per una settimana ricercatori da tutti i Paesi dell’Unione europea, per confrontarsi sulle politiche pubbliche a tutela del suolo. La prossima edizione è in programma nell’aprile del 2015, nel pieno dell’Anno internazionale del suolo (International Year of Soil, www.fao.org/soils-2015/en/), proclamato dalla 68° assemblea generale delle Nazioni Unite e inaugurato ufficialmente lo scorso 5 dicembre, in occasione World Soil Day (la Giornata mondiale del suolo). Gli organizzatori del Global Soil Forum sono convinti che in Europa -dove il consumo di suolo per urbanizzazione è di circa 252 ettari al giorno, una superficie come Berlino, è cementificata ogni anno- esista un problema legato al mancato riconoscimento del suolo per ciò che realmente è, cioè una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Purtroppo essa non è stata ben gestita da chi doveva prendersene cura, perché non vi è sufficiente sensibilità sul tema ma anche perché non si sa fino in fondo cosa ci si sta giocando, per sempre. Per formarsi il suolo ha bisogno infatti di tempi lunghissimi, 500 anni per uno spessore di 2,5 centimetri. In Italia la superficie urbanizzata a fine 2012 ammontava a circa 21.890 chilometri quadrati, secondo l’ultimo rapporto “Il consumo di suolo in Italia” dell’ISPRA, presentato nella primavera del 2014.
Con questo dato, la spesa pubblica annua solo per tenere in funzione ottimale la rete urbana della raccolta delle acque piovane, inclusi alcuni interventi (pochi, a dire il vero) sulla irreggimentazione di torrenti, fiumi e canali, potrebbe variare tra i 7 e i 14 miliardi di euro a seconda del grado di impermeabilità urbana, come evidenziamo in tabella presentando due scenari, che prevedono il 50 o il 100 per cento. Un “investimento” che vale tra il 20 e il 35% della manovra finanziaria 2015, secondo quanto annunciato nell’ottobre 2014 dal governo italiano. È come se un terzo di ogni manovra finanziaria fosse già “prenotato” per la sola manutenzione delle reti di drenaggio urbano e per realizzare le sponde di alcuni canali drenanti.
Si tratta di stime indicano quanto l’urbanizzazione comporti comunque un incremento di spesa pubblica. Eppure, come se nulla fosse, spesso anche coloro che pontificano contro l’aumento delle tasse continuano, all’interno delle istituzioni, a prendere decisioni che comportano consumo di suolo, andando ad ingigantire quella spesa pubblica, con incrementi medi annui -per l’Italia- tra gli 82 e i 164 milioni di euro.
Ciò di cui stiamo parlando è una delle voci del “costo sociale degli effetti ambientali dell’urbanizzazione”, il cui calcolo, nonostante i suoi effetti per ognuno di noi, non viene reso pubblico preventivamente. Tutti coloro che assumono decisioni politiche in merito al suolo, dai Sindaci ai presidenti di Regione, passando per gli esponenti del Governo, lo sanno? E i cittadini sono informati correttamente? Sanno che decidere una nuova urbanizzazione implica un aumento della spesa pubblica, per sempre? Perché chi redige i piani urbanistici non mai fa questi conti? E chi concede il famoso “permesso di costruire”, li considera?
Ecco che il consumo di suolo, generando spesa pubblica aggiuntiva, è un problema che riguarda ognuno di noi. Dovremmo quindi, e più correttamente, iniziare a imparare a parlare di disuguaglianze ecologiche che generano iniquità sociali. Perché è di questo si tratta. —
* Paolo Pileri è professore associato di Pianificazione territoriale ambientale, DAStU, Politecnico di Milano
Enciclopedico
L’Italia non sa che cosa è il suolo, ma dal 5 dicembre 2014, Giornata mondiale del suolo, una definizione di questa parola è stata depositata presso l’Istituto dell’enciclopedia italiana, la Treccani. È stato un atto simbolico, che ha l’obiettivo di “formare” un riferimento culturale valido per il legislatore italiano. Il testo depositato contiene la definizione più “estesa” di suolo riconosciuta a livello internazionale, secondo cui questo è “lo strato superiore della crosta terrestre costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile. Il suolo ci fornisce cibo, biomassa e materie prime; funge da piattaforma per lo svolgimento delle attività umane; è un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale e svolge un ruolo fondamentale come habitat e pool genico. Nel suolo vengono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio. Per l’importanza che rivestono sotto il profilo socioeconomico e ambientale, tutte queste funzioni devono pertanto essere tutelate”. In Italia, la definizione vigente è quella del Testo unico ambientale (d. lgs. 152/2006), secondo “l’accezione del termine comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali”. (luca martinelli)