Salute / Opinioni
Il genocidio digitale di Trump e la cancellazione dei dati correlati alla “gender ideology”

La nuova amministrazione statunitense sta imponendo alle organizzazioni federali di eliminare qualsiasi riferimento a diversità e inclusione da archivi, banche dati e articoli scientifici. Mettendo così a rischio informazioni fondamentali per la salute dei cittadini e creando un clima di sospetto verso ricercatori “non allineati”. L’analisi di Mariolina Congedo del movimento “NoGrazie”
Che cosa succede se alcuni dati non possono più essere riportati in un archivio? Se le parole per descrivere un campione in uno studio clinico sono oggetto di censura? Se chi lavora come ricercatore ha paura di esporsi e si sente costretto all’anonimato? Se le informazioni taciute corrispondono all’esplicita esclusione di chi è sgradito? Se il futuro sarà impoverito di informazioni sulla realtà di una popolazione, a favore di un’immagine distorta, dettata dall’ideologia?
Stando a una lettera di una/un ricercatrice/ricercatore statunitense pubblicata sul British medical journal (Bmj) in forma anonima, (e tradotta in italiano da Salute Internazionale), questo è ciò che sta avvenendo negli Stati Uniti con l’insediamento dell’amministrazione Trump.
Prevalgono stupore per la rapidità con cui queste disposizioni vengono messe in atto e difficoltà a organizzare una forma di opposizione alle richieste di eliminare termini come advocacy (offrire supporto), biased (pregiudizio), gender (genere), Lgbt, diversity (diversità di orientamento), inclusion (inclusione), marginalized (emarginati), underserved (svantaggiati) dagli articoli scientifici o addirittura ritirare articoli inviati per pubblicazione se contenessero tali termini.
Per l’anonima/o ricercatrice/ricercatore, che scrive in un Paese nel quale la libertà di parola dovrebbe essere un diritto costituzionale, si fa strada il sospetto rispetto ai colleghi di cui non sono noti gli orientamenti politici e si teme l’epurazione nelle sue varie forme, di sospensione di finanziamenti come di allontanamento dal lavoro, ma anche timore di essere oggetto di uno stigma che mette a rischio la personale incolumità.
L’estensore della lettera riporta che il Center for disease control e altre organizzazioni federali in possesso di archivi sulla popolazione hanno ricevuto la richiesta di cancellare dati correlati alla “gender ideology”. Ciò si traduce in perdita di informazioni demografiche su uomini e donne transgender e pertanto nell’impossibilità di pianificare interventi, un genocidio digitale, appunto, in cui si selezionano le informazioni meritevoli di essere archiviate e quelle da distruggere.
L’abbandono da parte degli Stati Uniti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) comporta la perdita della prospettiva della salute globale, che corrisponde a una maggior fragilità per tutti, all’interno e all’esterno degli Usa, se i dati di una epidemia non vengono adeguatamente diffusi. Si tratta di tessere di un mosaico molto grande.
È in ballo la tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione in ambito lavorativo, di accesso all’istruzione ed ai servizi (Diversity equity and inclusion, Dei) che traeva origine dal Civil rights act del 1964 e che si esprimeva in iniziative e programmi di varie agenzie e uffici. Considerati uno spreco di denaro pubblico dall’amministrazione Trump, rapidamente è stato decretato di chiudere gli uffici e sospendere bruscamente le attività di chi lavorava in questo settore.
Le disposizioni presidenziali contro Diversity equity and inclusion sono propagandate come antidiscriminatorie rispetto a riportate inaccettabili preferenze di sesso e razza a favore degli svantaggiati e al lamentato mancato riconoscimento del merito del cittadino americano.
Negando lo svantaggio dei gruppi storicamente oggetto di tutela, la nuova amministrazione percepisce una reverse discrimination, discriminazione rovesciata rivolta verso gli americani bianchi, le loro tradizioni e la loro cultura, in un cortocircuito ideologico che apparirebbe comico se non fosse tragico.
Mariolina Congedo è medico neurologo proveniente dall’Università di Pavia, operativa nei servizi territoriali di Udine come specialista convenzionato, nel (poco) tempo libero si dedica alle tematiche delle migrazioni e del conflitto d’interesse in medicina.
Questo articolo di Mariolina Congedo prosegue lo spazio su Altreconomia a cura del movimento “NoGrazie”. Ecco la presentazione a cura di Adriano Cattaneo e Mariolina Congedo.
“Non abbiamo né capi né finanziatori, non abbiamo né soldi né uno statuto, non c’è un presidente né un direttivo, ci sentiamo liberi di dire e scrivere ciò che vogliamo. Ci chiamiamo NoGrazie perché fin dalla fondazione, nel 2004, abbiamo pensato che così fosse giusto rispondere alle ditte farmaceutiche e di altri prodotti sanitari che offrivano al personale di salute, e continuano a farlo, soldi, beni e servizi: dalla biro alla cena conviviale, dal finanziamento per partecipare a un congresso ai fondi per una ricerca. Per queste ditte, che per risparmiare inchiostro e mostrarci anglofili, ma anche per indicare che si tratta di un insieme di imprese sovranazionali, chiamiamo Big Pharma, investire un euro su vari portatori di interessi, medici in primis, significa ottenere un ritorno di almeno tre euro in vendite e profitti. I medici e le altre categorie di sanitari esposti al marketing di Big Pharma si considerano immuni dall’influenza commerciale. Non è così. In un vecchio studio del 2001 si chiedeva a un campione di medici statunitensi quanto i rappresentanti delle ditte influenzassero le loro scelte prescrittive. Solo l’1% rispondeva ‘molto’. Ma quando agli stessi medici si chiedeva quanto i rappresentanti delle ditte influenzassero le scelte prescrittive di altri medici, era il 51% del campione a rispondere ‘molto’. In modo simile, quando a 190 studenti di medicina italiani è stato chiesto se pensassero che i medici possano essere influenzati dalle parole e dai regali dei rappresentanti delle ditte, il 24% ha risposto ‘Sì’, riferendosi a se stessi, ma questa percentuale è salita al 71% riferendosi ai colleghi. Vediamo la pagliuzza nell’occhio degli altri e non ci accorgiamo della trave nel nostro. Ci rifiutiamo di pensare che siamo influenzabili dal marketing, ma lo siamo. Pensiamo che i conflitti di interessi non ci tocchino, mentre lavorano sotto traccia a favore di Big Pharma. E, purtroppo, i conflitti di interessi sono tanto più pericolosi quanto più ci si sente immuni da essi.
Il nostro obiettivo? Contribuire a rendere la ricerca e la pratica medica e sanitaria, in particolare per quanto riguarda l’uso di farmaci, indipendente da interessi commerciali. Per mantenere le distanze da Big Pharma, per evitare che la salute sia gestita dagli interessi di mercato, i NoGrazie non accettano regali di alcun genere, evitano conflitti di interessi, segnalano informazioni distorte e marketing ingannevole, informano operatori e studenti, diffondono letture critiche sui determinanti sociali e commerciali di salute. Lo fanno attraverso una Lettera che esce con frequenza mensile ed è spedita a oltre 1.500 indirizzi e-mail (per riceverla basta iscriversi su www.nograzie.eu, ed è gratis), tramite lo stesso sito internet visitato da 500-1.000 persone al mese e un account di Facebook che ha circa 2.600 followers. Chi volesse entrare a far parte del gruppo non deve far altro che chiederlo su http://www.nograzie.eu/contatti/. Con la stessa facilità con cui si entra a far parte del movimento, se ne può uscire.
Mediante questa collaborazione con Altreconomia, ci auguriamo di sollecitare interesse ai temi di cui sopra anche in un pubblico generale, di non professionisti della salute. Perché, se è vero che gli operatori della salute sono in prima fila nelle relazioni con Big Pharma, è altrettanto vero che i danni conseguenti a queste relazioni pericolose ricadono poi su tutta la popolazione, e in particolare su chi è privo degli strumenti culturali per essere critico e documentato nelle scelte”.
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