Opinioni
Il futuro di Napoli si gioca a Bagnoli
Con lo Sblocca-Italia il governo ha "sollevato" il Comune dalla gestione urbanistica dell’ex area Italsider, e dopo quasi dodici mesi è arrivata la nomina di un commissario straordinario. "La mancata bonifica è stata usata come grimaldello per mettere le mani sull’uso del suolo, infischiandosene dei diritti e dei poteri comunali" scrive Vezio De Lucia, urbanista e assessore responsabile del progetto di recupero varato negli anni Novanta, quello dove gli spazi pubblici prevalgono su cemento e asfalto
A Napoli, dopo la nomina di Salvo Nastasi a commissario del governo per Bagnoli, si è riaperta, e molto vivacemente, la discussione sul futuro della città. Perché, da più di vent’anni, da quando è stato spento l’ultimo altoforno dell’Italsider, il futuro di Napoli si gioca a Bagnoli. Negli anni Novanta, al tempo della prima amministrazione di Antonio Bassolino, fu deciso che lo spazio liberato dall’industria siderurgica non doveva essere restituito alle attività produttive (anche perché a Napoli e in provincia sussistevano migliaia di ettari inutilizzati di aree industriali). Nacque così il progetto Bagnoli, pensato nel segno “del verde, del sapere e del loisir”, il tempo libero, funzioni che a Napoli erano state negate dall’efferato sviluppo del Dopoguerra. Il progetto è stato poi pienamente formalizzato con l’approvazione del piano regolatore e confermato da un vincolo di tutela posto nel 1999 dal ministero di Beni culturali, ma non è andato avanti per gli enormi ritardi e a causa dell’incompetenza (e peggio) che ha accompagnato le operazioni di bonifica condotte dal ministero dell’Ambiente.
In effetti, secondo me, la verità dei ritardi sta nel fatto che chi conta davvero a Napoli (e a Roma) non ha mai digerito che nella nuova Bagnoli lo spazio pubblico prevalga sul cemento e l’asfalto. Il verde pubblico è uno spreco, un lusso che non ci possiamo permettere: è sempre stata questa l’idea dei benpensanti, sordi alla dimostrazione che è garantita la fattibilità, anche economica, delle previsioni urbanistiche vigenti.
Alla fine, a castigare gli utopisti ha provveduto Matteo Renzi. Come sanno i lettori di Altreconomia e del libro collettivo "Rottama Italia", il decreto detto Sblocca-Italia ha stabilito (all’art. 33) che spetta al governo, tramite un commissario e un soggetto attuatore ad hoc, di decidere il destino di Bagnoli.
Niente di male, e sarebbe stata anzi un’ottima cosa se il governo avesse stabilito di intervenire con autorevole severità a imporre l’immediata conclusione della bonifica, materia di sua competenza. La bonifica è stata invece usata come grimaldello per mettere le mani sull’uso del suolo, infischiandosene dei diritti e dei poteri comunali. Lo Sblocca-Italia, convertito in legge nel novembre del 2014, per quasi un anno (nonostante l’art. 67 della Costituzione che limita il ricorso al decreto legge “a casi straordinari di necessità e di urgenza”) è rimasto su un binario morto, anche perché, subito, a Napoli erano cominciate le manifestazioni di protesta, e quella del 7 novembre 2014 fu violentemente attaccata dalla polizia. Solo nelle settimane scorse Salvo Nastasi -uomo dalle molteplici e discusse esperienze presso il ministero dei Beni culturali e altrove- è stato nominato commissario straordinario per la bonifica e l’urbanistica di Bagnoli. E sono ricominciate le contestazioni, quelle istituzionali e quelle dei movimenti. Il sindaco Luigi De Magistris ha di fatto interrotto i rapporti con il governo (“Napoli derenzizzata”) e messo mano ai ricorsi per far dichiarare l’illegittimità, anche costituzionale, delle norme per Bagnoli dello Sblocca-Italia. Sul versante dei movimenti sono fiorite le iniziative di comitati e associazioni contro il commissariamento, ed è stata fondata una Costituente cittadina per Bagnoli verde, popolare, produttiva.
Italia Nostra ha organizzato la settimana scorsa un convegno a Bagnoli con molta partecipazione. È stato molto utile in tale occasione ricordare un precedente dello Sblocca-Italia: nel 1904 una legge di Francesco Saverio Nitti impose l’industria a Bagnoli (mentre il Comune aveva previsto residenze, alberghi e stazioni balneari). È stato anche ricordato che, nel 1993, la presidenza del Consiglio aveva predisposto un accordo di programma per affidare a un’agenzia dell’Iri il progetto per la re-industrializzazione di Bagnoli. Con il governo erano d’accordo la Regione, la Provincia, i sindacati, ma l’amministrazione Bassolino, appena insediata, rifiutò di sottoscrivere l’accordo e decise di sviluppare il progetto descritto prima, quello che Renzi vuole cancellare.
Se De Magistris ha assunto una posizione contraria a quella del governo, e se il movimento 5 Stelle è ancor più nettamente schierato contro, è rimasto invece in disparte Antonio Bassolino, che molti danno in corsa per tornare a Palazzo San Giacomo nelle elezioni della prossima primavera. Mi pare difficile che possa negare le soluzioni degli anni Novanta che portano la sua firma e hanno il sostanziale sostegno dell’opinione pubblica, e non si capirebbe perché debba metterle in discussione per fare contento Renzi. L’argomento dei ritardi da recuperare non regge. È bene ripetere che i ritardi dipendono soprattutto dalla mancata bonifica. Ma è anche difficile che Bassolino possa avere il sostegno del Pd se non si allinea alle decisioni del governo.
Vedremo. Intanto è importante che la "vertenza Bagnoli" continui a essere sostenuta da una vasta mobilitazione.
* Vezio De Lucia, urbanista, è presidente dell’associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli. Tra il 1993 e il 1997 è stato assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli, sviluppando il "progetto Bagnoli"
Foto di Luca Di Ciaccio
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