Ambiente
Golfo del Messico, il petrolio un anno dopo
Anniversario del dramma della Deepwater Horizon
È passato un anno dal disastro della Deepwater Horizon, la piattaforma della BP andata a fuoco al largo della Lousiana. Ci sono voluti ben cinque mesi per tappare la voragine sviluppatasi a 1.500 metri di profondità, che nel frattempo ha riversato in mare cinque milioni di barili di petrolio (oltre 700 milioni di litri). Ma gli effetti del peggiore incidente ambientale della storia degli Stati Uniti sono ancora ben visibili su tutta la costa colpita per giorni dalla marea nera. Secondo gli esperti, è ancora impossibile quantificare i danni causati all’intero ecosistema. Per rendersi conto della portata della sciagura basta guardare le piume e i becchi dei pellicani e degli altri uccelli marini ancora visibilmente imbrattati di catrame. Il petrolio non ha solo danneggiato i colori delle loro livree, ma soprattutto è entrato negli organismi recando danni incalcolabili.
La BP ha concordato con l’amministrazione Obama la creazione di un fondo iniziale per il pagamento dei risarcimenti, che ammonta a 20 miliardi di dollari. La multinazionale ha iniziato a versare una parte del denaro, ma non si è fatta scrupoli a richiedere permessi per altre trivellazioni offshore, sempre nel Golfo del Messico. Nel frattempo centinaia di allevamenti di gamberi e ostriche sono stati spazzati via, mettendo in ginocchio i numerosi pescatori della zona, mentre alcuni soccorritori hanno denunciato di essere stati colpiti da una malattia misteriosa. Questa una delle testimonianze raccolte dal sito Discovery Channel: "Un mese dopo aver iniziato a lavorare su una delle chiatte dei soccorritori –racconta Jamie Simon, 32 anni– ho cominciato ad avere sangue dal naso e mal di testa, e i sintomi non sono mai migliorati, anzi se ne sono aggiunti degli altri".
Secondo un medico della cittadina di Raceland, la stessa di Jamie Simon, sono una sessantina le persone nelle sue condizioni, un numero che farebbe pensare che le 415 persone ammalate censite dallo stato della Louisiana siano in realtà sottostimate: "Il metodo federale ha un grosso difetto -spiega Bernard Goldstein, tossicologo dell’università di Pittsburgh– nessun programma per il monitoraggio sui lavoratori è iniziato prima di sei mesi dall’incidente, e tutte le tecniche sviluppate per verificare l’esposizione non servono a niente se si aspetta così tanto per fare i test. Il benzene, ad esempio, dopo quattro mesi scompare dal sangue". Proprio il benzene potrebbe essere uno dei principali responsabili dei malesseri. Wilma Subra, una biologa locale, afferma ad esempio che nei pescatori e nelle persone che hanno partecipato ai soccorsi ci sono valori 36 volte maggiori rispetto alla media.
La popolarità della BP, come è facile immaginare, è in picchiata un po’ in tutto il mondo. Varie organizzazioni ambientaliste britanniche e un nutrito gruppo di artisti, ad esempio, hanno richiesto tramite una lettera pubblicata sul quotidiano The Guardian alla direzione del Tate Museum di fare a meno della sponsorizzazione della compagnia petrolifera. Staremo a vedere se adesso, anche nel ricordo di quei tragici giorni nel Golfo del Messico, ci saranno i margini per una clamorosa decisione da parte del più celebre museo di arte moderna della capitale inglese.