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Esteri

Gli italiani all’estero

Dalla Siria all’Egitto, i bilanci delle maggiori società del nostro Paese “dichiarano” un grande attivismo in aree teatro di violenze e d’instabilità politica —

Tratto da Altreconomia 153 — Ottobre 2013

L’Italia è un campione di “diplomazia economia”, una locuzione nuova cui pare tenere molto il ministero degli Esteri, tanto che a queste due parole associate ha dedicato perfino un portale, “info mercati esteri” (www.infomercatiesteri.it). Qui, tutti gli operatori economici nazionali possono trovare informazioni utili sui mercati d’interesse, per poter sviluppare “opportunità e business”, sapendo “cosa vendere” e “dove investire”. E nell’ottica di una nuova “diplomazia economica”, per garantire gli interessi delle multinazionali italiane all’estero non è necessario preoccuparsi che gli affari vengano conclusi con governi lontanamente democratici.
Le sezioni da cui partire per navigare sul sito sono due: per Paesi o per settore. Manca una terza opzione: il rispetto dei diritti. Ed è per questo che Altreconomia ha scelto di scattare un’istantanea della presenza italiana all’estero, incrociando i bilanci e le relazioni semestrali di poco più di 15 multinazionali del Paese -da Eni a Impregilo, da Finmeccanica ad Astaldi– con le schede di valutazione del “rischio violenza politica” di alcuni Paesi ritenuti sensibili, curate da Sace, il gruppo assicurativo per le esportazioni recentemente passato sotto il controllo della Cassa depositi e prestiti.
Un rapido viaggio nel merito del binomio “diplomazia economica”, che parte dalle cementerie Italcementi in Egitto, attraversa i giacimenti Eni in Iraq, fino ad arrivare alle mitragliere vendute da Finmeccanica alla Turchia. —

EGITTO
Il nostro Paese è il secondo partner commerciale dell’Egitto, dopo gli Stati Uniti d’America. Nel 2012, l’export ha raggiunto i 2,9 miliardi di euro circa, segnando un calo del 10,3% rispetto al 2011. È difficile misurare gli effetti del golpe militare di quest’estate, seguito al rovesciamento del regime di Hosni Mubarak (nel 2012). Tra le imprese italiane attive spicca Ferrovie dello Stato, che ha in carico il progetto di “ristrutturazione” delle ferrovie egiziane in qualità di advisor. Finmeccanica, comparto energia, ha invece da poco perfezionato il contratto di progettazione e costruzione di una centrale elettrica a ciclo aperto da 600 MW a Il Cairo. L’Egitto è meta anche della Cementir di Francesco Caltagirone Jr, che qui nel primo semestre di quest’anno ha fatto segnare ricavi per 29 milioni di euro, in linea con il dato 2012. La presenza italiana è poi sancita anche nel settore bancario, data l’acquisizione dell’80% del capitale di Bank of Alexandria da parte di Intesa Sanpaolo. Tornando al cemento, sono 5 gli impianti a ciclo competo e 20 quelli di calcestruzzo del gruppo Italcementi, che ha interessi per questo “mercato emergente” anche nel settore eolico, con un progetto di parco da 120 MW a Gulf El Zeit assegnato ad Italgen Misr (branca energetica dell’impresa). Chiude il cerchio Eni, con un “portafoglio minerario” di 4.247 chilometri quadrati. Oltre ai giacimenti di Belayim e le scoperte offshore del 2012 nel Delta del Nilo, nei primi sei mesi del 2013 il gruppo si è assicurato il 100% di un blocco esplorativo nelle acque profonde egiziane del mediterraneo orientale.

SIRIA
Nel Paese sconvolto dalla crisi interna e dai riflessi che questa ha avuto sui rapporti diplomatici -con l’ipotesi di attacco da parte degli Stati Uniti a inizio settembre-, la presenza italiana è rappresentata dal gruppo Italcementi e, in parte, da Finmeccanica. La prima è azionista -per 7,5 milioni di euro- di Al Badia Cement. Per quanto riguarda il gruppo di piazza Montegrappa va segnalata l’indagine della Procura di Firenze, che ha disposto a fine 2012 una doppia perquisizione degli uffici della controllata Selex Elsag spa, relativa all’attività svolta proprio in Siria e legata alla realizzazione di una rete di comunicazione tecnologica denominata “Tetra”.

NIGERIA
L’ultimo bilancio degli scontri a Nord-Est tra il gruppo Boko Aram e l’esercito nigeriano parla di 35 morti, e risale a settembre. La presenza italiana è strettamente collegata al settore oil&gas. Al 30 giugno 2013, Eni detiene una superficie netta per esplorazione e sviluppo pari a 7.646 chilometri quadrati. Con differenti quote di partecipazione, i giacimenti principali sviluppati dalla fine del 2012 sono quelli di Bonny, Ogbainbiri, Tuomo, Forkados-Yokri e Bonga. Anche questo ha contribuito a far aumentare la voce “dividendi” dei primi sei mesi dell’anno fino a 306 milioni di euro. Inoltre, Eni si occuperà della realizzazione di un complesso di produzione di ammoniaca e urea nello stato di Edo. Sul versante giudiziario, secondo la Procura di Milano il consorzio TSKJ (dove Snamprogetti -poi incorporata in Saipem spa, al 43% di Eni- deteneva il 25%)  avrebbe effettuato dei presunti pagamenti illeciti a favore di pubblici ufficiali nigeriani. Una parte dei procedimenti si è conclusa con transazioni negli Usa e in Nigeria, a Milano resta aperto l’appello contro la sanzione di primo grado.

IRAQ
A dieci anni dalla guerra, l’Iraq si conferma meta ambita delle principali aziende del nostro Paese, nonostante un livello di instabilità politica e sociale devastante (11 autobombe hanno fatto 70 morti a Baghdad in agosto). Lo è per Eni, che nel luglio di quest’anno ha visto estendere la durata del contratto di servizio del giacimento di Zubair (850mila barili di petrolio al giorno) -di cui detiene il 32,8% delle quote- fino al 2035. Anche in questo caso, però, è da segnalare un procedimento pendente a Milano per corruzione internazionale, a carico di Eni Zubair spa. Oltre a Finmeccanica, con Ansaldo energia, è presente Impregilo, proprietaria del 33,5% di IECAF, che si occupa di servizi ingegneristici per la costruzione del porto di Al-Faw.

AZERBAIJAN
Meta di una visita istituzionale estiva del presidente del Consiglio Enrico Letta rivolta al gasdotto Trans Adriatic Pipeline (Tap), l’Azerbaijan vede al potere da dieci anni il presidente Ilham Aliyev (confermato nel 2013). Tra le imprese o banche italiane che riportano in bilancio attività rilevanti nel Paese spiccano Finmeccanica (nel 2012 ha concluso la fornitura di 7 elicotteri di tipo AW139 e 2 elicotteri di tipo AW189 all’Azerbaijan Airlines), Eni e Unicredit.

MOZAMBICO
Con un rischio definito da Sace “medio” per “violenza politica”, il Mozambico -ristabilita la tranquillità dopo gli scontri del gennaio 2010- rappresenta per Eni una risorsa vitale. In particolare il bacino di Rovuma, dove la scoperta di Mamba -a fine 2011- garantisce un potenziale di 2.115 miliardi di metri cubi di gas. “Il più grande ritrovamento della nostra storia”, secondo l’ad Paolo Scaroni. 7.145 chilometri quadrati di portafoglio minerario dove la multinazionale ha perfezionato, nel luglio 2013, la cessione della partecipazione del 28,57% in Eni East Africa alla China National Petroleum Corporation, per 4,2 miliardi di dollari.
A seguito dell’operazione, Eni avrebbe dovuto versare tasse per una cifra compresa tra 540 milioni e 1,4 miliardi di dollari. L’impresa ha potuto negoziare l’aliquota con il governo, raggiungendo un accordo a 400 milioni, grazie a una “svista” del presidente Armando Guebuza, che non ha promulgato per tempo una legge che tasserebbe al 32% simili capital gain (il risultato di un’operazione di compravendita), che pure era stata approvata dal Parlamento nel dicembre 2012. Nell’ambito della “cooperazione internazionale” è invece sempre in piedi il progetto di una centrale da 75 MW nella provincia di Cabo Delgado.
Anche Cmc (Cooperativa Muratori & Cementisti) di Ravenna è attiva nel Paese, attraverso cantieri che a fine 2012 sfioravano l’importo di 250 milioni di euro. Tra questi, la riabilitazione dell’acquedotto di Nampula, o la messa in opera della strada che collega Rio Ligonha a Nampula, o il tratto Jardim-Benfica-Maputo.

LIBIA
Nella classifica Sace del rischio violenza politica è ai posti più alti (livello 83 su 100). Dopo il crollo del regime di Gheddafi -durato 42 anni-, nel 2011, gli interessi e i risultati delle imprese italiane hanno ripreso a carburare. Su tutte, Eni, per la quale il 2012 ha garantito un livello produttivo prossimo a quello ante-crisi: gli impianti hanno infatti erogato 258mila barili di petrolio equivalente al giorno. Inoltre, sono state riavviate le attività esplorative onshore attraverso la perforazione del “pozzo esplorativo A1-108/4”, ad una profondità di oltre 4mila metri.  C’è poi anche Impregilo, attiva in Libia con la controllata Impregilo Lidco Libya General Contracting Company. Detenuta al 60% dall’impresa italiana, Impregilo Lidco si occupa di opere infrastrutturali a Tripoli e Misuratah e della costruzione dei centri universitari delle città di Misuratah, Tarhunah e Zliten. Non manca Finmeccanica, attraverso la consolidata Libyan Italian advanced technology co (al 25%).

ARABIA SAUDITA

La monarchia assoluta dell’Arabia Saudita -che ha represso sul nascere i primi movimenti affini alla Primavera araba del 2011-rappresenta un partner di lungo corso del mercato italiano. È presente Saras -ha in pancia un progetto di ingegneria di sala controllo collegato alla realizzazione di una nuova raffineria-; c’è ovviamente Eni -che lo scorso anno ha perfezionato il Progetto Rabigh II, che prevede l’espansione del complesso di impianti petrolchimici e di raffinazione della città di Rabigh, sulla costa occidentale-.
Sono invece coinvolte nella costruzione della linea metropolitana 3 (40,7 chilometri, per un valore complessivo di tutte e sei le linee pari a 23,5 miliardi dollari) della capitale, Ryad, perché raggruppate nel consorzio che ha vinto la gara, il Gruppo Salini-Impregilo e Ansaldo Sts. Registra dei ricavi in loco anche Italcementi (4 milioni nel 2012). Vi sono poi Italferr e Italcertifer, cofirmatari del contratto con il Consorzio “Al Shoula” per la certificazione di sicurezza della nuova linea ferroviaria “Haramain High-Speed Rail (HHS)”, che collega le città di Mecca e Medina.

TURCHIA
Gli scontri di piazza Taksim del giugno 2013 hanno influenzato investimenti di imprese e istituti di credito italiano. Prova ne sono le 975 filiali sul territorio di Unicredit, che detiene il 9,4% del mercato. È di stanza anche Eni, che sta costruendo una raffineria cui si affiancano tre pontili di estrazione di greggio, presso il complesso Petkim Petrochemical.
C’è anche Astaldi, che nella semestrale 2013 ha dato conto dell’inizio della Fase-1 dell’autostrada Gebze-Orhangazi-Izmir, lunga oltre 400 chilometri e in regime di concessione, oltreché della posa della prima pietra del Terzo ponte sul Bosforo, della linea metropolitana 4 di Istanbul, del Ponte sul Corno d’Oro sempre a Istanbul e di un ospedale da 3.500 posti letto ad Ankara.
Il Paese garantisce il 9 per cento del fatturato dell’impresa (1,16 miliardi di euro nel primo semestre del 2013). Finmeccanica nel 2013 ha venduto 4 mitragliere da 40/70mm, e perfezionato il progetto per la metropolitana di Ankara. Barilla nel 1994 ha rilevato Filiz, tra i maggiori produttori di pasta turchi. E ancora, Cementir, che in Turchia -al 30 giugno 2013- ha registrato ricavi operativi per 128 milioni di euro, anche attraverso la controllata Recydia AS, operante nel business dei rifiuti e delle energie rinnovabili.

KAZAKISTAN
Il Paese, guidato dal 1991 dal presidente Nursultan Nazarbayev e al centro dello scandalo legato all’allontanamento dall’Italia di Alma Shalabayeva e della figlia di sei anni, vede presente Unicredit, che detiene il 6,1% del mercato bancario. Per quel che riguarda il settore oil&gas, c’è invece Eni: nel mese di settembre di quest’anno, la multinazionale italiana ha avviato la produzione dal maxi giacimento di Kashagan, nel Caspio settentrionale, che affianca l’impianto di Karachaganak. Nel 2012, sono cresciuti del 26,6% i volumi di vendita di
Italcementi. I ricavi dei primi sei mesi del 2013 sono stati pari a 25,4 milioni di euro. “Nel maggio 2013 -si legge nella prima relazione semestrale 2013 della società- è stato notificato a Shymkent Cement (il vettore kazako di Italcementi) l’avvio da parte dell’Antitrust locale di un’indagine per accertare l’esistenza di pratiche anti concorrenziali riguardanti i prezzi di vendita”. È prevista a breve una chiusura dell’indagine. Le ditte Salini-Todini, infine, stanno realizzando un corridoio stradale di 400 chilometri nel Sud del Paese.

IRAN
Dopo le elezioni presidenziali di quest’anno, che hanno visto prevalere il “moderato” Rouhani, il rischio “violenza politica” dell’Iran -per Sace- resta alto: 77 punti su 100. Una condizione relativa rispetto alla presenza di Eni nel Paese, definita dalla stessa società “marginale”. Le prospettive sono infatti quelle di cedere a un partner del territorio il giacimento di Darquain, salvo poi limitarsi al “recupero degli investimenti sostenuti”. A tal proposito, e cioè sui rapporti commerciali all’interno del Paese, “Eni -precisa nel documento di bilancio- ritiene che tale attività residua e l’import di greggio iraniano per il rimborso dei crediti in essere verso controparti di Stato non rappresentino violazioni delle leggi Usa e delle risoluzioni Ue volte a colpire l’Iran e chiunque conduce affari in Iran o con controparti iraniane”. Oltre a Eni, ci sono anche Ansaldo Energia, Danieli, Edison International, Fata Engineering, Saipem, Seli e Technimont.

RUSSIA
“Costo del lavoro competitivo, mercati del lavoro flessibili, investimenti esteri diretti”. Sono questi i tre ingredienti segnalati da Unicredit per sostenere una presenza che rappresenta l‘1,8% del mercato. Non figura però il giudizio di condanna della repressione del governo, definita la “peggiore dai tempi dell’Urss”, secondo Human Rights Watch a gennaio 2013. C’è anche Eni, che ha a disposizione 22mila chilometri quadrati. I giacimenti principali sono quelli di Samburg-skoye, in Siberia, oltre a licenze offshore nel Mare di Barents. Per il primo, dove Eni detiene il 29,4%, è previsto un picco produttivo di 146mila barili di petrolio equivalenti/giorno (un terzo in quota Eni). C’è poi anche Enel, che attraverso la società di vendita dell’energia RusEnergoSbyt -di cui possiede il 49,5%- ha realizzato un margine operativo lordo per il 2012 pari a 135 milioni di euro. Rilevanza sottolineata anche dai dati sulla produzione netta al 2012. 44 miliardi kWh sui 65,2 miliardi totali a livello internazionale, da centrali termoelettriche e nucleari su tutte. Ma è guardando ai ricavi che si comprende il peso del mercato russo, in grado di garantire ricavi per 3,1 miliardi di euro (più 0,396 rispetto al 2011).
C’è poi Intesa Sanpaolo, con “Banca Intesa-Russia”, che nell’area ha registrato nel primo semestre 2013 un utile netto di 5,6 milioni, che confrontato ai 16 milioni del primo semestre del 2012 denota un calo del 65,4%. Finmeccanica conduce “attività per il trattamento e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi dei sommergibili in Russia (Andreeva Bay)” nonché in materia di satelliti di telecomunicazione in accordo alla russa ISS Reshetnev. Filiali sul territorio le contano a bilancio consolidato anche Cementir e il Gruppo Trevi (risorse idriche). Anche Buzzi Unicem, che in Russia ha uno stabilimento (Suchoi Log), riconosce al Paese una redditività a “livelli di eccellenza”, visti i 234,6 milioni di euro di fatturato nel 2012.

PAKISTAN
L’equilibrio politico e sociale è labile il Pakistan -tra scontri a Nord del Paese tra esercito e milizia Lashkar-e-Islam e disordini in concomitanza delle elezioni di maggio-, ma l’Italia resta uno dei suoi principali partner commerciali, terzo importatore tra i Paesi Ue -dopo Germania e Regno Unito-. L’azienda che più si distingue per gli interessi nell’area è anche in questo caso Eni (oltre a Finmeccanica e Saipem), con un portafoglio minerario per esplorazione e sviluppo che si estende per oltre 10mila chilometri quadrati. Nel 2012, il gruppo ha compiuto una “scoperta” nella concessione onshore Badhra Area B -prossima all’impianto di trattamento di Bhit-, stimata tra gli 8,5 e gli 11,5 miliardi di metri cubi di gas. Rispetto all’impianto di trattamento, Eni dà conto in bilancio di “importanti interventi in ambito sanitario” che avrebbero “consentito di ridurre il tasso di mortalità infantile e materna”.

ALGERIA
Governata dal 1999 da Abdelaziz Bouteflika, l’Algeria ha conosciuto violentissimi scontri tra il 2010 e il 2012. Ciononostante, resta un Paese strategico in primo luogo per Eni. Nel 2012 hanno visto la luce due progetti estrattivi, oltre alla quasi definitiva messa in opera di un impianto di trattamento gas con una capacità produttiva di 9 milioni di metri cubi di gas, 15mila barili di olio e condensato e 12mila barili di gpl. Anche nel caso algerino, Saipem è al centro di vicende giudiziarie rispetto a presunte manovre corruttive per conquistarsi appalti. Enel sta sviluppando il giacimento Ain Tsila: entrerà in produzione a fine 2017, assicurando 3,5 miliardi di metri cubi di gas. C’è poi Astaldi, che nel 2012 ha contato su 189 milioni di euro di ricavi provenienti dall’Algeria. Qui è impegnata nella costruzione dell’acquedotto di Hamma, delle linee ferroviarie Mecheria-Redjem Demouche, Saida-Moulay Slissen e della nuova linea lungo la tratta Saida-Tiaret. Le Fs tramite la controllata Italferr forniscono assistenza tecnica all’Agenzia nazionale per la gestione del programma di sviluppo ferroviario algerino.
Anche Cmc è molto attiva, con il desalizzatore di Douaouda -per un importo dei lavori di 44 milioni di euro-, con una diga e una galleria nella città di Jijel (160 milioni di euro) e con la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture di gestione di un’autostrada, che comprendono caselli e impianti necessari per la messa a pedaggio di 400 chilometri (285 milioni di euro).
La presenza di Finmeccanica è recentissima, con la vendita di due cannoni navali 127/64 LW. Chiude Buzzi, con ricavi nel cemento per 98,2 milioni di euro e un margine operativo lordo di 49,3 milioni di euro, in crescita rispetto al 2011

HONDURAS
Nel 2009 un colpo di Stato ha rovesciato il presidente Manuel Zelaya, e da allora “democracia” è parola aliena al dizionario dell’Honduras, dove Enel e Astaldi hanno forti interessi di natura commerciale. La seconda, ad esempio, è impegnata sulla Carretera CA-5 Norte, e nell’acquedotto regionale della valle del Nacaome. Acea è azionista di Aguas de San Pedro, che gestisce l’acquedotto di San Pedro Sula, seconda città del Paese. Eurocantera -in Olancho- è una miniera di Goldlake, controllata dalla famiglia Colaiacovo (Colacem). —
 

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