Ambiente
Gibe III, la diga che non s’ha da fare
CRBM, la rete europea Counter Balance, Friends of Lake Turkana e International Rivers lanciano oggi una campagna globale per chiedere lo stop ai finanziamenti e alla costruzione della controversa diga di Gibe III, sul fiume etiope Omo. Per aderire alla…
CRBM, la rete europea Counter Balance, Friends of Lake Turkana e International Rivers lanciano oggi una campagna globale per chiedere lo stop ai finanziamenti e alla costruzione della controversa diga di Gibe III, sul fiume etiope Omo. Per aderire alla campagna si può firmare una petizione online, scaricabile dai siti www.stopgibe3.org e www.stopgibe3.it, anch’essi inaugurati oggi.
La diga metterebbe in pericolo i terreni abitati da 500mila indigeni tribali dell’Etiopia del Sud e della parte settentrionale del Kenya, la cui sicurezza alimentare dipende strettamente dalle risorse naturali e dal delicato equilibrio dell’ecosistema locale. Facendo cessare il flusso naturale delle acque del fiume, lo sbarramento distruggerebbe i raccolti, impedirebbe il pascolo nei pressi delle rive e eliminerebbe le riserve ittiche presenti nel Lago Turkana, il più grande invaso desertico del mondo. L’ecosistema e le tradizioni culturali della Bassa Valle dell’Omo e dello stesso lago Turkana, entrambi riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, andrebbero persi per sempre.
I lavori, in carico all’impresa italiana Salini, sono iniziati nel 2006, ma il governo di Addis Abeba ha bisogno di circa un miliardo di euro per il completamento dell’opera. A dispetto di una lunga serie di violazioni, il nostro esecutivo e quello keniano, la Banca europea per gli investimenti, la Banca mondiale e la Banca africana per lo sviluppo stanno attualmente valutando un possibile finanziamento.
La diga, infatti, non rispetta la costituzione etiope, alcune convenzioni internazionali, le politiche di salvaguardia ambientale delle istituzioni finanziarie internazionali e le priorità strategiche della World Commission on Dams. La maggior parte della popolazione impattata ha ricevuto pochissime informazioni sul progetto e le sue conseguenze negative, senza poter peraltro esprimere il loro eventuale dissenso al riguardo, vista la forte repressione messa in atto dall’esecutivo guidato da Meles Zenawi.
“La diga si rivelerà un disastro causato dall’uomo e inoltre viola legislazioni nazionali e internazionali” ha dichiarato Caterina Amicucci della CRBM. “Per queste ragioni il progetto non deve essere finanziato dalle istituzioni finanziarie internazionali e dalle agenzie di sviluppo, che, a partire dalla cooperazione italiana, devono subito evitare qualsiasi coinvolgimento” ha aggiunto la Amicucci.
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UNA DOVEROSA REPLICA ALLA SALINI SUL PROGETTO GIBE 3
CounterBalance, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Friends of Lake Turkana e International Rivers hanno lanciato una campagna la scorsa settimana per fermare la costruzione della diga Gibe 3 in Etiopia. (www.stopgibe3.org). La Salini Costruttori, contractor del progetto Gibe 3, ha reagito pubblicando informazioni ed apprezzamenti assolutamente discutibili in due comunicati stampa del 26 marzo e 30 marzo, che con il presente comunicato si contestano nel merito.
La Salini afferma: “Siamo di fronte all’ennesima azione irresponsabile e priva di fondamento tecnico e scientifico contro il progetto Gibe. Tutte le affermazioni critiche contenute nell’appello di Survival, infatti, per quanto possano apparire suggestive ai non addetti ai lavori, o sono false o sono frutto di elementari errori aritmetici e tecnici se non addirittura di macroscopici errori di fatto. E come tali sono state valutate e smentite nelle sedi internazionali più autorevoli, come la Bei e la Banca per lo Sviluppo Africana ADB”.
La nostra risposta: Friends of the Lake Turkana (FoLT), CRBM ed International Rivers hanno presentato due ricorsi formali all’unità investigativa della Banca Africana di Sviluppo sulla debolezza delle valutazioni di impatto effettuate. Il ricorso di FoLT è stato considerato eleggibile dal meccanismo di ricorso della banca e l’inchiesta è attualmente in corso.
In vista del coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti, il Fondo Fiduciario per le Infrastrutture UE-Africa ha stanziato € 1,2 milioni[1] per uno studio completo sugli impatti della diga sul lago Turkana, nonché per una valutazione dell’impatto cumulativo sul fiume Omo. La BEI ha inoltre commissionato uno studio integrativo dell’ESIA effettuato dai promotori del progetto. Lo studio è attualmente in preparazione.
Tali inconfutabili e non uniche circostanze rendono ancora una volta discutibile quanto affermato dalla Salini con i comunicati in questione
La Salini afferma: “Per quanto attiene agli aspetti amministrativi, inoltre, va ricordato che tutti i progetti in corso da parte della Salini Costruttori in Etiopia hanno ricevuto le approvazioni necessarie da parte delle autorità competenti, specificatamente la “Non Objection” dell’ EPA (Environment Protection Agency) e sono stati attribuiti in totale rispondenza alle leggi etiopiche.
La nostra risposta: La costruzione della diga Gibe 3 è iniziata nel 2006 senza l’approvazione dello studio di valutazione dell’impatto ambientale e sociale, in violazione delle politiche etiopi in materia ambientale[2]. Secondo la Banca africana di sviluppo, il progetto ha ricevuto la licenza ambientale nel 2008, sebbene lo studio di valutazione non sia stato completato fino al gennaio 2009.
Salini ha ottenuto un contratto senza gara d’appalto per la diga Gibe 3, violando le norme etiopi sugli appalti per i progetti pubblici[3]. Eventuali finanziamenti internazionali si configurerebbero come un incoraggiamento a pratiche non trasparenti nell’ affidamento di contratti, che potrebbero portare ad un innalzamento dei costi, creare povertà e favorire processi di corruzione.
La Salini afferma: “Basti qui citare la presunta diminuzione del livello del lago Turkana che a causa del progetto avrebbe, secondo le organizzazioni critiche, un calo di 12 metri con effetti dichiarati disastrosi. Calo inesistente in realtà, frutto solamente di un grossolano errore ( 15 volte , sic !) nel calcolo del volume dell’invaso della diga.”
La nostra risposta: Secondo la valutazione dell’African Resources Working Group (ARWG – un gruppo di studiosi e accademici internazionali, profondi conoscitori diretti del contesto) del 2009[4], il lago Turkana potrebbe abbassarsi di almeno 3-4 metri a causa del riempimento dell’invaso artificiale, e fino a 12 metri a causa di altri due fattori addizionali: potenziali perdite estese dall’invaso dovute all’alta frequenza di formazione di fessure nel basalto e potenziali derivazioni per irrigazioni su vasta scala. L’evaporazione dell’acqua dell’invaso potrebbe inoltre ridurre le risorse idriche a valle. Questi fattori non sono stati sufficientemente tenuti in considerazione dai promotori del progetto. L’area del lago Turkana è contraddistinta da un’insicurezza alimentare cronica. A causa di siccità persistenti, molti pastori si sono dati alla pesca. Ci si aspetta che la diga velocizzi la caduta dei livelli del lago e aumenti la salinità, che a turno ridurranno le riserve ittiche. Ci sono continue notizie di conflitti inter-tribali legati a furti di bestiame e di attrezzature per la pesca. Tali conflitti peggioreranno con l’ulteriore riduzione delle risorse.
La Salini afferma: “Poiché parte delle popolazioni pratica l’agricoltura di recesso, nonostante la scarsissima produttività, si è dotata la diga di scarichi dimensionati in modo tale da consentire la riproduzione controllata delle piene per il periodo necessario a riprodurre gli effetti delle piene naturali, limitando le portate a quanto utile per l’ agricoltura ed evitandone i picchi distruttivi del passato. In questo modo si può consentire alle popolazioni locali un periodo transitorio lungo quanto si riterrà opportuno, per il passaggio dall’agricoltura di recesso a forme più moderne di agricoltura.”
La nostra risposta: Le comunità a valle in Etiopia hanno subito la sistematica perdita dei loro diritti ed i promotori del progetto non hanno di fatto mostrato alcuna volontà politica di mantenere al sicuro tali comunità. Nel 2009, il governo etiope ha chiuso dozzine di associazioni delle comunità locali dell’area impattata. L’esecutivo di Addis Abeba sta pubblicizzando le concessioni sulle terre degli indigeni per piantagioni ad agricoltura estensiva. Le tribù non sono state sufficientemente informate o consultate in merito alla diga o alla espropriazione delle terre. I promotori del progetto intendono inoltre utilizzare gli aiuti in cibo – normalmente una forma di risposta alle crisi umanitarie – come mitigazione durante il riempimento del bacino. Ci si aspetta che la piena artificiale di 10 giorni non sarà sufficiente a sostenere la produzione di cibo. Data la mancanza di volontà politica, riteniamo che sia improbabile che alle comunità impattate saranno fornite attrezzature di qualità per l’irrigazione su piccola scala.
La Salini afferma: “L’invaso prodotto dalla diga ha un volume di circa 14 miliardi di metri cubi e non 216 miliardi di metri cubi, come erroneamente calcolato e allarmisticamente annunciato”.
La nostra risposta: La campagna “Stop Gibe 3” ha costantemente fatto riferimento a un volume dell’invaso creato dalla diga di circa 11 miliardi di metri cubici. In nessuna pubblicazione di campagna o articolo abbiamo mai affermato che il volume dell’invaso sia di 216 miliardi di metri cubi[5].
La Salini afferma: “I soliti nomi che contestano sotto varie denominazioni e sigle il progetto di Gibe, riconducibili ad una singola organizzazione contraria per “fede” ai progetti idroelettrici e già in passato protagonista di campagne prive di senso su altre analoghe iniziative, alimentano una polemica vuota ed autoreferenziale, improntata a puri pregiudizi ideologici con la speranza di vanificare l’apprezzamento che le opere stanno conseguendo in tutte le sedi internazionali preposte e di guadagnare ruolo e notorietà.”
La nostra risposta: International Rivers e CRBM da 10 anni chiedono ai governi, ai finanziatori e alle imprese che si occupano della costruzione di dighe di applicare le raccomandazioni della Commissione Mondiale sulle Dighe[6], volte a far sì che i progetti idroelettrici portino benefici allo sviluppo delle comunità locali. Il ritardo sull’entrata in funzione del progetto di Gibe II e il recente crollo di un tunnel[7] solleva delle preoccupazioni dal punto di vista tecnico ed economico in merito ad una inadeguata pianificazione del progetto.
PER INFO:
CRBM – LUCA MANES – 335 5721837
[1] http://www.eu-africa-infrastructure-tf.net/activities/grants/gibe-iii-hydroower-project.htm
[2] Proclamation n. 299/2002. Environmental Impact Assessment Proclamation. General Provisions, articolo 1, “Senza l’autorizzazione dell’Autorità competente (Enviromental Protection Authority) o della agenzia ambientale regionale competente, nessuno può dare inizio all’implementazione di alcun progetto che richiede una valutazione dell’impatto ambientale come stabilito dalla direttiva conforme all’art. 5 del presente atto”.
[3] Federal Public Procurement Directive (Ministry of Finance & Economic Development – July, 2005)
[4] http://www.stopgibe3.org/pdf/Africa%20Resources%20Working%20Group%20%28ARWG%29.pdf
[5] http://stopgibe3.it/wp-content/uploads/2010/03/Gibe-III-Report-IR-it1.pdf
(vedi pag 2: scheda “Gibe 3 Informazioni tecniche”)
[6] http://www.unep.org/DAMS/WCD/
[7] http://www.counterbalance-eib.org/component/option,com_datsogallery/Itemid,98/func,detail/id,132/
http://www.salini.it/index.php/english/content/show_news/22