Ambiente / Opinioni
Eni cambia la Costituzione
Il pieno raggiungimento degli obiettivi di strategia energetica sponsorizzata dal ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, deve necessariamente passare per la modifica dell’articolo 117 della Costituzione. A tutto favore dei privati.
Come già preannunciato nel nostro articolo “L’Italia secondo il Ministro” (AE 142) -sui risvolti e le implicazioni territoriali della Strategia energetica nazionale- il pieno raggiungimento di tutti gli obiettivi della road map sponsorizzata dal ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, deve necessariamente passare per la modifica dell’articolo 117 della Costituzione.
Al fine di ripristinare la centralità dello Stato negli ambiti decisionali in materia di energia bisogna mettere mano “alla legislazione esclusiva”. Detto fatto. Perché proprio in questa direzione si è svolta la seduta del Consiglio dei Ministri n.49, del 9 ottobre 2012, in seno alla quale è stato approvato un Disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V. “Il testo interviene -come si legge in una nota ufficiale del Governo- a undici anni di distanza dalla precedente revisione attuata con la Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, apportando “modifiche quantitativamente limitate, ma significative dal punto di vista della regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le regioni”.
Modifiche “quantitativamente limitate”, ma sufficienti per rivedere le competenze normative di Stato e Regione per quanto riguarda quei settori considerati fondamentali per lo sviluppo economico del Paese, come porti, aeroporti, comunicazioni, commercio estero ed, appunto, energia. In poche parole “processi decisionali più rapidi” che andranno a sconvolgere gli iter autorizzativi per permessi di ricerca di idrocarburi, nuove concessioni di coltivazione, realizzazione di gasdotti, rigassificatori e campi di stoccaggio di gas sotterraneo.
La modifica della Costituzione italiana per incentivare, di fatto, interessi privati -in nome di un paventato interesse nazionale- è stata accolta con piena soddisfazione, tra i primi, da Confindustria ed Eni. Dalla Confederazione generale dell’industria italiana parlano di “passaggio essenziale”.
La multinazionale di San Donato Milanese, invece, per bocca dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, liquida in pochi passaggi la faccenda. "Per quello che riguarda il settore energia -si legge in una velina dell’Agi- le modifiche fatte in passato al titolo V le considero una tragedia greca, un disastro assoluto", perché "andare a dare responsabilità alle regioni lo considero uno dei tanti errori che abbiamo inanellato per non realizzare opere in Italia”.
Dunque, arriva finalmente il via libera per le compagnie petrolifere -italiane e straniere- interessate allo sfruttamento delle risorse peninsulari, con Eni sempre in primo piano. E non poteva essere altrimenti, considerando che l’Ente nazionale idrocarburi, solo per quanto riguarda le nuove istanze per l’ottenimento di permessi di ricerca e concessioni di coltivazione è prima in Italia per procedimenti ancora in corso: 23 su 133, compresi quelli dell’Eni mediterranea idrocarburi, controllata al 100%. Con enormi introiti in ballo.
Solo per lo sviluppo del campo petrolifero di Carpignano Sesia, in provincia di Novara, si ipotizzano guadagni giornalieri variabili da 1 a 6 milioni di euro, almeno. Per non parlare del già autorizzato raddoppio delle estrazioni di greggio in Basilicata, con introiti per le società di 20 milioni di euro al giorno.
Ma il percorso di modifica dell’articolo 117 non nasce negli ultimi mesi. Spunta, infatti, una sorta di libro bianco, datato 28 settembre 2011, dal titolo “Quale energia per lo sviluppo del Paese?”, a cura della Consulta per attività produttive del Popolo della Libertà con il contributo di aziende del settore, tra le quali spuntano Enel, Terna e proprio Eni.
La Consulta -considerata “l’occasione di mettere nuovamente mano alla governance dell’energia sul piano istituzionale e regolamentare è unica e irripetibile”- fu sviluppata lungo tre direttive: energia ed informazione, per il superamento dei fenomeni di Nimby (Non nel mio giardino) e di Nimto (non durante il mio mandato); sviluppo delle infrastrutture di rete; riordino del Titolo V, in quanto “i ritardi autorizzativi di impianti e infrastrutture ad oltre 10 anni dalla liberalizzazione del settore energia testimoniano l’esigenza di una profonda revisione dei meccanismi in ottica di mercato comune europeo dell’energia che vede l’Italia in una posizione geopolitica strategica nel bacino del Mediterraneo”.
E così sia.