Ambiente
Edison ed Eni a caccia di greggio nel Mar di Sicilia
La nuova piattaforma, a poco più di 12 miglia dalla costa, dovrebbe chiamarsi Vega B, e potrebbe garantire 16,7 milioni di barili di petrolio tra il 2016 e il 2037. È un progetto chiave nell’ambito del nuovo "Piano energia" del ministero dello Sviluppo economico
In attesa del varo del Piano energia, che dovrebbe arrivare entro fine anno, le grandi manovre petrolifere italiane muovono i primi passi. Dalla scoperta di nuovi giacimenti di petrolio e gas al raddoppio già autorizzato delle estrazioni in Basilicata, dal via libera alle prospezioni in tutto l’Adriatico ed il Mediterraneo al possibile snellimento delle procedure autorizzative, per permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi, da parte del ministero dello Sviluppo economico. Tutto entro, e non oltre, il 2016. Anno che potrebbe rappresentare il giro di boa per le strategie energetiche nazionali ed internazionali. Con un ruolo di primo piano giocato dal Sud Italia, Sicilia compresa. Perché a largo dell’isola di Luigi Pirandello e Giuseppe Tomasi di Lampedusa sembrerebbe tutto pronto per lo sviluppo del campo Vega B, nella concessione di coltivazione “C.C6.EO” di Edison (60%) ed Eni (40%). La multinazionale francese ha, infatti, presentato al ministero dell’Ambiente tutti i documenti necessari per incassare positivamente la Via (Valutazione d’impatto ambientale).
Un progetto che gli investitori definiscono importante per il nostro Paese. Perché garantirebbe una produzione di 16,7 milioni di barili tra il 2016 e il 2037. Circa il 40% dei barili estratti in un solo anno in Italia. Ben 21 anni di attività per ridurre annualmente dell’1,9 % circa le importazioni dall’estero, e portare ad esaurimento il giacimento Vega, situato nel sottofondo marino di fronte il tratto di costa compreso tra Pozzallo e Marina di Ragusa. A circa 20 chilometri dal versante sud-orientale della Sicilia. Appena 12,42 miglia di distanza, quando il limite imposto dal decreto Sviluppo -che è andato a modificare il Decreto legislativo n.128/2010- è di 12 miglia. Un paio di bracciate, insomma.
Eppure in questa parte di off-shore siciliano la Edison è già presente con la piattaforma Vega A e l’unità galleggiante Leonis -una nave ancorata destinata allo stoccaggio temporaneo di greggio- inaugurata nel 2008 in sostituzione della precedente Vega Oil.
Vega A, entrata in funzione nel 1987, ha portato alla perforazione di 21 pozzi su 24 originariamente autorizzati, di cui 18 risultati produttivi. Oggi garantisce una produzione media di 3000 barili di greggio al giorno. Stessa linea di condotta per la Vega B, necessaria per il completamento del programma di sviluppo del giacimento, approvato dal ministero dell’Industria il 17 febbraio 1984. Per mettere in funzione la Vega B serve “bucare” altro fondale marino. Si comincerà con 4 pozzi ma, in caso di risultati positivi, potrebbe subentrare la necessità di perforarne altri, fino a 24. L’obiettivo è produrre 6400 barili di greggio al giorno. Un quantitativo che, moltiplicato per i 21 anni del progetto totale, fornisce una stima dieci volte superiore a quella preventivata. I conti non tornano e i risultati potrebbero rivelarsi scarsi, ma comunque sostenibili dal punto di vista economico. Del resto è quello che avvenne anche per la Vega A, per la quale si stimavano 7000 barili di greggio giornalieri e più, oggi scesi a 3000.
E i conti non tornano anche per quanto riguarda la salvaguardia ambientale e la tutela del Mar di Sicilia, già ampiamente minacciato da 14 nuove richieste per l’ottenimento di permessi di ricerca e concessioni di coltivazioni, oltre ai 9 già vigenti. Da difendere numerose specie marine protette del Mediterraneo e stock ittici di particolare importanza commerciale. Pesca e turismo in primo piano. Ma come è possibile leggere nella Sintesi non tecnica dello Studio d’impatto ambientale per la protezione del mar Mediterraneo contro l’inquinamento non ci sarebbero problemi. A garantirlo è la Convenzione di Barcellona entrata in vigore il 12 febbraio 1978, successivamente modificata il 10 giugno 1995 in “Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo”. La Convenzione di Barcellona ha portato alla stesura di 7 protocolli d’intesa tra i 21 Stati aderenti, tra i quali il “Protocollo contro il pericolo di inquinamento del Mediterraneo derivante dal trasporto e dallo scarico in mare di sostanze pericolose”. Proprio uno di quelli che, attualmente, non risultano in vigore in Italia e che fa aumentare notevolmente la preoccupazione di possibili contaminazioni del mare.
Anche perché con il campo Vega la Edison ha avuto più di un problema, con il coinvolgimento in un presunto sversamento in mare di sostanze derivanti dall’estrazione di greggio, le cosiddette acque di sentina, senza autorizzazioni. I fatti contestati risalgono al periodo di tempo compreso tra il 1989 e il 2007. Ad oggi, per il Tribunale di Modica, i rinviati a giudizio sono 6 e decine di milioni di euro i danni ipotizzati all’ecosistema marino. Ma dalla Edison, palesando serenità, si difendono. “Il procedimento avviato dalla Procura della Repubblica di Modica si riferisce all’immissione di acque all’interno del giacimento Vega, e non a sversamenti di petrolio o di sostanze inquinanti in mare, che non sono contestati in quanto non si sono mai verificati”. Un problema “burocratico” fanno intendere. Il rinvio a giudizio sarebbe quindi relativo alla sola assenza delle autorizzazioni necessarie alle attività di reiniezione nel sottofondo marino delle acque derivanti dal ciclo produttivo degli idrocarburi. Autorizzazioni che Edison conferma di avere fin dal 1990.
Il progetto Vega B non parte nei migliori auspici e alla richiesta di Valutazione d’impatto ambientale i cittadini e le associazioni possono presentare osservazioni entro il 25 settembre 2012.