Ambiente
Durban. Ore 16: Occupy COP17
Mrs. Nkoana-Mashabane, ministra sudafricana, usa tutta la delicatezza possibile per rispettare il ruolo che ricopre, ma davanti al rischio dell’imprevedibile la società civile non ci sta e si organizza. Nei freschi e dinamici corridoi del Convention Center irrompe la protesta di Occupy COP17, con un appello: "non uccidete l’Africa". E con lei le speranze per un futuro diverso
"Stiamo facendo il conto alla rovescia prima che la Conferenza si chiuda" ha dichiarao la Ministra sudafricana Nkoana-Mashabane, "e sappiamo che il mondo sta aspettando anticipazioni sui risultati della Conferenza. Le parti stanno cercando convergenze, guidate dalla fiducia e da uno spirito di condivisione".
"Al momento ci sono varie opzioni che le Parti stanno considerando soprattutto il relazione al second commitment period del Protocollo di Kyoto e sui suoi futuri sviluppi, così come sulla finanza con specifico riferimento al Green Climate Fund. Le Parti hanno espresso la speranza di poter lanciare il Green Fund già qui a Durban".
La Ministra sudafricana gioca il suo ruolo, ma la società civile di mezzo mondo aspetta e, all’interno delle mura della COP, si mobilita pure. Diverse centinaia di attivisti dei network sulla giustizia climatica, come Climate Justice Now!, 350.org e Greenpeace tutti insieme con OccupyCOP17 hanno bloccato all’interno la sala principale delle plenarie, chiedendo di non uccidere l’Africa. Una manifestazione a rischio, perchè l’UNFCCC specificamente vieta ogni tipo di dimostrazione interna, anche la più pacifica, se non preventivamente concordata ed autorizzata. Alcuni attivisti di Climate Justice Now! si sono visti recapitare a casa, poche settimane prima della partenza, una lettera del segretariato che li invitava a firmare una dichiarazione di accettazione delle regole dell’UNFCCC, con la minaccia che l’accreditamento sarebbe stato cancellato se avessero partecipato ad altre manifestazioni non autorizzate, come i presidi di un anno prima, nella confusa convention di Cancun.
Per questo Occupy ha scelto la parola, nessun megafono nè amplificatore. Il metodo è quello del fratello statunitense, Occupy Wall Street, dove se una persona parla il resto del gruppo amplifica. Per poter dire, soprattutto da parte di Mike, canadese, che il suo Paese non sta parlando a nome suo e dei popoli del pianeta. E che quindi si prende il diritto di dire che oggi, a Durban, è necessario un accordo vincolante, da subito.
Perchè i negoziati procedono ed un accordo forse si troverà. Ma, per dirla con le parole di Alden Meyer, della statunitense Union of Concerned Scientists "la vera domanda è: quale buon accordo potremo ottenere?".