Approfondimento
Dove sono finite le notizie
Inchiesta sull’informazione italiana
Attenzione! aggiornamenti qui!
Ci perdonerete se a Natale -auguri!- abbiamo scelto una copertina che sa più di Carnevale. Le notizie che vi leggete sono chiaramente false. O meglio, vuote. Il problema è che è una copertina verosimile. E questo non è uno scherzo.
In questo numero di Altreconomia torniamo ancora una volta su di un tema che ci è caro, l’informazione. Quella italiana -lo sappiamo bene- è in crisi. I motivi di questa crisi li conosciamo anche meglio. Tuttavia ci preme sottolineare una cosa, ovvero che più che di libertà di stampa, sarebbe il caso di iniziare a parlare di qualità di stampa. Il guaio dell’informazione italiana sta diventando proprio questo: semplificazioni, approssimazioni, inadeguatezze, scarsa professionalità. Conflitto di interessi e utilizzo personalistico.
Le responsabilità sono di tutti noi che facciamo questo mestiere, degli editori, ma anche di chi usufruisce di questo lavoro, ovvero lettori, ascoltatori, telespettatori, utenti di internet. Il risultato sono tv e giornali pieni di notizie prive di interesse, come quelle che vedete in copertina. Ci stiamo abituando al male della banalità, più che alla banalità del male.
Eppure le notizie -intese come fatti degni di nota- dovrebbero essere il cuore dell’informazione, le sue particelle elementari. Dove sono finite le notizie?
Tra le pagine di questo numero troverete alcune cifre: compararle è significativo. Il settore della carta stampata vale 2,13 miliardi di euro. Quello televisivo 8,6. Si vendono libri, in Italia, per 3,4 miliardi di euro. La prostituzione ha un giro d’affari stimato di 6 miliardi di euro. Bastano questi numeri a delineare un ritratto della società italiana?
Col 31 dicembre molte pubblicazioni indipendenti potrebbero chiudere, fallire (non Ae, tranquilli).
Noi non abbiamo ricevuto né riceveremo mai alcun finanziamento pubblico, ma se quotidiani o settimanali indipendenti meritevoli dovessero cessare le pubblicazioni perché non ne ricevono più, questo sarebbe un problema. Per tutti. Più che scagliarsi contro i contributi, bisognerebbe farlo contro chi li riceve ingiustamente.
Nel panorama desolante dell’assenza di notizie, eccone allora una tutta per voi. A settembre una mamma milanese ha scritto ai giornali perché sui figlio, disabile, ha perso la metà delle ore di sostegno a scuola, a causa dei tagli imposti dal governo. Il ragazzo a volte non può nemmeno andare in bagno perché non c’è nessuno che possa accompagnarlo. Qualche settimana dopo, una decina di avvocati ha presentato a nome di quella mamma e di altri 32 genitori un ricorso al Tribunale per “condotte discriminatorie” nei confronti dei loro figli portatori di handicap. Se il tribunale dovesse dar loro ragione (la sentenza è attesa presto), si sconfesserebbe il sistema di tagli alla scuola pubblica, e le risorse per il sostegno dovrebbero essere reintegrate. Sarebbe una vittoria di un gruppo di genitori e di avvocati che, gratuitamente e con beneficio per tutti, hanno combattuto un’ingiustizia con le armi della legalità. E coi tempi che corrono questa sì che è una notizia.