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Donne oltre i muri – Ae 20

Numero 20, settembre 2001Sarebbe una bugia dire che oggi non ci si sente ferite e traumatizzate, ma non è giusto che il dolore cancelli quanto di vitale, forte e positivo è accaduto prima del gigantesco incubo ad occhi aperti. Per…

Tratto da Altreconomia 20 — Luglio/Agosto 2001

Numero 20, settembre 2001

Sarebbe una bugia dire che oggi non ci si sente ferite e traumatizzate, ma non è giusto che il dolore cancelli quanto di vitale, forte e positivo è accaduto prima del gigantesco incubo ad occhi aperti.

Per questo vorrei raccontare di Starhawk, la straordinaria “strega” di San Francisco, attivista dell'organizzazione pacifista Rant, con la quale abbiamo aperto il forum tematico su “genere e cittadinanza”, il 16 luglio. Mentre accanto si svolgevano gli altri forum nel modo tradizionale, strane cose accadevano, (forse complice la magia?): femministe rigorose, comuniste seriose, ragazze dei centri sociali scanzonate e pacifiste attempate, insieme, iniziavano i lavori non con gli interventi tradizionali ma con un happening. “Spiral dance”, la danza a spirali, un rituale mutuato dagli antichi saperi indigeni spirituali femminili.

Nella tenda di fronte al mare, nel pieno del sole pomeridiano, è stato tutto un muoversi dei corpi al ritmo del mantra si se puede (se è possibile), lasciando che l'energia fluisse all'interno di ciascuna fino a fare venire la pelle d'oca. Molte avevano gli occhi lucidi, tante le persone che si fermavano ad osservare.

Il 20, la giornata delle piazze tematiche e delle azioni dirette, Starhawk ci ha fatto nuovamente danzare, questa volta a poca distanza dalla zona proibita.

Eravamo tante, un po' nervose, un po' spaurite nello scendere per prime, anche se seguite dalla colorata moltitudine di Rete Lilliput, verso l'imponente muraglione di ferro. A pochi metri ci aspettava il cordone di polizia di rito: dopo una rapida contrattazione è stato accettato che le donne del gruppo di danzanti per prime, e poi tutti gli altri a seguire, tappezzassero il muraglione di ferro, per fare sparire quel simbolo di arroganza e di morte. È stata appesa la grande tela realizzata con le scritte di quante avevano partecipato il 16 giugno al meeting della rete della Marcia mondiale delle donne, poi le mutande, i reggiseni, i calzini, i fiori, i piccoli cartelli con le impronte delle mani e dei piedi di chi fisicamente a Genova non c'era.

Tutte e tutti l'abbiamo toccata, la terribile rete; in molte l'abbiamo battuta, fino a sentire male nei palmi. “Voi siete in gabbia, noi siamo il mondo”.

Quando, dopo gli scontri e le violenze, è tornata la calma, e abbiamo ricominciato a ristabilire un contatto con la quotidianità, è apparso chiaro che nulla sarebbe stato più come prima. “Dobbiamo riparare le ferite, non rimuovere nulla di ciò che è successo, accogliere dentro tutto anche se fa male, prenderci cura di noi -ci ha detto Starhawk prima di ripartire-. Guardare con occhi ben aperti quello che è accaduto e ascoltare tutti e tutte, fare gesti riparatori individuali e collettivi. Non lasciate che lo sconforto vi sovrasti. Il vertice è finito, ma è adesso che comincia il vostro lavoro”.

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