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Ambiente

Clima. La Thailandia ultima vittima?

Le peggiori alluvioni in Thailandia degli ultimi 50 anni fanno il paio con gli ultimi dati del dipartimento dell’energia statunitense: +6% delle emissioni nel 2010 rispetto al previsto. E la prossima COP17 di Durban è alle porte.

Il 19 ottobre scorso la Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia aveva organizzato a Bangkok una due giorni sul cambiamento climatico. “Riscaldamento globale e cambiamenti climatici e il loro impatto sull’Asia – Le sfide e la risposta della Chiesa”, questo il suo titolo, aveva come principale obiettivo quello di inserire all’interno della dottrina sociale della Chiesa anche una riflessione approfondita sulle cause del mutamento climatico, ma soprattutto sulle sue conseguenze, sociali ed economiche. Il convegno avveniva in una Bangkok oramai zona di guerra, in una Thailanda devastata dalle più pesanti inondazioni degli ultimi 50 anni, con 28 province su 77 allagate, una zona grande quanto l’intero Lazio.

Ma il peggio doveva ancora accadere, e non solo dal punto di vista ecologico. A metà novembre si contano oramai quasi 600 morti nella sola Thailandia, ed oltre 100 in Vietnam e 250 in Cambogia. Ma quello che non si placa è il livello della denuncia sociale, dopo che emerso come le zone periferiche e più povere siano state sacrificate per salvaguardare le zone ricche e residenziali della città. Secondo AsiaNews un gruppo di legali avrebbe già presentato una class action contro il Governo, colpevole di non aver fatto abbastanza per far fronte alle ingenti piogge monsoniche che dal luglio scorso stanno colpendo il Paese.
Il consumo di suolo, le scelte politiche, l’inazione sono alla base di tragedie umane ed ambientali che rischiano di diventare sempre più pesanti quanto più gli effetti del cambiamento climatico si faranno sentire.
Secondo il dipartimento dell’energia degli Stati Uniti le emissioni globali di gas climalteranti nel 2010 hanno subito un aumento inaspettato, nonostante la crisi economica, rispetto ai dati 2009. Una situazione che supera addirittura lo scenario peggiore ipotizzato dall’IPCC, il Panel internazionale di esperti, solamente 4 anni fa.
Nel 2007, quando l’IPCC diffuse il suo ultimo report sul cambiamento climatico, presentò differenti scenari sulla base della quantità di emissioni di gas serra evidenziando una diretta correlazione tra entità del riscaldamento globale e tasso di inquinamento. Il peggior scenario mostrava come la temperatura entro la fine del secolo sarebbe potuta aumentare di un range tra i 2,4 ed i 6,4 gradi Celsius, con una stima probabile di 4 gradi centrigradi. Che se considerata come temperatura media significa uno scenario ai limiti dell’immaginazione.

Un balzo in avanti nelle emissioni significano oltre 564 milioni di tonnellate di carbonio in più, e cioè un incremento del 6% rispetto al 2009, aumento imputabile in particolare alle attività di India, cina e Stati Uniti. Questi ultimi due responsabili della metà delle emissioni globali.
Ma che di fronte ad un’ipotesi di ulteriore fallimento nei negoziati globali a Durban il prossimo dicembre, ed un possibile ridimensionamento del già indebolito Protocollo di Kyoto, rischiano di aumentare in modo imprevedibile.
 
 

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