Ambiente
Clima. I negoziati entrano nel vivo
Nuovi documenti, nuova plenaria. E’ l’ora della stretta finale, a Cancun. E’ arrivato il momento delle diplomazie di alto livello, dei Ministri e dei Capi di stato che in modo scaglionato ed un poco nevrotico stanno arrivando al resort del…
Nuovi documenti, nuova plenaria. E’ l’ora della stretta finale, a Cancun. E’ arrivato il momento delle diplomazie di alto livello, dei Ministri e dei Capi di stato che in modo scaglionato ed un poco nevrotico stanno arrivando al resort del Moon Palace, una splendida struttura costruita in una zona ad alta valenza naturale della costa Maya. Da noi lo chiameremmo ecomostro, in Messico sono più politicamente corretti.
Arrivano ognuno con il proprio portato di prospettive ed interessi ad approvare o rifiutare il frutto del lavoro di dieci giorni di negoziati. Due documenti monstre, fatti circolare alla mattina di ieri, dimostrano quanto siano distanti le posizioni di alcuni Paesi. E se consideriamo la necessità di trovare un consenso, possiamo immaginarci il sudore sulla fronte dei negoziatori.
Dopo lo scossone della Cina, sì a impegni volontari di riduzione ma in una cornice Onu vincolante entro il 2020 (ma aspettiamo per capire realmente che significa) le acque si sono mosse. La bozza sul Protocollo di Kyoto, la più complessa da interpretare, vede in campo due opzioni, una delle quali più impegnativa per i Paesi industrializzati, ma paradossalmente rischia di essere approvata senza una cifra, lasciata quindi aperta per la prossima Conferenza di Durban, nel 2011. Se si considera che alcuni Paesi hanno intenzione di affossare tutto l’impianto verrebbe da pensare al male minore, se non fosse che esattamente tra un anno saremo passati da 394 ppm (parti per milioni) di concentrazione di CO2 a circa 397 ed il tempo passa.
La bozza di testo sulla cooperazione di lungo periodo (LCA) vede alcuni aspetti importanti, a cominciare dal tetto di concentrazione di CO2 che è stato indicato in una delle opzioni a 350 ppm, che significa senza tanti giri di parole che il mondo non solo dovrà piantarla di emettere, ma dovrà cominciare a riassorbire i gas in eccesso.
Rimane ancora l’opzione vaga sulle risorse economiche da mettere in ballo. I famosi 30 miliardi di fast-start entro il 2012 e 100 entro il 2020 non si sa da chi verranno gestiti, sebbene la Banca Mondiale sia ancora a fare capolino tra le due opzioni rimaste. E soprattutto non c’è chiarezza sulla solita fonte di provenienza, visto che pare che una buona parte di questi (50%) potrebbero derivare dai meccanismi di mercato.
E poi rimane il REDD contro la deforestazione e la degradazione forestale, con tutto il suo portato di contraddizioni sul mancato riconoscimento dei diritti delle comunità indigene. Sono solo alcuni dei punti di particolare interesse su due bozze di testo in cui ci sono ancora troppe opzioni sul tavolo. Talmente tante che la Bolivia oggi ha scelto di denunciare in conferenza stampa il rischio di un accordo troppo generico.
E continua la sfilata dei Ministri e dei Presidenti. E’ stata la volta del presidente gerogiano Saakashvili, che ha sviolinato in un buon spagnolo l’importanza dell’indipendenza energetica dei Paesi sovrani, meglio se green. E del Presidente ecuadoriano Correa, che ha denunciato il rischio di non riuscire a tenere il petrolio sottoterra, come aveva promesso con il progetto del Parco Yasunì, servono soldi da parte di Paesi che vogliono sostenere il progetto (acquisto di bond) e a parte la Germania pochi stanno mostrando interesse. O del vicepresidente iraniano, che ha sfoggiato un ottimo discorso in lingua Farsi. Che in pochi hanno capito.
E’ venuto il momento delle parole e della diplomazia più esplicita. C’è anche la nostra ministra Prestigiacomo che ha già promesso soldi per mitigazione ed adattamento anche per il 2011. Non sono però ”fondi nuovi e addizionali quelli stanziati” ha precisato la Ministro ”come non lo sono quelli degli altri Paesi”. Contraddicendo in due parole quello che chiaramente sta scritto sui documenti in discussione come "new and additional funds".
Se cominciamo a giocare con le parole prima ancora di firmare il documento, il futuro che ci si presenta davanti pare quanto meno imbarazzante.