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Ambiente

Carbone (forse) fuori dal mercato delle emissioni

Il comitato esecutivo delle Nazioni Unite sul Clean Development Mechanism (CDM) ha deciso di cercare di tenere fuori dalla concessione dei crediti di emissione le centrali a carbone. Una vittoria per l’ambiente

Eva Filzmoser, direttore di CdmWatch, è raggiante: "Le centrali a carbone, non solo rappresentano un grave danno per il clima, ma minacciano la salute delle comunità locali che non da ultimo falliscono nel conseguire uno sviluppo sostenibile". "Ci complimentiamo con la decisione del consiglio" conclude la Filzmoser, "che segna in sostanza la fine dei crediti di CO2 per le centrali elettriche a carbone".

Nel luglio scorso, il comitato esecutivo delle Nazioni Unite sul Clean Development Mechanism (CDM) ha preso una decisione sostanziale nel tentativo di rendere più trasparente e sostenibile il programma CDM, in particolare nel cercare di tenere fuori dalla concessione dei crediti di emissione le centrali a carbone. Un ulteriore giro di vite che potrebbe bloccare ogni possibilità per impianti a carbone operanti India ed in Cina di ricevere carbon credit.

La decisione avrebbe come risultato, a partire dal 2013, che tali progetti saranno considerabili nell’Emission Trading Scheme dell’Unione, il più grande mercato dei crediti di carbonio al mondo, solo se provenienti dai Paesi più poveri al mondo.

Un brutto colpo soprattutto per i grandi player dell’affare CDM, come RWE, la compagnia energetica tedesca considerata da recenti report come una delle più inquinanti del vecchio continente, ma anche Merrill Lynch ed EcoSecurities.

Merrill Lynch è una delle più importanti banche d’investimento del mondo con sede a New York, ed è stata anche uno dei principali attori di una delle peggiori crisi finanziarie degli ultimi decenni al punto che nel 2008, dopo aver dichiarato pesanti perdita a causa delle giocate sulla roulette dei derivati. È stata acquistata da Bank of America, diventando una sua divisione. Già sulle prime pagine di tutti i giornali per le varie azioni legali subite, tra cui una class action nel 2011 per la vendita di derivati legati a subprime a 1800 investitori e la vertenza con la Regione Puglia per un bond da 870 milioni, negli ultimi tempi il gigante finanziario statunitense ha scelto di diversificare ulteriormente il proprio portafoglio.
Perché il clima e i crediti di carbonio sono un ottimo affare, soprattutto se le imprese energivore del Nord, invece che ottemperare direttamente agli impegni di Kyoto, preferiscono continuare business as usual, inquinando in patria ma sviluppando progetti green, o presunti tali, in giro per il mondo.

EcoSecurities è una controllata di J.P.Morgan Chase, nello specifico di J.P. Morgan’s Environmental Markets, che è il settore della Banca direttamente coinvolto nella commercializzazione di Certified Emission Reductions (CERs) ed Verified Emission Reductions (VERs, utilizzati nel mercato volontario dei crediti di carbonio), anche sui mercati non regolamentati (OTC, Over The Counter).
EcoSecurities è coinvolta in diversi progetti in Cina legati a parchi eolici per oltre 250mila tonnellate/anno di crediti di riduzione. Perché i grandi Paesi emergenti, e soprattutto la Cina, sono diventati l’ultima frontiera di banche ed imprese per la loro fame di investimenti e di risorse da concretizzare in progetti utili a sostenere il loro sviluppo impetuoso.

La Shell, ad esempio, è in prima fila nell’acquisto di crediti di emissione per le 33 turbine del progetto eolico da quasi 50 MW di Guodian Shuozhou Haifeng Hutoushan nella provincia dello Shanxi (oltre 86mila tonnellate di crediti di CO2 equivalente all’anno), o per la diga da 24 MW Yanyuan County Baji River nella provincia di Sichuan (oltre 71mila tonnellate/anno) o per le 33 turbine per il parco eolico da 50 MW del Buerqin Wind Farm Project, nello Xinjiang (oltre 107 mila tonnellate/anno).

Un universo, quello dei CDM, da monitorare attentamente. Come ci ricordano Steffen Böhm e Siddhartha Dabhi, della Business School dell’Università dell’Essex: "Il mercato del carbonio semplicemente non risolve il problema alla radice dei cambiamenti climatici, e cioè l’eccessivo consumo di combustibili fossili" aggiungono Dr. Böhm e Mr. Dabhi. "La nostra società industrializzata dipende da petrolio, gas e carbone, i quali, consumati per generare calore, elettricità o per altri fini, emettono gas serra. È l’ora di recuperare il tempo perso dall’adozione del Protocollo di Kyoto, e di cominciare ad affrontare il problema della nostra dipendenza dai combustibili fossili".

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