Biologico croce e delizia – Ae 69
Viaggio nella “valle del biologico” incensata dalla stampa e premiata in Europa. Una storia di declino e recupero, di fondi pubblici e tutela dell’ambiente Singolare, la rassegna stampa. Conto ventisette ritagli di articoli affissi, alle spalle dei salumi, sulle piastrelle…
Viaggio nella “valle del biologico” incensata dalla stampa e premiata in Europa. Una storia di declino e recupero, di fondi pubblici e tutela dell’ambiente
Singolare, la rassegna stampa. Conto ventisette ritagli di articoli affissi, alle spalle dei salumi, sulle piastrelle della macelleria della Cooperativa carni di Varese Ligure. I macellai della Val di Vara hanno ben ragione di andare fieri di questo strano archivio: è un osanna mediatico, una santificazione giornalistica. Da Repubblica a Libero, da Oggi all’Unità, da Arcoiris, web-tv alternativa, al confindustriale Sole-24 Ore (e da National Geographic ai libri che narrano dei successi della soft economy italiana), la Val di Vara è raccontata come “un paradiso”, una shangri-là dove “l’ecosostenibile allunga la vita”. Varese Ligure colleziona premi su premi: primo comune in Europa ad ottenere, alla fine degli anni 90, autorevoli certificazioni ambientali (Iso 14001 ed Emas); due anni fa, poi, a Berlino, l’Unione Europea ha premiato Varese Ligure come la comunità rurale dove è stato realizzato “il progetto più completo e originale di sviluppo sostenibile”. Grande gloria, mediatica e ufficiale, per un piccolo frammento delle montagne liguri: questa è davvero una buona ragione per andare a vedere cosa è successo e cosa succede in questa valle. È una bella storia da raccontare. Con le sue luci e le sue ombre.
Dal 1997, questa è la “valle del biologico”: “Il 95% dei terreni agricoli sono certificati”, spiega Maurizio Caranza, 66 anni, oggi vicesindaco di Varese Ligure, ma primo cittadino per quindici anni e protagonista, a metà degli anni 90, della “svolta ecologica” della valle.
Maurizio Caranza è un genio della comunicazione: funzionario regionale in pensione, ex-democristiano (l’entroterra ligure è stato per decenni un feudo Dc), si trovò ad amministrare, nel 1990, un territorio in declino. In quarant’anni la popolazione si era dimezzata (nel 1951, qui abitavano 5.909 persone). Chi poteva, se ne era andato.
Il sindaco Caranza fu (è ancora) un tornado imperioso. Da funzionario regionale conosceva alla perfezione i meccanismi dei fondi europei che, negli anni 90, cominciarono a essere torrenti di denaro. E imparò in fretta il sistema dei mass-media. “Il restauro del paese fu il primo passo -ricorda Michela Marcone, 42 anni, oggi erede di Caranza sulla poltrona di sindaco-.Varese Ligure tornò a essere una bella cittadina. Fu così che conquistammo la fiducia della gente. Fu come restituire speranze di futuro a una comunità che non ne aveva”.
Il passo successivo fu l’economia. La zootecnia, in questa valle, è storia di mille e più anni. Agricoltura qui vuol dire vacche. Biologico, sia ben chiaro, qui significa carne e latte (e il latte è in difficoltà, perché i bovini da carne rappresentano un reddito più sicuro e più alto). Oltre gli allevatori (più di cento, pascoli frammentati, piccole mandrie al pascolo), qualche contadino vende patate e un po’ di ortaggi. Ci sono tre produttori di miele. Nient’altro. Sbaglia “National Geographic” quando dice che qui si trova olio biologico: in Val di Vara, gli olivi sono quasi sconosciuti.
Fu Caranza a guidare il viaggio delle vacche della Val di Vara verso il biologico.
Val di Vara è diventato simbolo di prestigio: al punto che, pochi anni fa, la Esselunga convinse, garantendo commesse e buoni contratti, alcuni imprenditori (un importatore di crostacei originario della valle, una grande azienda agricola, un ex-proprietario della Yomo) a costruire in valle uno stabilimento per la produzione di yogurt biologico. Nacque così l’Ars Food: centomila vasetti di yogurt biologico a settimana. Importanti i clienti: il conto-lavorazione per la Esselunga, le Coop liguri con il marchio Bio-bontà e la Dolci Preziosi. Ma la valle non produce latte a sufficienza: per questo, per rifornirsi, l’Ars Food si rivolge ai produttori maremmani.
Il latte della valle non è sufficiente nemmeno per tutta la linea biologica della vecchia Cooperativa casearia. I formaggi della Val di Vara (apprezzati da Slow Food), oggi si trovano nei negozi e nelle Coop fra Massa e Genova e, due volte l’anno, nelle Coop del Nord-Ovest.
In valle, in un solitario paese di alta montagna, c’è chi non accetta la strada del biologico, né le scelte del Comune di Varese Ligure: “È una cricca feudale che ha corrotto il popolo”, scrive Sandro Lagomarsini, 65 anni, parroco di Cassego e Valletti. Questo prete di campagna, seguace di don Milani, arrivato qui nel 1965, creatore di una piccola “scuola popolare”, è coerente: ha sempre combattuto battaglie “anti-ecologiche”. Nel 1985 fece venire qui gli inviati di “Famiglia Cristiana” per dire che la valle non voleva “morire di ecologia”. A quel tempo si voleva fare un parco in questi Appennini e il prete mal tollerava le ingerenze di chi saliva dalla città a spiegare come si protegge l’ambiente. Lagomarsini, oggi, scrive sull’“Ecologist” ed è un difensore testardo delle tradizioni contadine. “I contributi europei, arrivati a pioggia in valle, hanno corrotto la gente della montagna -dice il parroco-. È stata una scelta scellerata: senza questi soldi pubblici, qui crolla tutto. Hanno drogato un’economia e una società. È imperdonabile”. Sandro Lagomarsini, dal 1997, anno di rudi scontri con il sindaco Caranza, ogni domenica lascia l’auto a casa (una ex-stalla scaldata da una piccola stufa a legna) e va a dire messa a piedi: 35 chilometri per tre chiese. Poi affigge cartelli di protesta contro la giunta di Varese Ligure: 12.750 chilometri percorsi a piedi fino al dicembre dello scorso anno per gridare il suo dissenso. Nemmeno Guareschi, con le storie di Peppone e don Camillo, era arrivato a tanto.
“È vero -ammette Alessandro Triantafyllidis, 39 anni, agronomo, presidente dell’Aiab ligure, l’associazione per l’agricoltura biologica della Liguria- qui se i contributi europei cessassero, gli allevamenti scomparirebbero. Varese Ligure ha avuto una grande visione quando ha giocato le sue carte sul biologico -spiega-. Ma si poteva lavorare più in profondità, andare oltre l’immagine”.
I posti di lavoro in più “prodotti dal biologico” non sono 140 come hanno scritto i giornali. “Ma è sicuro che la scelta biologica è riuscita a conservare lavoro agricolo in valle”, avverte Mauro Figone. È altrettanto vero che qualche ragazzo ha ricominciato a trovare lavoro: i sei nuovi dipendenti dell’Ars Food, due in un albergo, quattro a Suolo e Salute, una nuova macellaia alla Cooperativa carni… “Ma, al di là dei numeri, qui, oggi, un giovane di venti anni non è più condannato ad andarsene via -è certa Michela Marcone-. Può, se vuole, decidere di rimanere e di lavorare qui. Non è poco”.
La diminuzione degli abitanti non si è fermata: troppo più alto il numero di chi muore rispetto alle nascite. Sono ancora cento e sessantotto gli abitanti in meno fra il 2000 e il 2005. I turisti non sono triplicati: erano 3.385, le presenze nel 2000; sono state 3.725 nel 2004 (1.368 persone). Poche centinaia in più.
Ma è altrettanto vero che oggi, a Varese Ligure, ci sono tre agenzie immobiliari. Che prima non c’erano. La fama mediatica della Val di Vara ha portato qui inglesi e forestieri. Alcuni cercano casa in queste montagne. Sono, così, saliti prezzi e affitti.
“È vero -mi dice, con un sorriso complice, un ragazzo che ha scelto di stare qui venendo via da Genova-: la Val di Vara non è il paradiso raccontato dai giornali, è solo buon posto in cui vivere. E non è poco”.
Un giro nel borgo rotondo
Curioso il giro dei vicoli e dei portici di Varese Ligure. È un piccolo “borgo rotondo” che, nell’antico centro del paese, quasi si raggomitola su sé stesso. Era, nel Medioevo, un feudo della famiglia genovese dei Fieschi (qui si è sempre più guardato a Genova che non a La Spezia), centro strategico per i commerci fra Parma e la riviera ligure. Furono i Fieschi, nel XIII° secolo, a progettare la costruzione di questo borgo fortificato: una cortina di case che seguono la circonferenza di una ellissi, una sipario urbano privo di “aperture” verso l’esterno ad eccezione di due porte. Al centro, protetto da queste mura-abitazioni, la piazza del mercato. E, dal 1400, il doppio torrione di un piccolo e solido castello.
– Come arrivare:
Uscita del casello di Brugnato per chi percorre l’autostrada A12/Genova-Livorno
Passo delle Cento Croci per chi proviene da Parma.
Sito web: www.comune.vareseligure.sp.it
I mulini della discordia
Sono alte sul crinale, sovrastano la distesa dei pascoli della val Caranza, affluente del Vara. In estate le vacche si avvicinano il più possibile al frullìo delle loro pale: “Perché ci sono meno mosche e gli animali possono pascolare beati”, spiega un allevatore. Il comune di Varese Ligure, cinque anni fa, ha autorizzato la costruzione di due torri eoliche al confine del suo territorio (nella foto accanto). “Possono produrre fino a quattro milioni di chilowattora all’anno -spiega l’ex-sindaco Maurizio Caranza-. Basta per un paese molto più grande di Varese Ligure”. I due ventilatori, costruiti dall’Anemon di Ferrara, appartengono all’Acam, la municipalizzata di La Spezia. È l’Acam a vendere energia all’Enel. I cittadini di Varese Ligure non hanno sconti in bolletta ma l’Acam ricompensa il comune con servizi di nettezza urbana (pulizia fosse igieniche e cassonetti, ad esempio) fino a un valore di 20 mila euro. Altri 10 mila euro vengono dati in contanti. “Questo ci permette di far risparmiare i cittadini sull’Ici o su altre tariffe”, dice il sindaco. Adesso il comune sta studiando la possibilità di produrre energia da derivazioni dell’acquedotto.
E il municipio e la scuola sono alimentati da impianti fotovoltaici.
C’è pace sul fronte energia a Varese Ligure? “Nemmeno per idea” dice Marco Vassalli, 61 anni, segretario spezzino di Italia Nostra, assessore alla cultura, per l’Udc, della Comunità montana della Val di Vara. “A Varese Ligure sono riusciti a rovinare il paesaggio perfetto dell’Appennino. E quelle pale le vedo dalla finestra di casa mia: non conto più i giorni in cui stanno ferme”.
Italia Nostra si è opposta al raddoppio dell’impianto eolico della Val di Vara. Ricorsi ai tribunali amministrativi. Chi ha vinto? “Il Consiglio di Stato ci ha dato ragione”, dicono in comune. Due altre pale potranno sorgere sul passo della Cappelletta. “Niente affatto -ribatte Vassalli-. La causa è sempre aperta davanti ai tribunali regionali e nessuno può disattendere il dovere di tutelare il paesaggio”. Acam, da parte sua, prevede che le due nuove pale entrino in funzione il prossimo giugno.