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Ambiente / Opinioni

Auspici per un anno nuovo, fatto di spessore, poesia e futuro

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Produrre meno rifiuti, muoversi meno in auto, accendere meno luci, scaldare meno le case, non inquinare. Si può fare. La rubrica del professor Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 211 — Gennaio 2019

“Più che l’anno della crescita, | ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. | Attenzione a chi cade, al sole che nasce | e che muore, ai ragazzi che crescono, | attenzione anche a un semplice lampione, | a un muro scrostato. | Oggi essere rivoluzionari significa togliere | più che aggiungere, rallentare più che accelerare, | significa dare valore al silenzio, alla luce, | alla fragilità, alla dolcezza”.

Sono versi di terra di Franco Arminio (“Cedi la strada agli alberi”, 2017). Poesia per l’anno che verrà e per tutti noi che non capiamo come essere rivoluzionari. Una poesia da appendere nelle sale consiliari di Comuni e Regioni e davanti alle aule parlamentari. Da inviare a chi pensa di candidarsi a europee o regionali ma per programma ha un foglio bianco in tasca e zero idee in testa. Con quella poesia farebbe le cose giuste: un progetto di ri-educazione all’attenzione è quel che ci serve e ci salva.

Se disimpariamo a vedere il muro scrostato e parliamo di grandi infrastrutture, perdiamo di vista l’orizzonte vagando spaesati. Un piano per prendersi cura di quel che c’è e può generare tanto lavoro. Bisogna avere il coraggio di volere un’urbanistica fatta solo di rigenerazione e zero (zero!) consumo di suolo. Una mobilità più pubblica e meno privata. Un piano per incoraggiare il turismo lento. Una spinta alla cooperazione tra Comuni. Formazione culturale (e non burocratica) per chi vuole fare il sindaco. Messa in sicurezza del Paese (dov’è finita “Casa Italia”?). Investimenti dieci volte di più nei parchi e in cammini e ciclabili e dieci di meno in opere “olimpioniche” che durano 15 giorni. Pulizia delle nostre città dai rifiuti, anziché distrarsi e vederseli bruciare sotto il naso.

Da maggio 2017 ci sono stati 380 incendi di rifiuti: due giorni fuoco, un giorno no, due giorni fuoco, un giorno no. Non siamo un Paese normale. E tutto quel che i sindaci sanno dirci è “chiudete le finestre”? Dovrebbero aprirle le finestre e rendersi conto che fuori c’è un modello culturale, sociale e politico marcio da tempo, contro il quale bisogna combattere le cause e non piagnucolare le conseguenze. La produzione di rifiuti è sempre in aumento in Europa. Ci si pensa? Questo urbanesimo avido e insostenibile continua a produrre sempre più rifiuti (+17% l’Italia tra 2004 e 2016, Agenzia europea dell’ambiente) mandando in crisi lo smaltimento e quindi finendo per farsi aiutare e aiutare il malaffare e i suoi piromani.

2019. L’anno che verrà ci porterà l’azzeramento del consumo di suolo? Meno rifiuti? Meno CO2? Più equità e zero arroganza? Più cultura e meno burocrazia e ignoranza? Dipende dall’attenzione che ci metteremo

Ci vorrebbe l’anno dell’attenzione per imparare a risolvere i guai alla fonte: produrre meno rifiuti, muoversi meno in auto, accendere meno luci, scaldare meno le case, non inquinare i campi. Ma chi può spiegare tutto ciò non banalizzando? Cosa gli occorre? Ci vuole spessore. Lo spessore delle cose belle, degli uomini colti, dei discorsi che rimangono per sempre, dei libri che ti bucano la vita, dei silenzi, di una politica che guarda in alto, di un discorso che ti cambia la prospettiva. Lo spessore dell’attenzione agli ultimi respiri per non dimenticarli, come avrebbe dovuto fare tutto il Governo quando l’ultimo testimone della deportazione nazifascista di Roma, Lello di Segni, è morto il 26 ottobre scorso.

Senza spessore tutto scivola via nel gorgo dell’indifferenza, sovrastato da sciatteria e miseria, merce sempre disponibile a basso costo sul banco dei peggiori mercati. Iniziamo l’anno con un’immagine di speranza. Ero per caso ad Agrate Brianza, periferia milanese ad alto tasso di cemento e traffico. E per caso sono inciampato nella biblioteca comunale Enzo Biagi. Bellissima. Ma ancor più bello è stato vederci decine e decine di ragazzi leggere e studiare. Ho capito che il futuro esiste e in un attimo l’ho ritrovato.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “100 parole per salvare il suolo” (Altreconomia, 2018)

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