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Ambiente / Reportage

Alla ricerca di litio nei pozzi della valle di Baccano

© Ilaria Carmen Restifo

I vecchi siti geotermici individuati da Enel nel Lazio potrebbero contenere importanti quantità del materiale critico fondamentale per la transizione. Due aziende australiane hanno già ottenuto i permessi di ricerca nonostante lo status di area protetta della zona. Promettendo un’estrazione a zero emissioni e impatti. Ma i dubbi sulla sostenibilità ambientale ed economica del progetto rimangono

“Ecco, qui siamo al centro della valle. L’acqua non è presente, ma se facciamo una buca a neanche due metri troviamo la prima falda”, racconta Alessandro Mecali, geologo consulente del Parco di Bracciano-Martignano nel Lazio, facendo strada a piedi tra la vegetazione della valle di Baccano, chiusa a cerchio dalle colline.

Siamo nel punto più basso di una conca che nasconde una potenziale miniera, un vecchio cratere vulcanico che fino al XIX secolo ospitava un lago, prosciugato dalla famiglia Chigi nel 1838. L’area è compresa nel Comune di Campagnano, 20 chilometri a Nord dal Grande Raccordo Anulare. L’intera valle è soggetta a vincolo paesaggistico ed è compresa tra due parchi regionali protetti: il Parco di Veio e quello di Bracciano-Martignano, appunto.

Avanziamo tra le sterpaglie alla ricerca di qualche vecchio pozzo geotermico. Dopo un’ora di cammino, riusciamo a individuare quello che il ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica denomina “Pozzo Cesano 8″. Mecali è raggiante: “Non avevo mai visto questi pozzi perché, quando sono stati realizzati, ero piccolissimo”. Un quadrato in cemento, quattro metri per quattro, immerso tra canne e arbusti secchi. Un pozzo anonimo, ma che potrebbe nascondere un tesoro. 

Negli anni Settanta del Novecento, l’Enel qui era impegnata con ricerche sull’energia geotermica. Gli studi rivelarono una forte concentrazione di litio in serbatoi d’acqua ad alte temperature sepolti nelle viscere della valle. Il progetto fu abbandonato, il litio geotermico ritenuto non troppo degno di nota e i vecchi pozzi furono cementati in attesa del domani. Quel domani è arrivato.

Oggi il litio è chiamato “oro bianco”. È elencato tra le 34 materie critiche fondamentali alla transizione ed è uno dei materiali più ricercati al mondo poiché serve, tra altre cose, a immagazzinare energia nelle batterie delle auto elettriche. Basti pensare che nel 2022 è stato venduto per oltre 80mila dollari alla tonnellata.

Proprio nel 2022 uno studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse di Pisa (Igg) ha elencato le aree più promettenti per il litio geotermico in Italia. “Questo argomento è diventato molto attuale -spiega Andrea Dini, primo ricercatore dell’Igg-. Il nostro è un inventario. Non di miniere, perché quelle vengono aperte quando si sa che c’è un giacimento, ma delle zone più promettenti per il litio”.

Il luogo che stiamo visitando, la caldera di Baccano, è appunto tra queste. “Siamo usciti con questo studio che ha smosso un po’ le acque. Ma l’argomento era già nell’aria”, commenta Dini. Tanto che questa valle ha attirato attenzione su di sé persino da oltreoceano. 

L’ingresso del pozzo “Cesano 8” ora chiuso da un tappo di cemento © Ilaria Carmen Restifo

Due gruppi estrattivi australiani, la Vulcan Energy e l’Altamin, hanno ottenuto tra il 2021 e il 2022 permessi di ricerca di litio geotermico nella valle di Baccano. In particolare, la Vulcan ha già siglato contratti di fornitura con gruppi automobilistici e avviato una collaborazione con Enel green power, che detiene i dati delle vecchie ricerche ed è leader globale nella geotermia. Le società richiedenti stanno valutando i dati d’archivio senza esplorazioni geofisiche.

Nel Lazio sono state approvate licenze di ricerca anche in altre località. “Nella richiesta presentata all’Ente parco, c’era una planimetria con una vasta area che andava da Sutri, Monterosi, Nepi, Campagnano, Formello e arrivava fino a Cesano”, racconta Marsilio Gregori, geometra del Parco di Veio. Lo incontriamo nella sede di Sacrofano, uno dei luoghi per i quali è stato chiesto un permesso di ricerca.

Permessi che a volte suscitano dubbi. Nella valle di Baccano, in particolare, la Regione Lazio ha concesso due licenze contigue, stabilendo che non comportano interferenze con l’ambiente. Eppure, sono in molti a non fidarsi. “Non siamo per niente contenti di questa storia”. “Siamo contrari. Dovranno pur fare un sondaggio tra la popolazione”. “Da quanto ho capito, se vogliono espropriano”. “Io abito qui dietro. Non possiamo nemmeno collegarci alla rete del gas, perché siamo in area vincolata, e quelli pensano alla miniera di litio”. Sono gli umori raccolti tra i residenti della valle mentre, seduti al bar “Il Baccanale”, prendiamo un caffè prima di incamminarci. Ma il timore è fondato? 

Il sindaco di Campagnano, Alessio Nisi, dice che “per come viene descritto il modello di estrazione del litio in Italia e Germania, si tratta di una tecnica sostenibile che non impatta sull’ambiente”. Il progetto Zero carbon lithium si basa su una metodologia sperimentale, la Direct lithium extraction, e cioè la produzione di litio da acque geotermiche. Rispetto ai metodi tradizionali, ha un basso impatto ambientale e non produce emissioni. Quando si parla di estrazione di litio, viene in mente l’estensione delle cave australiane o le distese desertiche cilene. Un impatto inaccettabile in una zona come questa, con ampie aree protette. 

Per Dini, il ricercatore dell’Igg, non è così: “È un metodo molto meno impattante rispetto a quanto si vede nel deserto di Atacama, in Cile. Lì, l’impatto è enorme. Basta andare su Google Earth e ci si rende conto”. Qui si tratterebbe invece di individuare il giacimento in profondità e portare l’acqua ricca di litio in superficie con pozzi profondi a circuito chiuso. “L’acqua calda si fa passare attraverso un impianto industriale dove si estrae il litio in maniera selettiva. Rimane un fluido esausto che non viene rilasciato nell’ambiente, ma reimmesso in profondità nel giacimento per ricaricare il sistema”, conclude Dini.

Il geologo Alessandro Mecali aggiunge una considerazione: “Quando si fa sperimentazione è fondamentale il monitoraggio continuo e verificare se ci sono abbassamenti del terreno. Altro discorso è l’impianto. Devono essere adottate tecniche innovative anche lì, visto che siamo dentro a un parco”. In teoria, la ricerca scientifica sembra escludere effetti negativi nell’uso di questa tecnica. Ma resta ancora tutto da vedere. 

“A oggi, si parla solo di ricerca, non di nuovi fori -riprende il geometra del Parco di Veio durante la nostra visita a Sacrofano-, c’è un vincolo di interesse paesistico nella valle di Baccano, ma con parere speciale delle autorità è aggirabile. In più, siamo tra due parchi. Secondo l’articolo 8, legge regionale 29/97, nelle aree protette è vietata l’estrazione”. Cerchiamo di capire che cosa potrebbe succedere se si dovesse passare a una fase estrattiva in zone protette. Per ragioni di pubblica utilità, la giunta regionale può autorizzare deroghe alle misure di salvaguardia, prescrivendo le modalità per tutelare i luoghi. La giunta potrebbe, cioè, approvare, a condizione che vengano rispettati limitazioni e controlli a spese del proponente. Ma il decreto legge sulle materie prime critiche del 25 giugno 2024, che adegua la normativa nazionale alle disposizioni europee, supera queste considerazioni: dalla data in cui la Commissione europea li riconosce come strategici, i progetti assumono la qualità di pubblico interesse nazionale e gli interventi necessari alla realizzazione sono “indifferibili e urgenti”. 

Il sindaco di Campagnano propone di individuare soluzioni a lungo termine, in un quadro di partenariato pubblico-privato, così da coinvolgere i Comuni interessati. “Che impatti positivi si vogliono immaginare per Campagnano? Se un’area ha una data risorsa, facciamo in modo di utilizzarla coinvolgendo il territorio in un percorso virtuoso”. Già perché la domanda latente sulla bocca di tutti è sempre la stessa: chi beneficerà di questa risorsa? Sarà equo il corrispettivo previsto a favore delle comunità locali? O forse le società minerarie dovranno ricorrere a incentivi pubblici per far fronte alla concorrenza globale? Ma, soprattutto, quanto litio si può estrarre da qui? Su questo risponde Alessandro Mecali di ritorno dall’escursione: “Dipende dalle dimensioni del serbatoio. Ci sono stratigrafie, i dati dell’Enel, si può calcolare”. Quindi occorre considerare costi-benefici e la durata operativa dell’impianto. “È quanto stanno valutando queste società”, conclude. 

Restano ancora molti nodi da sciogliere prima di vedere se l’oro della valle luccicherà davvero. Non ultima la questione del prezzo. Il formidabile crollo dei prezzi nel 2023 (circa -80%), e il protrarsi del ribasso nel 2024, è forse indicativo di una tendenza? L’offerta del minerale è stata così alta da aver superato la domanda. Si parlerà ancora di oro bianco?


IN DETTAGLIO
Il Critical raw material act (Crma)

La domanda europea di materie critiche è destinata ad aumentare con l’abbandono dei combustibili fossili e il passaggio a sistemi energetici puliti, che richiedono ampio accesso a una serie di materie prime, da importare. Il 23 maggio è entrato in vigore il Regolamento Ue sulle materie critiche (Crma). Allo scopo di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni europee, il 20 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che introduce “disposizioni urgenti sulle materie critiche di interesse strategico”. L’obiettivo del Crma è affrancare il più possibile l’Europa da singoli Paesi fornitori che concentrano su di sé produzione e lavorazione di componenti vitali alla transizione. Ad esempio, la Cina domina la capacità globale di raffinazione di litio, cobalto e manganese. Il testo individua un elenco di 34 materie prime critiche e 17 materie strategiche per le tecnologie della transizione verde. Il litio è elencato tra le 17 materie strategiche. Vengono fissati i parametri di riferimento per estrazione, lavorazione e riciclaggio di materie prime in Ue entro il 2030: rispettivamente il 10%, 40% e 25% del fabbisogno annuo europeo. Questo richiede una mappatura dei siti per l’estrazione di materie critiche, lo sviluppo dell’esplorazione al livello nazionale, la diffusione di gigafactory per la mobilità elettrica, la diffusione di tecnologie innovative, nuovi partenariati. Per l’Italia, la realizzazione del programma di esplorazione nazionale è affidata all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

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