Ambiente / Opinioni
Acqua pubblica, dall’Emilia una chiamata all’azione
Sabato 9 febbraio a Piacenza un convegno nazionale sul futuro del servizio idrico integrato. L’affidamento ad Iren è scaduto, e come Reggio Emilia (ne parliamo su Ae 146) la città sta pensando di tornare alla gestione pubblica. Una vicenda che ha ispirato alcune riflessioni ad Emilio Molinari, storico presidente del Comitato italiano per un contratto mondiale dell’acqua
Non un documento ma riflessioni.
Da tempo considero ciò che si sta delineando a Reggio Emilia e faccio un appello ai consiglieri comunali di Piacenza di muoversi in tal senso e di scorporare il ramo del servizio idrico di Iren per farne almeno una spa in house, una cosa di grande valore politico.
So di enfatizzare, ma penso sia un salto in avanti e in continuità con la vittoria referendaria.
La rottura con Iren non significa solo che altre due sistuazioni di ripubblicizzazione si aggiungono a Napoli (dov’è al posto di Arin spa è nata Acqua bene comune, società di diritto pubblico, ndr).
È qualcosa di più.
È una occasione per riprendere l’iniziativa politica nazionale, così difficile in momenti di crisi. Difficile anche se clamorosamente si vince, con le sentenze della Corte costituzionale (in merito alla legislazione nazionale post referendum, ndr) e del Consiglio di Stato (in merito alle tariffe, ndr).
Io credo che se a quanto succede in Emilia diamo il suo pieno valore politico, se lo collochiamo nell’attualità del contesto che sta vivendo il Paese, forse possiamo tornare ad operare in prima linea e all’attacco, non sulla difensiva.
Il ripensamento sulle scelte passate, in corso a Reggio Emilia e a Piacenza, è da gestire dentro la frana del sistema finanziario, le inchieste in corso, il montare dell’indignazione degli italiani verso le banche, i costi della politica.
Va letto così, o almeno io penso che noi dobbiamo usare questa chiave di lettura.
Mi spiego.
Per prima cosa, Reggio e Piacenza ci stanno evidenziando una prima visibile crepa nel blocco delle multiutlity già privatizzate, già quotate e già finanziarizzate, e questo di per se è un grande fatto.
È la crisi del modello che in questi anni è stato al riparo dallo scontro sulla ripubblicizzazione, dal momento che è avvenuto su l’ingresso dei privati e sulle società per azioni in house.
È la crisi della grande multiutilty del Nord e di tutti i servizi pubblici locali.
È, infine, una crepa, e questo ha un valore politico ancora più strategico, nell’impianto politico culturale dell’Unione europea, che proprio sull’acqua e i mutamenti climatici ha partorito il documento Blu Print, nel quale si afferma l’esigenza della finanziarizzazione/monetizzazione del bene comune acqua.
Nell’immediato c’è la crisi di Iren e l’inizio di uno scenario su cui lavorare.
Che ne sarà di Iren senza Reggio e speriamo Piacenza, e -perchè no- anche Parma?
E ancora: non è forse IREN uno dei pilastri del castello delle spa quotate?
Iren è la crepa, il punto debole da cui partire.
Da allargare a Parma subito, a Genova e a Torino poi, favoriti dal contesto di tracollo finanziario, che chiede di affrontare in tal modo anche la Toscana e il Lazio alla luce di quanto succede ad ACEA e a MPS.
Penso si debba gestire tutto questo, in una unica narrazione ben argomentata ( Marco Bersani e Luca Martinelli hanno competenze straordinarie per dare lo spessore dei dati a tale narrazione). Una narrazione che va calata -scusate se lo ripeto- nell’odierno contesto drammatico dei derivati, del Monte dei Paschi di Siena, dell’inchiesta di Trani che si estende ad altre 5 banche, della Cassa depositi e prestiti e del Fondo F2i. E calata deltro i sentimenti che agitano la gente e lo scontro politico ed elettorale e che ancor più si annuncia nel dopo elezioni.
Pensate all’affiorare, a proposito di MPS e di “bancarotta”, delle proposte: commissariamento, nazionalizzazione, azzeramento dei debiti da parte del pubblico. Tutti termini impensabili fino ad ieri. Schizzofrenici, dal momento che contemporaneamente si chiede al pubblico (allo Stato) di ritirarsi da tutto.
Pensate al valore emblematico di questa vicenda MPS, proprio per noi dell’acqua.
Da anni ci viene ripetuta la mancanza di denaro da parte dello Stato e degli enti locali per risanare le reti idriche; da anni ci ripetono che occorre l’ingresso del privato, un partner finanziario -per dirla con Formigoni e Martini (Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi)-, il solo che può garantire l’accesso al credito.
E ora? Ora in tanti invocano l’intervento pubblico per salvare le banche, ovvero per salvare il “partner finanziario”.
Pensate. Si parla, da sempre, di impossibilità di intervento pubblico per azzerare le convenzioni con i privati e riprendere da parte dei Comuni le gestioni dei servizi pubblici locali e si nazionalizza una banca, si azzerano pubblicamente i debiti… delle banche. Non è qualcosa che grida scandalo?
È innegabile che la crisi ci rende difficile parlare di acqua, di referendum cancellato, di ripubblicizzazione, di obbedienza civile, mentre il popolo è aggredito nel reddito e nell’occupazione.
Spesso ci sembra di parlare di cose non in sintonia, con quanto succede.
Però ho la convinzione che questo tipo di battaglia può rimetterci in prima linea nello lo scontro in atto, in sintonia con il flusso dei sentimenti della gente, dentro le contraddizioni che si aprono nella politica con le elezioni. Se saremo in grado di dare una dimensione politica a quanto succede in Emilia con lo scorporo dell’acqua e la ripubblicizzazione: voler mettere in sicurezza, a partire dall’acqua, i servizi pubblici essenziali alla vita dei cittadini e delle città.
Con tutto il peso dell’evocazione che dà il concetto di vita.
Questa riflessione guarda agli scenari di un futuro prossimo in cui il 70% della popolazione vivrà in grandi città, e la vita dipendera da come verrà garantita l’acqua potabile, lo smaltimento dei rifiuti, il trasporto pubblico e l’energia elettrica. Che cosa accade lasciando tutto questo in balia di una banca o di un derivato o di fondo speculativo.
Mettere i servizi in sicurezza dalle “frane” del sistema finanziario, dalla corruzione, dagli stipendi dei manager, dal proliferare dei consigli di amministrazione, dalle cosche mafiose, presuppone una riscoperta del pubblico.
Per concludere, è su Iren che bisogna agire.
Penso puntando anche su Parma.
Chiamando al confronto pubblico il sindaco Federico Pizzarotti del movimento 5 stelle che alla prova della bancarotta dei servizi pubblici non trova di meglio che dare in garanzia alle banche le quote di Iren, mentre un ex presidente e un vice presidente di IREN sono inquisiti.
A Parma possiamo chiedere di fare come a Reggio.
Una grande iniziativa, da preparare, anche dopo le elezioni, Chiamando i partiti, Ingroia, la CGIL e perchè non lo stesso Grillo? Con il sindaco, per “aiutarlo” non per sputanarlo.
E riprodurre la stessa iniziativa anche a Genova.
Per chiedere cosa resta di Iren senza Reggio Piacenza e Parma e lo scorporo dell’acqua?
Render conto dello scandalo dei costi del proliferare delle spa di Iren e dei consigli d’amministrazione, degli stipendi dei manager da mezzo milione di euro. E ancora, a Genova, di Mediterranea delle aque e di Idro Tigullio, che come scatole cinesi -malgrado Iren- mantengono ancora i propri consigli di amministrazione e per chiederne l’eliminazione (com’è stato chiesto ed ottenuto con la gestione dell’acqua in provincia di Milano).
Chiamando anche in Liguria i partiti e chi nella politica si trova in piena contraddizione, come l’Italia dei valori (e quindi gli alleati in Rivoluzione Civile) che ha votato la fusione con Enia.
E a Torino.
Dove ai debiti di Iren si sommano quelli del Comune tra i più indebitati d’Italia.
E dove l’ex sindaco, Sergio Chiamparino, che l’ha indebitato diventa presidente di una delle fondazioni azioniste di Intesa Sanpaolo (come a Siena)
In una visione unitaria con la partita di Acea e il fronte da aprire con Publiacqua a Firenze:
Acea, il conflitto con il movimento, gli scandali, l’indagine dell’Antitrust per come ha vinto l’affidamento di Firenze. E Publiacqua, inevitabilmente stretta dalla presenza di Acea, di MPS, di Caltagirone e delle inchieste che si portano dietro.
Dall’Emilia solleviamo un grande dibattito sulla possibile ripubblicizzazione: di quanto costa, a chi, e chi deve intervenire per salvare il vivere cittadino.
Un dibattito a tutto campo che non teme di chiamare tutti, anche i “pentiti” e i semi pentiti della finanza che si cominciano ad intravvedere. E, permettetemi, non con lo spirito dello sputtanare tutti e combatterli tutti, ma per chiamare alla coerenza verso la via d’uscita.