Ambiente / Opinioni
L’Europa detta le regole per lo shale gas
La nuova direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale votata ieri a Bruxelles evidenzia che il Parlamento europeo è possibilista rispetto all’esplorazione e allo sfruttamento di gas non convenzionali, che sfruttano l’invasiva tecnica della "fratturazione idraulica". Ma in tutta l’Ue i gruppi “No Fracking” spingono per una definitiva messa al bando della pratica, come ha già fatto la Francia nel 2011
L’approvazione degli emendamenti 31 e 79 sull’estrazione di shale gas e sullo sviluppo dei programmi esplorativi di idrocarburi non convenzionali in Europa -nell’ambito della modifica della Direttiva 2011/92/UE sulla Valutazione d’impatto ambientale (Via)– ci restituisce un Parlamento europeo possibilista sull’esplorazione e sullo sfruttamento di gas non convenzionale nel Vecchio Continente.
Perché, se da un lato le modifiche apportate alla Direttiva 2011/92/UE rappresentano un’importante introduzione normativa di monitoraggio, controllo e verifica degli impatti ambientali per questa tipologia di sviluppo minerario, dall’altro si sottolinea l’orientamento alla valutazione e non al divieto.
Si è verificato così uno scollamento tra le politiche energetiche dell’Europa e le richieste avanzate, negli ultimi anni, dai principali gruppi “No Fracking” europei, che spingono per una definitiva messa al bando della fratturazione idraulica (tecnica utilizzata per l’estrazione di idrocarburi non convenzionali).
Ricordiamo che a settembre -in occasione del primo slittamento dell’approvazione degli emendamenti 31 e 79- numerose associazioni e comitati hanno fatto sentire la loro voce. Compresi i promotori italiani della Campagna nazionale “No Fracking” (http://www.nofracking.it) che, con una missiva indirizzata a tutti gli eurodeputati, hanno richiesto che l’obbligo di assoggettare a valutazione d’impatto ambientale i progetti di idrocarburi non convenzionali dovesse essere sancito già dalla fase di presentazione dell’istanza da parte delle compagnie petrolifere e non solo a metà dell’iter procedurale, ovvero dalla perforazione del pozzo esplorativo -che nella modifica della Direttiva 2011/92/UE viene definita “esplorazione”- all’estrazione. Lo stesso vale per l’obbligatorietà -sempre in sede di presentazione dell’istanza- di allegare lo studio preliminare dello stato dell’acqua, dell’aria e del suolo ante operam. Sullo sfondo l’obiettivo principale resta quello di arrivare a una legge nazionale contro il fracking, alla richiesta di trasparenza e pubblicazione dei piani ingegneristici delle compagnie petrolifere, oggi secretati, ed alla definizione, con legge, delle aree marine e terrestri da tutelare.
Il rischio europeo. In Europa le riserve di gas non convenzionale sarebbero pari a 15mila miliardi di metri cubi di cui 2 mila miliardi stimati solo in Polonia. Oltre 760 miliardi da estrarre nell’immediato. Un potenziale di shale gas e tight gas che interesserebbe quasi tutti i Paesi dell’Unione. È quanto emerge da una prima lettura di una mappa diffusa dal magazine americano “Drilling Contractor”. Per l’Italia è evidenziata una vasta area di giacimenti ricadenti nella Pianura Padana, in regioni come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia.
Un quadro, questo, che giustifica l’accesa discussione in atto proprio tra gli Stati membri dell’Ue, che dovrebbero applicare la Direttiva così modificata quando questa diverrà legge.
Bulgaria e Lussemburgo sono contrari al fracking. La Francia ha deciso di vietare il fracking con una legge del 13 luglio 2011, sulla quale però il Consiglio costituzionale dovrebbe pronunciarsi domani (11 ottobre, ndr) su una sua presunta incostituzionalità. E proprio questa decisione -molto attesa non solo Oltralpe- potrebbe cambiare le carte in tavola. L’intervento del Consiglio costituzionale è stato richiesto dalla società Schuepbach Energy, secondo la quale “l’annullamento dei permessi di esplorazione è frutto di un’applicazione troppo rigorosa del principio di precauzione”.
Principio di Precauzione, più che legittimo, sulla quale si fondano proprio le ultime modifiche della Direttiva 2011/92/UE. In Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Austria e Svezia, invece, i progetti sono stati sospesi. In Germania, Romania, Irlanda, Repubblica Ceca e Danimarca si parla di moratoria.
In Italia, infine, in un clima di quasi totale disinteresse, il 18 settembre -su proposta del deputato di Sel, Filiberto Zaratti– la Commissione ambiente della Camera ha approvato una risoluzione “che esclude da subito ogni attività legata al fracking, cioè l’estrazione d’idrocarburi attraverso la fratturazione idraulica del sottosuolo”.
Un impegno per il Governo, al quale dovrebbero seguire i fatti. Anche se in merito al fracking le grandi associazioni ambientaliste come le reti di movimenti italiani continuano a sostenere che nel nostro Paese non c’è il rischio di trivellazioni con fratturazione idraulica, per lo sfruttamento di shale gas. E perciò non serve una legge nazionale, non impugnabile, che ne sancisca concretamente il divieto.