Opinioni
Non c’è pace senza economia di giustizia
In ogni conflitto esistono due fazioni, vittime e carnefici. C’è chi le armi le usa, chi le vende, chi fa affari, chi li procaccia; chi vuole il petrolio, chi lo vende, chi lo usa. Nessun “mercato” porterà pace e prosperità. Guerre "di religione" o "di civiltà" sono solo maschere, pretesti per fare affari.
Il commento del direttore di Altreconomia Pietro Raitano
Le pause estive -quant’è durata la vostra? due settimane, un mese?- sono fatte anche per restituirci il tempo di riflettere. Volgere lo sguardo alla nostra vita e a quella di chi ci sta intorno, e magari ci danno l’occasione di scegliere, pianificare.
A che cosa servono gli editoriali in una rivista? A fare il punto, focalizzare un tema, dare inizio a una sequenza di pensiero. Volevamo, in questo rientro dalla pausa estiva, concentrare le nostre attenzioni su due temi che riteniamo particolarmente importanti.
Il primo riguarda la “macchina burocratica”, e le dimensioni che questa ha assunto. Non si sarebbe trattato dell’ennesima lamentela sull’invadenza della “cosa pubblica”, quanto della riflessione sul suo carattere di quasi inamovibilità, sul livello di complessità raggiunto dalle amministrazioni, che rende la burocrazia un potere quasi del tutto indipendente da chi l’ha creato e lo dovrebbe governare. Nei libri di fantascienza si prospettava un futuro in cui macchine più intelligenti dell’uomo avrebbero preso il potere. Oggi il potere è in mano a ottusi conglomerati di prassi, protocolli e procedure, e a nulla sembrano servire buona volontà e onestà di funzionari e amministratori.
Avremmo poi voluto tornare sul tema dell’energia, ispirati dal fatto che mentre il mondo si interroga su come uscire dalla schiavitù delle fonti fossili e dalla minaccia dei cambiamenti climatici, mentre la multinazionale BP ricorda che ai ritmi attuali di consumo ci sono riserve di petrolio per soli 53 anni, mentre l’Unione europea pone vincoli importanti sull’efficienza energetica, il nostro presidente del Consiglio ripiomba nel Medioevo e si lamenta delle mancate trivellazioni in Italia, attaccando -con spregio dei diritti di cittadinanza e banale maleducazione- chi fa parte di “comitatini” (così li ha definiti) che si oppongono ai progetti di ricerca di greggio nel nostro territorio e nel nostro mare. E il suo esecutivo vara norme che ostacolano il comparto delle fonti rinnovabili, minacciando occupazione, sviluppo, indipendenza e provocando malumori anche all’estero.
Tuttavia, prima della pausa estiva, i nostri occhi si sono riempiti, una volta di più, delle immagini di morte e sofferenza provenienti da un angolo di mondo conosciuto come Striscia di Gaza.
Le nostre orecchie si sono anche riempite delle solite ipocrisie, che omettono di ricordare che in Palestina da decenni c’è un’occupazione inutilmente censurata e sanzionata dall’Onu, mentre le sopraffazioni quotidiane da parte dell’esercito israeliano sono sotto gli occhi di tutti, il numero di morti è sempre crescente, la strumentale risposta terroristica di gruppi armati arabi è sempre più irresponsabile. Chi non vuole riconoscere la realtà è perché non la vuole riconoscere: i morti sono morti, e i numeri non sono neutri. E chi ha ucciso vittime innocenti, come bambini su una spiaggia, o in una scuola delle Nazioni Unite, o in una casa a Tel Aviv, lo avrà fatto pure “per errore”, ma ben accettandone il rischio, confortato dal fatto che non sarà mai punito (e anzi da qualcuno ringraziato).
Non c’è solo Gaza, ovviamente. Il mondo è costellato di tragedie di cui ogni tanto ci occupiamo. Nonostante i 50 milioni di profughi -è una vera e propria nazione-, o gli 800 morti nel Mediterraneo da inizio 2014 che dalle guerre sfuggono, che potrebbero ricordarcelo ogni giorno. Siria, Ucraina, Repubblica Centrafricana: mettete un dito sulla cartina e scegliete.
Noi siamo qui a sbranarci e perdere tempo con le favole dello scontro di civiltà o della guerra di religione: tutte balle. La verità è che esistono solo due fazioni, nel mondo: le vittime -soprattutto donne e bambini- e i carnefici. E, tra questi ultimi, la lotta è per l’accaparramento di potere e soldi.
C’è chi le armi le usa, chi le vende, chi fa affari, chi li procaccia, chi vuole il petrolio, chi lo vende, chi lo usa. La verità è che nessun “mercato” porterà pace e prosperità. E non può esistere nessuna pace senza un’economia di giustizia.
Siamo tutti coinvolti, e non possiamo prenderci nessuna pausa.