Approfondimento
Erri De Luca sul processo che lo vede imputato per il sostegno ai No TAV
Alcune dichiarazioni del settembre 2013 fanno scattare per lo scrittore napoletano una denuncia da parte della società francese che realizza la Torino-Lione. L’accusa è "istigazione pubblica a commettere delitti" per aver detto che la TAV va sabotata. "Ma chi è davvero minacciato dall’incriminazione che mi è stata rivolta è l’articolo 21 della Costituzione. E se verrò condannato, non ricorrerò in appello".
Sulla vicenda il 14 gennaio esce "La parola contraria": la nostra intervista esclusiva
Nel settembre 2013, la LTF, ditta francese costruttrice della linea TAV Torino-Lione, annuncia una denuncia contro lo scrittore Erri De Luca, per le dichiarazioni rese all’Huffington Post Italia e all’Ansa. La denuncia viene effettivamente depositata il 10 settembre 2013 presso la Procura della Repubblica di Torino. “La Tav va sabotata”, aveva detto Erri De Luca. Il 5 giugno 2014 sì è svolta la prima udienza preliminare, a porte chiuse. Il 9 giugno 2014 viene stabilito il rinvio a giudizio, per il 28 gennaio 2015. L’accusa è di aver “pubblicamente istigato a commettere più delitti e contravvenzioni ai danni della società LTF sas”, come si legge nell’avviso di garanzia.
A due settimane dall’inizio del processo, il 14 gennaio 2015, uscirà in Italia e Francia un piccolo libretto di 64 pagine. Si intitola “La parola contraria”, è edito da Feltrinelli e costa 4 euro. È la “pubblica difesa” dello scrittore. Lo abbiamo intervistato.
Erri De Luca, quella in Val di Susa è una “lotta massicciamente diffamata e repressa”. Perché?
La Val di Susa è un caso unico per la resistenza che la vallata ha saputo opporre a una ‘grande’ opera. In altri territori le ruspe e le trivelle sono passate con più facilità. È un caso unico per la qualità della resistenza civile degli abitanti di questa valle. È una lotta di pura e legittima difesa, indispensabile in un Paese come l’Italia. Ma attenzione, non è una lotta di retroguardia, semmai di avanguardia. Gli abitanti della Val di Susa dimostrano e stabiliscono il diritto di sovranità delle popolazioni locali sulle risorse, sull’aria, sull’acqua, sulla salute. Le loro voci sono minacciate dalla strafottenza pubblica nei confronti della vita civile. È una lotta di lunga durata ormai: una lotta esemplare per quel che riguarda il Paese e l’Europa. Una volta archiviato il cantiere, credo che verrà studiata nei libri di scuola.
Riflettendo sulla “istigazione” di cui l’accusano, lei scrive: “Vorrei essere lo scrittore incontrato per caso, che ha mischiato le sue pagine ai nascenti sentimenti di giustizia che formano il carattere di un giovane cittadino. […] Istigare un sentimento di giustizia, che già esiste ma non ha ancora trovato le parole per dirlo e dunque riconoscerlo. […] Di fronte a questa istigazione cui aspiro, quella di cui sono incriminato è niente”.
Lo scrittore è una voce pubblica, che ha il compito di proteggere il diritto di tutti a esprimere la propria. Io mi considero un cittadino sia della Val di Susa sia di Lampedusa: posti nei quali la tenacia popolare ha smentito la diffamazione che è stata rivolta loro. I valsusini sono definiti ‘montanari’ contrari al treno e all’alta velocità, amanti forse del calesse. La verità è che difendono il loro territorio da quello che ho definito ‘stupro’, in una delle più intense e durevoli lotte di prevenzione popolare contro la distruzione. È quindi ovvio che non possano transigere, che non siano trattabili la vallata e la loro salute. Non possono cambiare la loro posizione. Possono solo essere deportati. Non si può transigere sul diritto ad abitare quel suolo.
Il processo cui va incontro è un processo sulla libera informazione e sulla libertà di parola.
Nel nostro Paese l’informazione è piuttosto compromessa. Io la chiamo informazione ‘embedded’, al seguito delle truppe, del bollettino di guerra degli stati maggiori. I giornali sono aziende la cui linea è dettata dal cda, dove i giornalisti sono impiegati.
La libertà di stampa si è ridotta a termini simili a quelli precedenti alla Seconda guerra mondiale. Solo che oggi siamo sotto la dittatura dell’economia. Anche i nostri rappresentanti politici sono stati scelti in base alle loro fortune economiche. La tradizione di idolatria dell’economia è recente.
Ma chi è davvero minacciato dall’incriminazione che mi è stata rivolta è l’articolo 21 della Costituzione. Le accuse nei miei confronti sono un tentativo di imporre il silenzio nei confronti degli altri. Nei miei confronti ovviamente non funziona.
Qui è in discussione la libertà di parola contraria. Finché è ossequiosa e rispettosa delle autorità e delle malefatte, la libertà di parola è sempre ben accetta. Quella contraria invece è sottoposta a giudizio o censura.
Ci sono montagne di documentazione che dimostrano, da anni, che la TAV in Val di Susa è inutile e dannosa. Allora perché tanti si ostinano a sostenerla, e lo Stato la considera un’opera “strategica”?
Si tratta di motivi di uniformità alle direttive economiche. Si tratta dei vantaggi delle imprese che devono realizzarla. Non la faranno mai, ma finché dura continueranno a lucrarci, anche a cantiere svuotato continueranno a guadagnarci. Un po’ come accade con il Ponte sullo stretto di Messina.
Sul fatto che sia strategica per lo Stato, registro che però io sono stato denunciato da una ditta privata. Sfido allora la pubblica autorità a costituirsi parte civile contro di me. Manca questo tassello a completare l’intimidazione. Non è detto che non lo facciano entro il 28 gennaio.
Tuttavia non si ritiene una vittima, né di aver subito un torto.
‘Vittima’ è una parola che mi dà fastidio. Io sono testimone di un abuso nei miei confronti e nei confronti di una comunità.
Se verrò condannato, non ricorrerò in appello -i miei avvocati sono ormai rassegnati-. I miei ragionamenti sono quelli contenuti nel libro: se non saranno sufficienti in primo grado non vedo il motivo per andarmi a cercare una seconda aula in cui ripetere gli stessi argomenti cercando migliore udienza. Se quello di cui sono accusato è un reato, allora mi dichiaro reo confesso e recidivo. Ho scelto anche di non cambiare tribunale (per incompatibilità ambientale, ndr), poiché per i processi No Tav non è mai stato fatto. La linea difensiva è svolgere il dibattimento il prima possibile, senza presentare obiezioni né testimoni.
Le mie sono parole che ho sempre pronunciato. Non era la prima né l’ultima volta che le pronunciavo: sono convinto della ragioni della Val di Susa. Per me prendere la parola a favore di una comunità è un dovere. Fa bene alla mia salute. Se mi censuro, censuro il mio vocabolario, mi danneggio. Le leggi dicono che potrei andare in carcere.
In questi mesi ha ricevuto molto sostegno. “I tempi cambiano”, scrive nel suo libro.
C’è stata molta solidarietà nei miei confronti a partire sin da giugno. Molte persone hanno letto in pubblico le mie pagine. È la cosa più bella che mi sia capitata in questa vicenda. Non si tratta di solidarietà sull’argomento, ma affetto nei confronti delle pagine scritte. È questa la mia linea difensiva: se ci sono dei precedenti di istigazione vanno cercati nella scrittura, non nella mia biografia. Io ho espresso una mia opinione, che è stata criminalizzata. Inoltre c’è stata la solidarietà degli editori, che hanno deciso per un prezzo così basso per il libro. Col resto ci si prende un caffè.