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Ambiente / Varie

TAP, la pietra dello scandalo

A maggio, con una cerimonia a Salonicco, si avviano i cantieri del gasdotto Trans Adriatic Pipeline, che attraversa Grecia ed Albania e arriva nel nostro Paese in Salento. Secondo Elena Gerebizza di Re:Common, tuttavia, per quanto riguarda l’Italia restano disattese ben 58 prescrizioni contenuti nella valutazione d’impatto ambientale dell’intervento, un investimento da oltre 45 miliardi di dollari che al momento sono senza copertura 

Maggio 2016: segnatevi la data, perché a Salonicco, in Grecia, verrà posata la prima pietra del gasdotto TAP, Trans Adriatic Pipeline, quello che attraverso la penisola ellenica, l’Albania e l’Adriatico dovrebbe portare fino in Italia il metano prodotto in Azerbaijan. La cerimonia è fissata, e questo è uno dei punti in evidenza nella “dichiarazione congiunta” che fa seguito al secondo incontro ministeriale del Southern Gas Corridor Advisory Council, che si è tenuto a Baku il 29 febbraio scorso. Si parla di corridoio perché il TAP fa parte di un sistema, con il “gemello” TANAP (Trans Anatolian Natural Gas Pipeline).

Tra le dodici firme in calce alla joint declaration c’è anche quella di Claudio De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sul sito del governo italiano, però, nessuna nota segnala la presenza dell’esecutivo all’incontro, in cui le parti hanno voluto riconoscere “il continuo supporto degli Stati Uniti d’America alla promozione del corridoio per il trasporto [del gas] dal Caspio all’Europa”. Digitando TAP sul sito del governo italiano si arriva al Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 62, del 29 aprile 2015, durante il quale il governo aveva garantito al progetto il “via libera”, segnalando come questo sarebbe avvenuto “nel pieno rispetto della tutela ambientale”. “Il progetto -segnalava l’esecutivo- sarà portato avanti nella totale osservanza di tutte le prescrizioni previste dalle amministrazioni intervenute nel procedimento, prevedendo anche le opportune misure per massimizzare le ricadute positive sull’economia del territorio e sulle attività tipiche locali”.

“In Italia rimangono pendenti le 58 prescrizioni alla valutazione d’impatto ambientale, buona parte ante operam, che ancora sono da implementare dal settembre 2014” sottolinea Elena Gerebizza, di Re:Common. Che aggiunge: “Gli enti locali coinvolti”, ovvero alcuni Comuni della costa salentina, oltre alla Regione Puglia, “sono ancora in attesa di vedere il progetto esecutivo”. Prima di poggiare la prima pietra, c’è poi da risolvere un problema di natura finanziaria, sottolinea Gerebizza: “Il consorzio Trans Adriatic Pipeline AG, registrato a Baar, in Svizzera, è una società a responsabilità limitata che avrebbe chiesto un prestito di 2 miliardi di euro alla Banca europea per gli investimenti. La richiesta non è ancora stata discussa dal board delle banca: esistono tuttavia dubbi sostanziali sulla capacità reale di ripagare il prestito visto il contesto internazionale, con il prezzo del petrolio ai minimi almeno per tutto il 2016”. Secondo Gerebizza, inoltre, i “dati economici e i consumi di gas ci dicono che questo progetto non serve, che i quantitativi di gas che porterà in Europea sono irrisori e non sposteranno gli equilibri di dipendenza dalla Russia”. Il costo stimato per la realizzazione dell’intervento è pari a 45 miliardi di dollari, quindi -concludere Gerebizza- “secondo noi la scelta europea di dare pieno sostegno a questo progetto rappresenta una forzatura”.  

A inizio marzo Trans Adriatic Pipeline AG ha annunciato di aver assegnato i contratti di ingegneria, fornitura e costruzione (EPC) per la posa di circa 760 chilometri di gasdotto in Grecia e in Albania, con tubi del diametro di 48 pollici (1,2 metri). Tra le imprese impegnate sui cantieri ci sarà anche l’italiana Bonatti spa, la stessa per cui lavoravano i due tecnici uccisi in Libia nei giorni scorsi.

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