Ambiente
Quando in Brasile si parla messicano
C’è la corsa del Governo brasiliano al documento di mediazione. I maligni dicono più per avere qualcosa da portare al G20 messicano che non per chiudere in bellezza la maratona carioca. Ma queste ore di discussioni intensive delineano una cornice ai più conosciuta: la Governance mondiale è qualcosa che va ripensato. Il rischio che club di pochi decidano per tutti, alla faccia del multilateralismo, è oramai più di una banale preoccupazione.
Si dice Rio de Janerio ma si pensa a Los Cabos, Baja California. E’ come se l’attenzione del mondo si fosse lentamente spostata dall’Oceano Atlantico a quello Pacifico, perchè se in Brasile si parla di sostenibilità e di ambiente, in Messico chi discute e si confronta sono i Paesi del G20.
Nonostante l’inconcludenza dei vertici passati, basterebbe pensare allo scorso vertice di Cannes che verrà ricordato più per l’inizio della fine del Governo Berlusconi che non per l’incisività dell’allora presidenza Sarkozy, chi tira la volata è oggi è il club dei vecchi e nuovi privilegiati, non certo una Conferenza delle Nazioni Unite che tenta, a volte disperatamente e a volte colpevolmente, di tenere in piedi un percorso multilaterale sulla sostenibilità sociale ed ambientale dello sviluppo.
Voci di corridoio malignano che il testo di mediazione del Brasile, già uscito nei giorni passati ed in via di ridefinizione in queste ore, sia più legato all’esigenza della Presidenza brasiliana di arrivare con qualcosa in mano al G20 messicano che sti sta svolgendo in questi giorni più che alla necessità di uscire con qualcosa di sostenibile dal Convention Center di Riocentro. Un documento dimagrito, da ottanta pagine a poco più di cinquanta, che fa il paio con il dimagrimento delle speranze delle decine di migliaia di delegati che fanno la spola ogni giorno, per due ore, tra la città ed il centro conferenze.
Malignità a parte, le assenze dichiarate di importanti Capi di stato peseranno, e non poco, su questo revival finora poco riuscito del grande evento del 1992. Barack Obama starà distante dall’atmosfera carioca, lo stesso faranno la Merkel, Cameron e lo stesso Monti. Troppo cupa la situazione in Europa, la Carrefour che svende i propri supermercati al partner locale è un ottimo esempio dell’aria pesante del vecchio continente, troppo agitati i mercati mondiali e troppo flebile la ripresa economica per pensare al futuro del pianeta. In questo caso la logica del "too big too fail" utilizzata per le grandi banche rischia di non valere.
Parallelamente ai negoziati ufficiali, sono continuati oggi i lavori alla Cupula dos Povos, il vertice della società civile che si riunisce nel quartiere Flamengo, in uno dei parchi più centrali della città. Tra le varie iniziative che si sono svolte stamattina c’è stato il workshop "EU in the multidimensional crisis, green economy to deapen the ecological ruin and financial capitalism. Let’s fight EU’s greedy economy!", promosso da diverse organizzazioni internazionali tra cui le italiane Fairwatch e Crbm. L’obiettivo è stato fare il punto della situazione nel vecchio continente, dove a fianco della retorica sulla sostenibilità ambientale e sociale la Commissione Europea sta mettendo in atto un’agenda piuttosto aggressiva, in particolare sulla parte commerciale (basterebbe pensare alla strategia Global Europe lanciata nel 2007 e focalizzata sulla penetrazione dei mercati, sugli investimenti e sulla ricerca attiva di materie prime). A fianco di una linea pro-mercato, quello che sta crescendo in Europa è il ruolo del privato, a cominciare da Business Europe, la lobby delle maggiori imprese made in UE, che trovano sempre maggiore spazio nella determinare le politiche dell’Unione.
Il workshop, e simbolicamente tutto il controvertice, rimandano alle piazze messicane e alle azioni che la società civile sta mettendo in atto per contrastare l’agenda del G20.
Tra le varie posizioni in campo c’è Our World Is Not For Sale, uno dei maggiori network di movimento sui temi dell’economia e del commercio internazionale, che ha appena diffuso un documento chiedendo ai Governi un cambiamento radicale del sistema e non una riproposizione delle vecchie ricette, a cominciare da quella delle liberalizzazioni commerciali tanto care alla Wto.
Perchè si sta a Rio pensando al Messico, ma con un occhio di riguardo per le stanze ginevrine.