Ambiente
Reggio Calabria non vuole la centrale a carbone
Tre calabresi su cinque sono contrati alla realizzazione dell’impianto di "Saline Joniche". È il risultato di un sondaggio commissionato all’Ispo dalla sezione svizzera del Wwf. È elvetica, infatti, l’impresa che intende sviluppare il progetto, che si chiama Repower
Il 61% dei cittadini calabresi è contrario alla realizzazione della centrale termoelettrica a carbone di località “Saline Joniche”, ricadente nel comune di Montebello Jonico. A renderlo noto è il Wwf Svizzera, committente di uno specifico sondaggio stilato dall’istituto di ricerca Ispo. Gli intervistati -tutti residenti nel reggino- pensano, nel 65% dei casi, che il progetto porterà danni a salute e ambiente, arrecando gravi implicazioni per il paesaggio e le coste della Calabria. Alla luce di questo dato estremamente significativo, i vertici del Wwf Italia chiedono l’immediata sospensione del progetto da 1320 MWe che, dal 2006 ad oggi -tra richieste di integrazioni e perfezionamento della documentazione del proponente- ha incassato, dal ministero dell’Ambiente, parere positivo di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Si prospetta, così, un braccio di ferro serrato tra i cittadini e le associazioni contrarie e la Sei spa, affiliata della svizzera Repower, pronta ad investire oltre un miliardo di euro. L’investimento, intorno al quale ruotano gli interessi di Hera spa, Foster Wheeler Italiana spa e Apri Sviluppo spa, è importante. E oltre all’alimentazione a carbone, che arriverà in Calabria via mare, è prevista una seconda linea, progettata per bruciare biomassa. Forse per giustificare fino in fondo un investimento in controtendenza con gli impegni assunti dal governo italiano in materia di riduzione delle emissioni, come richiesto dal protocollo di Kyoto. Inoltre, l’obiettivo della Saline energie joniche, sarebbe quello di catturare l’anidride carbonica emessa dalla centrale, grazie al sistema “Carbon capture and storage”. Peccato che questa tecnologia, ancora in una fase sperimentale, non sarà disponibile nel nostro Paese prima del 2025. Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia ribadisce proprio questo concetto, sostenendo che “la popolazione calabrese si è dimostrata molto più avanti di chi crede che il carbone abbia ancora un futuro come fonte di energia, e ha detto chiaramente di voler tutelare il clima globale, le proprie coste e la salute dell’ambiente e dei cittadini[…]. La vera sfida -continua Midulla- è puntare su un modello energetico centrato sul risparmio, l’efficienza e le fonti rinnovabili”. È quello che in sostanza pensa da tempo un coordinamento di associazioni dell’area grecanica fondato nel 2007, proprio in seguito all’avanzare del progetto della centrale di Saline Joniche nell’area della ex Liquichimica, mai decollata ed ora abbandonata. Negli anni Settanta, lo Stato ha erogato finanziamenti per oltre 300 milioni di vecchie lire per uno sviluppo industriale che non c’è mai stato. Le critiche toccano anche l’aspetto occupazionale. Dei 300 posti di lavoro annunciati, probabilmente, potrebbero aprirsi opportunità per poco meno della metà. Ma tutto deve andare per il verso giusto. “Nell’area grecanica -precisano gli attività del locale comitato ‘no al carbone’- lo scenario socio-produttivo non è né di addetti chimici, né di risorse estrattive, né di sistemi infrastrutturali di grande distribuzione e trasformazione. Paesaggio e sistemi naturali sono caratterizzati da un giusto rapporto tra cittadini insediati, suolo, aria, luce e clima. Manca una capacità produttiva che va cercata nelle risorse presenti”. Un destino comune a molte aree industriali italiane oggetto di paventate riconversioni, ancora in attesa di una bonifica definitiva e pericolose per l’ambiente circostante. Su 57 aree industriali in attesa di bonifica -perimetrate dal ministero dell’Ambiente- 28 insistono minacciano le coste ed il mare italiano. Da Nord a Sud. Vale per Porto Marghera, così come per le Saline Joniche, dove insistono vincoli archeologici e paesaggistici e siti di interesse comunitario.