Ambiente
Quando la rondine non fa più primavera
I cambiamenti climatici stanno modificando il comportamento dei volatili, e in particolare la vita degli uccelli migratori. Una ricerca dell’Università del North Carolina, pubblicata dalla Public Library of Science, analizza la correlazione tra "tempi di spostamento" ed "aumento della temperatura terrestre"
La "complessità" è la caratteristica sostanziale dei sistemi viventi, ma è un elemento che è stato messo in cantina da approcci forse troppo riduzionistici, come se la causa e l’effetto di un’azione potessero essere spiegati in modo immediato.
Oggi il gioco di equilibri su cui si sono costruiti gli ecosistemi (una cosa "complessa") sta scricchiolando sotto il peso del cambiamento climatico. Fenomeni secolari si stanno modificando con conseguenze che, ad oggi, sono ancora imprevedibili.
Con una pubblicazione su PLoS (Public Library of Science) del 22 febbraio scorso un gruppo di ricerca dell’Università del North Carolina ha scoperto una correlazione diretta tra aumento della temperatura media ed effetto sulle rotte dei migratori.
Utilizzando eBird, un database specifico che raccoglie più di 10 anni di osservazioni di birdwatchers amatoriali (si tratta di 48 milioni di osservazioni da parte di oltre 35mila partecipanti), il team di ricerca coordinato dal professor Allen Hurlbert ha analizzato il comportamento migratorio di 18 specie diverse.
"Il periodo della migrazione degli uccelli è qualcosa di critico per la sopravvivenza delle specie -ha dichiarato Hurlbert-. Devono calcolarlo in modo corretto così da calcolare il loro arrivo su terreni su cui cibarsi senza il rischio di trovarsi in condizioni invernali ancora severe. Se sbagliano, potrebbero morire o non riprodursi. Un cambio nella migrazione potrebbe contribuire al declino della popolazione, mettendo molte specie a rischio di estinzione".
Lo studio di Hurlbert ha coperto tutta la zona del costa orientale degli Stati Uniti d’America, e i dati sui migratori sono stati integrati con le variazioni nella temperatura media. Il risultato è che ogni specie considerata raggiunge i propri luoghi dove "fare tappa" 0,8 giorni in anticipo per ogni grado Celsius di incremento di temperatura. Alcune specie, in particolare, hanno mostrato accelerazioni negli spostamenti da 3 a sei giorni per ogni grado d’incremento della temperatura, e differenti tipi di adattamento alle modificate condizioni -a seconda che si tratti di migratori lenti o veloci-.
Ma la connessione stretta tra condizioni ambientali, migrazioni e disponibilità di cibo rischia di essere delicata se le proiezioni dei climatologi per i prossimi 50 anni si avvereranno, prefigurando un futuro in cui l’area Nord-orientale degli Stati Uniti d’America continuerà a scaldarsi più velocemente di quella Sud-orientale, portando a modifiche sostanziali nelle rotte migratorie.
Il testo completo della pubblicazione su PLoS