Opinioni
17 aprile, un nuovo inizio
"Il referendum di domenica sulle trivellazioni in mare per gas e petrolio è una piccola ma significativa prova generale per far crescere il nostro pensiero ambientale e per far crescere la nostra coscienza collettiva su questo tema". Il commento di Paolo Pileri, professore associato di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano
Purtroppo nella narrazione prevale la paura. Vuoi quella dell’incubo sotteso di non poter più prendere l’auto perché si chiudono anzitempo i rubinetti di una ventina di piattaforme. Vuoi quello dei posti di lavoro che qui vengono artatamente utilizzati, ma altrove dimenticati (quanti posti di lavoro si bruciano in agricoltura quando si costruiscono inutili strade e autostrade? Quanto lavoro di qualità si potrebbe generare recuperando il nostro patrimonio artistico? Quanto lavoro in più nel settore delle rinnovabili?).
Il rischio di incidente petrolifero è pregiudizialmente non considerato perché, si dice, senza provarlo, che non può accadere e che comunque le navi cariche di greggio in arrivo nei porti sono ben più pericolose (beh, ma allora perché non provvedete comunque visto che ne arrivano a migliaia già oggi?). E via di questo passo lavorando solo su alcuni selezionati argomenti.
Il pensiero ambientale non è solo riducibile al rimedio tecnologico, ma è proprio un pilastro di quello che dovrebbe essere il pensiero politico di oggi (del post-modernismo) basato sul rapporto tra uomo e natura, facendo di questo rapporto il riferimento culturale prioritario per la società. Dire "Sì", significa sostanzialmente dare uno strattone al conducente per fargli cambiare direzione generale. Significa dirgli che siamo stufi dell’economia del petrolio, di tutti i suoi derivati e soprattutto dell’ideologia a cui continua ad abituarci. Significa che non vogliamo che in questo Paese ci siano investimenti tanto in rinnovabili quanto in petrolio, ma solo nelle prime e, dico di più, che vi sia investimento serio e robusto ad esempio nella cultura del risparmio energetico e non solo nel risparmio energetico. La differenza non è banale. Significa che non basta dire agli italiani di cambiare lampadine, ma occorre un progetto culturale che gli fornisca quegli strumenti di senso che modificano il loro stile di vita e le loro scelte pratiche e politiche, rendendoli felicemente convinti di ciò. Significa chiedere ai governi di oggi e domani di essere molto più determinati a sostenere l’interesse ambientale in generale, il quale, lo sappiamo, non coincide affatto con quello dell’economia del profitto TSPT (Tanto, Subito, per Pochi ma a spese di Tutti). Significa smettere di precarizzare sistematicamente l’opzione ambiente.
Qualcuno dirà, come sempre in queste occasioni: “Lassù hanno un’altra cultura”. È vero. Ma è vero anche che la cultura non nasce dal caso (anche, a volte) ma dalle buone intenzioni e dall’ostinazione di andare in una certa direzione (nel bene o nel male, ahimè). Noi verso quale direzione vogliamo puntare? Cosa aspettiamo a cambiare mentalità? Se siamo indietro, culturalmente parlando, dobbiamo affrettarci e non sbagliare mosse.
Di questo abbiamo sicuramente bisogno, come pure abbiamo bisogno che la nostra transizione ecologica abbia una data da cui iniziare.