Ambiente / Opinioni
Una favola Pedemontana: c’era una volta l’Expo…
Il 9 aprile potrebbero chiudere i cantieri della Pedemontana. Una forma di pressione per ottenere gli sgravi fiscali per 400 milioni di euro promessi dal governo. Risorse fondamentali per realizzare in tempo per il maggio 2015 una fantamatica "variante" necessaria all’Esposizione universale. Variante che non esiste
Mercoledì 9 aprile i cantieri aperti per la costruzione dell’autostrada Pedemontana lombarda -quella che dovrebbe collegare Bergamo a Malpensa- potrebbero essere chiusi. Una decisione che non è, però, frutto della scelta di fermare definitivamente l’opera: il concedente -CAL spa, società partecipata dall’ANAS e da Regione Lombardia attraverso Infrastrutture Lombarde, oggetto di una recente indagine della Procura di Milano, culminato con alcuni arresti-, e il concessionario -una società partecipata da Milano Serravalle, Equiter S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A. e UBI Banca S.p.A.– non sono consapevoli né interessati alle criticità sociali ed ambientali dell’infrastruttura.
Lo stop è infatti una forma di pressione fatta “nel nome di Expo”, l’Esposizione universale che si dovrebbe aprire a Milano il 1° maggio del 2015.
Il messaggio, infatti, è diretto al governo, e in particolare al lombardo ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi: a lui, Pedemontana Lombarda -insieme al presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni- chiedoe di approvare a breve al progetto Pedemontana le misure legate alla “defiscalizzazione” delle grandi opere, garantendo un risparmio di circa 400 milioni di euro su un valore totale dell’investimento che dovrebbe superare i 5 miliardi. La riunione decisiva del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) dovrebbe tenersi all’inizio della prossima settimana.
Una nota del cda di Pedemontana Lombarda spiega che i cantieri chiuderanno se mercoledì prossimo non si saranno “verificate le seguenti condizioni: proroga del finanziamento ponte di 200 milioni al 30 giugno 2014 con conseguente erogazione dei contributi pubblici già deliberati e di quelli che verranno a maturazione entro tale data e finanziamento soci di 38 milioni necessario per coprire le esigenze finanziarie fino al 30 giugno”. In pratica, si reclamano risorse pubbliche a sostegno di un’opera che avrebbe dovuto contare su un importante finanziamento da parte di soggetti privati, soldi che non sono mai arrivati. Il cda del gruppo autostradale -continua l’Ansa- aggiunge che ‘”le Banche del pool hanno rifiutato di eseguire un finanziamento project di euro 400 milioni a favore di Pedemontana, finalizzato alla realizzazione della ‘variante Expo’; che allo stato, nonostante le promesse più volte espresse dal Governo, il Piano economico finanziario di Pedemontana non è ancora stato approvato dal Cipe; che ad oggi non è stata ancora assicurata la provvista finanziaria di circa 170 milioni, necessaria, unitamente all’incremento del contributo pubblico dal 35% all’80% anche sulla tratta B1, come da lettera Cal del 7 marzo 2014, per ultimare la ‘variante Expo’ entro il 30 aprile 2015”. Giusto un giorno prima dell’inaugurazione (prevista) dell’Esposizione universale.
Per chi ha memoria corta, però, è bene ricordare che non è la prima volta che la Pedemontana resta a secco, e minaccia la chiusura dei cantieri. Era già successo nella primavera del 2013 (qui su Altreconomia 147), e anche in quell’occasione fu un prestito ponte garantito dalle banche a permettere l’avanzamento dei lavori. Mancava (e manca tutt’ora) il closing finanziario, ovvero l’individuazione di un gruppo di istituti di credito che “scommettano” sulla bontà del progetto nel lungo periodo, garantendo un finanziamento di lungo termine.
Ed è utile, anche, porre l’accento su un altro aspetto: la fantomatica “variante Expo” non esiste, e la locuzione non era mai stata battuta da un’agenzia prima di due giorni fa. La tratta B1 della Pedemontana, quella tra Lomazzo e la Milano-Meda, non è in alcun modo collegata al sito Expo, e non ha alcuna funzionalità rispetto all’Esposizione universale.
Come spieghiamo su Altreconomia 159, nel servizio dedicato all’“Expo che mangia la terra”, la realizzazione completa della Pedemontana mangerà 550 ettari di suoli agricoli, naturali o verdi in cinque province lombarde (Milano, Monza e Brianza, Como, Varese e Bergamo). Fermarla adesso -come chiede una petizione promossa, tra gli altri, dalla Lista civica italiana- permetterebbe di risparmiarne una parte.