Ambiente
Se la discarica lascia il posto al cementificio
L’impanto di Bussi sul Tirino (Val Pescara) dovrebbe sorgere dopo la bonifica della più grande discarica illegale di rifiuti tossici d’Europa. Il progetto è del gruppo Toto, che riceverebbe finanziamenti pubblici per installare l’impianto. Se ne è discusso il 25 novembre in un convegno promosso dal Partito democratico. Altreconomia torna sui progetti infrastrutturali in Abruzzo sul numero di dicembre, in distribuzione dalla prossima settimana
“Il rilancio economico della Val Pescara a partire dal polo industriale di Bussi sul Tirino: ‘Dalle parole ai fatti’” è il titolo dell’incontro pubblico in programma il 25 novembre nel comune abruzzese, dov’è nel 2007 è stata localizzata -grazie a segnalazioni del Wwf- la più grande discarica illegale di rifiuti tossici, su terreni ex Montedison.
All’incontro pubblico, promosso dal circolo locale del Partito democratico, partecipano Cgil, Cisl e Uil, l’assessore regionale alle Attività produttive, il presidente dell’Unione industriali di Pescara e Giampiero Leombroni, direttore nuove iniziative per il gruppo Toto. A concludere l’incontro sarà il senatore Giovanni Legnini, che al telefono spiega: “Il Comune [di Bussi sul Tirino, ndr] ha fatto un bando, e ad oggi c’è solo una manifestazione d’interesse, da parte del gruppo Toto, che lì vorrebbe realizzare attività credo molteplici, accessorie alla sua attività principale che è quella di grandi costruzioni, realizzazione di infrastrutture”. L’iniziativa industriale, come scrivemmo qualche mese fa, è figlia di una decisione del governo Berlusconi, che con il decreto milleproroghe 2011 ha stanziato 50 milioni di euro per il triennio 2011-2013 a favore delle “opere e gli interventi di bonifica e messa in sicurezza[, che] dovranno essere prioritariamente attuati sulle aree industriali dismesse e siti limitrofi, al fine di consentirne la reindustrializzazione”. I fondi sono stati pescati tra quelli stanziati per la ricostruzione del tessuto economico e sociale della città de L’Aquila.
“C’è un’esigenza di bonifica che è di prioritaria rilevanza -nota Legnini-: i veleni che sono depositati su quel sito sono quantitativamente enormi, e anche pericolosi. Sulla base di ciò che sto affermando, se alla bonifica si abbina la re-industrializzazione è meglio, anche in termini di costi-opportunità”.
In merito alla situazione del mercato del cemento, che ha visto la domanda crollare di un terzo negli ultimi tre anni, e che rende improbabile l’avvio di un nuovo opificio, Legnini spiega che “non parliamo di un cementificio e basta, ma di una pluralità di attività. Inoltre per chi è concessionario di un’autostrada (l’A24 e l’A25, ndr), affidatario di grandi lavori (tramite Toto Costruzioni Generali spa, ndr), avere una sua produzione per le proprie opere già assorbe una quota di mercato”.
Legnini, originario di Roccamontepiano, in provincia di Chieti, ritiene comunque che “combinare un’opera di disinquinamento con investimenti importanti di un gruppo che ha sede a livello locale per noi è significa coniugare varie esigenze. In una condizione normale, a livello occupazionale e territoriale, accogliere un cementificio non è il massimo delle aspettative. Lì, invece, questo consente di disinquinare rapidamente, di creare occupazione in una condizione di crisi drammatica, di attivare investimenti. Questo spiega perché le amministrazioni locali accolgono favorevolmente il progetto”.
Chi non è d’accordo (e porterà questa posizione nell’assemblea pubblica del 25 novembre) sono gli studenti dell’associazione studentesca 360 gradi, che lavorano sui siti inquinati insieme con il Wwf e che a Pescara hanno recentemente realizzato un workshop su “Il caso Bussi: dossier sulla terra dei veleni”. Su uno degli elaborati scrivono: “Dopo 4 anni dalla scoperta della discarica la bonifica non è stata ancora iniziata, il sito si trova ancora nello stato di messa in sicurezza. Intanto avanza la proposta della realizzazione di un cementificio da parte del gruppo Toto. È possibile una soluzione diversa”. La risposta è sì, a patto che il Paese e la legge (a partire dall’articolo 12 del “collegato verde” alla Finanziaria del 2002) smettano di considerare i siti inquinati solo opportunità urbanistiche e finanziarie, per riportare al centro la fondamentale questione della tutela della salute dei cittadini.