Ambiente
Se Iren è diventata un bancomat
Quotata in Borsa, la multi-utility è stata utilizzata dai Comuni di Torino e Genova per estrarre liquidità, sfruttando la Finanziaria Sviluppo Utilities (FSU) srl, attraverso la quale i due enti detengono la propria partecipazione. Lo spiega un dossier (in allegato) del Comitato acqua pubblica Torino, anticipato da Altreconomia di dicembre, presentato alla stampa a Torino venerdì 7 dicembre
Finanziaria Sviluppo Utilities (FSU) è una holding controllata dai Comuni di Genova e Torino. Detiene le partecipazioni dei due enti locali nella società quotata Iren. È un veicolo finanziario, semplicemente. Ma da un’analisi incrociata dei bilanci della Finanziaria e della società quotata Iren (e prima ancora di Iride), il Comitato acqua pubblica di Torino ha evidenziato che la società operativa Iride/Iren è stata utilizzata come un bancomat dal quale estrarre liquidità, anche a costo di intaccare le riserve patrimoniali, gettando le basi per la crisi finanziaria nella quale attualmente versa.
I Consigli Comunali di Torino e Genova, che rappresentano gli effettivi proprietari della partecipazione, sono di fatto rimasti all’oscuro: una sostanziale perdita di controllo democratico sulla gestione di attività fondamentali a servizio del territorio. Una dinamica che, a Torino, è resa ancor più pericolosa dalla situazione finanziaria del Comune di Torino, su cui grava -come ricostruiamo sul numero di dicembre di Altreconomia, nell’articolo "Torino non ha buone carte"– la spada di Damocle del dissesto, che potrebbe essere deciso dalla Corte dei Conti qualora la società non riesca a completare, entro fine 2012, l’alienazione delle proprie partecipazioni in 4 società "strategiche" (Gtt, Amiat, Trm, Sagat), che gestiscono però servizi pubblici locali (dal trasporto pubblico locale all’igiene urbana). Operazioni su cui pende un ricorso al Tar, presentato da alcuni cittadini torinesi, che fanno parte del Comitato acqua pubblica.
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La storia della Finanziaria Sviluppo Utilities srl (FSU)
FSU è la società individuata dai Comuni di Genova e Torino quale veicolo finanziario per gestire la partecipazione da essi detenuta in Iride prima e Iren poi, la società multiservizi del Nord Ovest.
La sua vicenda è emblematica per capire qual è la reale portata delle operazioni di trasformazione delle vecchie aziende municipalizzate di gestione dei servizi pubblici in società per azioni quotate in borsa, non più regolate dal diritto pubblico.
Emblematica ed importante per evidenziare che la ricetta neoliberista per risanare i bilanci pubblici attraverso la vendita (svendita) del patrimonio pubblico produce per i cittadini piatti avvelenati.
A Torino la vicenda prende avvio nel 1997 con la trasformazione dell’Azienda Energetica Municipale, AEM, da azienda municipalizzata in società per azioni. Ciò anche sulla base degli incentivi legislativi che lasciavano presupporre dall’operazione vantaggi fiscali, rivelatisi poi infondati.
Nel 2000 AEM Spa viene quotata in Borsa. Pur mantenendo il Comune una netta maggioranza del capitale (69% ca.), il fatto che ad esso si affianchi un azionariato diffuso, tra cui banche, fondi di investimento e fondi pensione, fa si che il Comune, snaturando gradualmente il suo ruolo di gestore di un servizio pubblico, divenga “azionista”, cioè portatore di interessi in contrapposizione con quello pubblico.
Con la nascita di Iride Spa, multiservizi del Nord Ovest risultante dalla fusione di AEM con AMGA, società genovese con identica storia, si rafforzano le caratteristiche di azionista del Comune. Iride infatti intende “competere” a tutto tondo sul mercato energetico nazionale.
Quindi, si determina l’abbandono di quel legame con il territorio di appartenenza che era caratteristica fondamentale delle due società originarie.
FSU nasce proprio in questo contesto e con l’unico scopo di gestire la partecipazione Iride incassandone i dividendi e distribuendoli ai due Comuni azionisti.
Vale la pena sottolineare che sin dalla sua costituzione, il contenitore FSU già si indebitava, con il Gruppo Intesa Sanpaolo, per circa €230 milioni per acquistare, dal Comune di Torino, parte delle azioni di AEM.
Come ha utilizzato queste somme l’amministrazione comunale torinese?
Con FSU si crea, di fatto, un cuscinetto tra la società operativa e i Comuni.
Essendo FSU l’azionista di riferimento di Iride contribuisce a cancellare la responsabilità politica di gestione del patrimonio pubblico, trasformandola in responsabilità “tecnica” degli amministratori di Iride e, appunto, di FSU.
Con l’accordo del 2010 tra Iride e Enia, analoga società i cui principali azionisti sono i comuni di Reggio Emilia, Parma, Piacenza, l’operazione multiservizi del Nord Ovest viene rafforzata. Nasce infatti Iren, uno dei principali operatori italiani nei settori dell’energia elettrica, del gas, del teleriscaldamento, dei servizi idrici, energetici e ambientali.
Le accresciute dimensioni rendono ancora più evidenti le criticità sopra esposte, in termini di svuotamento del ruolo dei Comuni nella gestione di quello che ormai ha sempre meno le caratteristiche del servizio e sempre più quelle di attività dalla quale estrarre un valore finanziario.
A questo riguardo è illuminante la gestione che gli amministratori di FSU hanno fatto della partecipazione Iride/Iren. Nonostante la progressiva perdita di valore di quest’ultima rispetto al costo sostenuto, fino al 2010 gli amministratori di FSU mantengono il valore di carico, 831 milioni, basandosi sulla quotazione di Borsa del titolo.
Nel bilancio 2011, a seguito di una perizia richiesta a Deloitte che stima il valore dell’azione Iren compreso tra €1,28 e €1,36, viene effettuata la svalutazione assumendo il valore di €1,35, per un totale di € 257 milioni, determinando quindi una perdita di esercizio di 259 milioni. Ma, la quotazione del titolo Iren ha continuato a scendere: a dicembre 2011 non raggiungeva gli €0,8 e a giugno 2012, data di approvazione del bilancio 2011, era prossima agli €0,5, quotazione che sostanzialmente mantiene a fine ottobre.
Nonostante la ben nota e prolungata fase di crisi dei mercati finanziari, in questi anni gli amministratori FSU non hanno ritenuto di procedere alla creazione di accantonamenti a fronte del concreto rischio di svalutazione della partecipazione.
Gli utili di FSU derivano dai dividendi assegnati da Iren.
È fondamentale evidenziare che questi dividendi sono stati erogati assorbendo totalmente gli utili prodotti da Iren stessa, anzi, intaccando spesso le riserve.
La politica di bilancio di FSU ha consentito di garantire un costante flusso di dividendi ai comuni azionisti, che non si sarebbero potuti erogare se fossero stati disposti prudenziali e progressivi accantonamenti in conto economico.
Questa strategia ha dei risvolti particolarmente gravi:
– gli amministratori di FSU, pur operando negli ambiti previsti dalla legge, hanno dato prova di una pessima gestione societaria, mantenendo inalterato il valore della partecipazione in Iride/Iren nonostante la progressiva perdita di valore e senza provvedere agli opportuni accantonamenti;
– la società operativa Iride/Iren è stata utilizzata come un bancomat dal quale estrarre liquidità, anche a costo di intaccare le riserve patrimoniali, gettando le basi per la crisi finanziaria nella quale attualmente versa;
– i Consigli Comunali, che rappresentano gli effettivi proprietari della partecipazione, sono di fatto rimasti all’oscuro di quanto stava avvenendo, determinando quindi la sostanziale perdita di controllo democratico sulla gestione di attività fondamentali al servizio del territorio.
Ancora, FSU pur non svolgendo alcuna attività di produzione di beni o servizi, è un “contenitore” che ha dei costi non indifferenti, rappresentati prevalentemente da compensi agli amministratori, al collegio sindacale, alla società di revisione mentre la fornitura di servizi aziendali (contabilità, amministrazione etc.) è resa, guarda caso, da Iren.. Complessivamente, i costi ammontano a ben €4.6 milioni. A questi vanno aggiunti gli oneri relativi al finanziamento contratto con Intesa S. Paolo, che nello stesso periodo sono stati pari a circa €35 milioni ai quali vanno aggiunti altri 9 milioni su contratto derivato a copertura rischio di tasso stipulato con Goldman Sachs.
In sostanza, sono stati generati costi improduttivi salvo che per le banche con le quali FSU si è indebitata e salvo che per i componenti dei suoi organi societari, che percepiscono significativi compensi. Va notato, inoltre, che i nominativi di questi ultimi, in alcuni casi ricorrono nei consigli di amministrazione di altre società o fondazioni bancarie.
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