Ambiente
Roma è sul mercato: dal Senato sì all’emendamento Lanzillotta
È passato, al Senato, l’emendamento al decreto "Salva Roma" firmato dalla senatrice di Scelta Civica: obbligherà il Comune a mettere sul mercato il trasporto pubblico locale e l’igiene urbana. Verrebbe meno una delle prerogative all’esistenza di un ente locale, che è quella di erogare servizi e garantirne l’accesso ai propri cittadini. La parola ora alla Camera, che potrebbe votare già tra sabato e domenica. Intanto i movimenti romani che ne chiedono il ritiro lunedì saranno dalle 16 a piazza Montecitorio
Ha superato il voto dell’assemblea del Senato l’emendamento ad hoc dedicato al Comune di Roma (o a Roma Capitale) -e già approvato in commissione Bilancio-. È un documento esemplare, perché presuppone la scomparsa di una città, cioè la cancellazione delle prerogative di una pubblica amministrazione, che è quella di erogare servizi e garantirne l’accesso ai propri cittadini.
L’emendamento vede come prima firmataria Linda Lanzillotta (senatrice di Scelta civica), già assessore al Bilancio della città di Roma (negli anni Novanta), e in quella veste responsabile della parziale privatizzazione di Acea, la multiutility che si occupa di servizio idrico integrato ed energia elettrica.
Il testo -che emenda la legge definita “Salva Roma”- impone al Comune di Roma, “contestualmente o successivamente all’approvazione del bilancio di previsione per il 2014”, di adottare “specifiche delibere volte a:
1) estendere l’applicazione dei vincoli del patto di stabilità interno a tutte le società partecipate direttamente o indirettamente, nonché quelli in materia di assunzioni di personale e di acquisti di beni e servizi;
2) dismettere ulteriori quote di società quotate in borsa limitandosi a mantenere la quota di maggioranza (e questo non dovrebbe comportare alcun cambiamento nell’azionariato dell’unica società cui sarebbe stato applicabile, cioè Acea, che già oggi è per il 49% privata, ndr);
3) operare una ricognizione dei fabbisogni di personale nelle società da esso partecipate prevedendo, per quelle in perdita, licenziamenti per motivi economici;
4) liberalizzare il servizio di trasporto pubblico locale, raccolta dei rifiuti e spazzamento delle strade;
5) mettere in liquidazione tutte le società partecipate che non abbiano come fine sociale prioritario attività di servizio pubblico”.
Tradotto in un linguaggio corrente, significa che nei prossimi anni il Patto di stabilità -che già blocca gli investimenti e ingessa la capacità di spesa corrente del Comune, e in generale di tutti gli enti locali- avrebbe limitato la capacità di spesa anche della società controllate, molte delle quali erogano servizi al cittadino.
L’emendamento -se il testo venisse confermato anche dopo il passaggio alla Camera- obbligherà alla privatizzazione (che si continua a chiamare liberalizzazione…) di Atac, la società che gestisce il trasporto pubblico locale di Roma, e di Ama spa, che pure è una società in house di Roma Capitale.
Paiono dimenticare, i senatori che hanno firmato l’emendamento -oltre a Lanzillotta, Pietro Ichino (anche lui di Scelta civica), Elisa Bulgarelli, Ornella Bertorotta, Barbara Lezzi e Giovanna Mangili (tutte del M5S) e Silvana Andreina Comaroli (Lega Nord)– che il trasporto pubblico locale e il servizio di igiene urbana sono “protetti” dal referendum del giugno 2011, come il servizio idrico integrato.
Nel mirino di Lanzillotta, attivissima nella primavera 2011 nel comitato per i "No" ai due referendum sui servizi pubblici locali, c’era senz’altro anche l’acqua. Se l’emendamento non fosse stato "emendato" in aula, infatti, il Comune di Roma sarebbe chiamato a scendere dal 51 nell’azionariato di Acea (società quotata alla Borsa di Milano), mantenendo comunque una quota importante. Si tratta, forse, di realizzare il disposto dell’articolo 23 bis del decreto Ronchi, quello cancellato con il primo quesito referendario del giugno 2011, che obbligava i Comuni a scendere al 30 per cento delle società quotate.
Una eventuale cessione del 21 per cento di Acea l’avrebbe voluta anche Alemanno, che si era scontrato però con l’opposizione in consiglio comunale e con il Coordinamento romano per l’acqua pubblica (Crap), che per Acea avrebbe altri progetti, come raccontammo a febbraio 2013 su Altreconomia.
Infine, l’ultima misura ci indica che senza immaginare politiche di risanamento per le aziende partecipate che presentino bilanci in perdita, le autorizzerebbe a licenziare “per motivi economici” (una giusta causa?) i lavoratori.
Roma sarebbe finita, e con lei anche il resto d’Italia. Perché questo emendamento dimostra che i Comuni -cui Altreconomia dedica un dossier sul numero di dicembre 2013– sono un ente da annichilire, in attesa del colpo del ko.
Prima del voto in aula il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha promosso una campagna di pressione sui senatori, “Roma non si vende! Ritirare subito l’emendamento Lanzillotta” (e a questo punto la "partita" si sposterà alla Camera).
"Un atto gravissimo è accaduto ieri nella Commissione bilancio del Senato, con l’approvazione dell’emendamento con cui si obbliga alla privatizzazione dei servizi pubblici locali di Roma. Un atto che è in palese contrasto con l’esito del referendum del 2011 e con la volontà popolare chiaramente espressa. Un vero e proprio atto di guerra: ai beni comuni, ai diritti dei lavoratori e dei cittadini, ai movimenti sociali e al futuro della città.
Chiediamo con forza a tutte le senatrici e i senatori di votare contro e ritirare questo emendamento”.
Lunedì 23 dicembre, invece, l’appuntamento è a Montecitorio, dove il Coordinamento romano acqua pubblica ha invitato "tutte le realtà che a Roma chiedono che i servizi pubblici locali non diventino semplicemente e definitivamente una merce" per chiedere ai deputati di votare contro e quindi ritirare l’emendamento Lanzillotta.
(Aggiornato alle 09:04 del 23 dicembre 2013)