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Ambiente

L’acqua dei “consorzi” alla Camera dei deputati

Non saranno i piccoli acquedotti consortili di montagna a “salvare” l’Italia dalla privatizzazione del servizio idrico integrato. Quel che è certo, però, è che esperienze come quelle del Consorzio acqua potabile di Mezzana Montaldo e dell’Associazione di tutela consorzi acque…

Non saranno i piccoli acquedotti consortili di montagna a “salvare” l’Italia dalla privatizzazione del servizio idrico integrato. Quel che è certo, però, è che esperienze come quelle del Consorzio acqua potabile di Mezzana Montaldo e dell’Associazione di tutela consorzi acque libere del biellese (vedi Ae 109), o degli acquedotti rurali del circondario di Varzi (vedi Ae 120), sono senz’altro un espressione compiuta dell’idea di acqua come “bene comune”, da gestire in modo collettivo e partecipato, nell’interesse di coloro che vivono in un determinato Comune.
Simone Ubertino Rosso, segretario del Consorzio di Mezzana Montaldo ha avuto modo di spiegarlo, a metà novembre, anche alla prestigiosa platea convocata a Roma da “italiadecide” (www.italiadecide.it), l’“associazione per la qualità della politiche pubbliche”, presieduta da Luciano Violante e Carlo Azeglio Ciampi (onorario). Tre pagine del rapporto 2010 di italiadecide, "L’Italia che c’è. Le reti territoriali per l’unità e per la crescita", sono dedicate all’esperienza del biellese: “Il gestore è anche utente del servizio e proprietario delle reti -ha spiegato Simone-: ottimizzazione delle risorse, forte responsabilizzazione del socio-utente nel consumo di acqua, sottile apparato amministrativo, tariffe tra le più basse d’Europa, completo reinvestimento degli utili negli impianti, autosufficienza finanziaria e no-profit sono le parole chiave di questo modello di gestione mutualistica. Parliamo quindi di soggetti proprietari di reti diversi dagli Enti Locali, strutture private che erogano il servizio grazie ad una concessione fornita loro dall’Ato; soggetti che possiedono una carta del servizio, uno statuto consortile e che adempiono periodicamente i controlli sulla qualità dell’acqua erogata”. In merito alla specificità dell’esperienza dei consorzi, Simone ha ricordato che “la nostra esistenza impone al legislatore un nuovo sforzo: prendere in considerazione che, accanto al privato che tende a massimizzare il profitto – spesso a scapito della qualità del servizio- e al pubblico – che può dimostrarsi poco competitivo, ma che ha fornito prove di eccellenza – esiste una terza via, quella della gestione mutualistica. Questa via è quella intrapresa da ormai più di un secolo da chi gestisce senza scopo di lucro la risorsa pubblica e lo fa, con una frase forse di eco francescana, per “amore dell’acqua” e per attaccamento al territorio. Quello che chiediamo al legislatore è di non dimenticarsi di noi, perché in alcune zone il nostro assetto è l’unico possibile, forse non per sempre, ma almeno per ora”. (L’intervento completo è nell’allegato)

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