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Opinioni

La violenza non è donna

Uccidono di meno, perseguitano di meno, picchiano di meno: una maggior componente femminile nella vita pubblica del Paese sarebbe una soluzione a molti problemi

Tratto da Altreconomia 136 — Marzo 2012

L’otto marzo è nel mondo intero la giornata della donna. E, come ogni anno, verranno presentati moltissimi dati che sulla violenza perpetrata nei confronti delle donne. Gli esperti snoccioleranno dati e statistiche, che riflettono -inevitabilmente- una situazione che non sembra migliorare. Una indagine sugli omicidi di donne in Italia, “Femicidio 2010”, realizzata lo scorso anno dalla Casa delle donne di Bologna (www.casadonne.it), rileva che furono 127, in aumento di oltre venti rispetto al 2007. Lo stesso ministero degli Interni, nel rapporto sulla criminalità del 2010, afferma che “la quota di donne uccise è straordinariamente in crescita”, e stima che rappresentino il 25% delle vittime di omicidio. La spiegazione è lucida: data la diminuzione generale del tasso di omicidi rispetto alla popolazione, quelli “in famiglia” -che tendono invece ad essere costanti nel tempo e che di norma implicano che sia una donna la vittima- diventano proporzionalmente più consistenti.
Ma sarebbe interessante, in occasione di questo 8 marzo, riflettere anche sui dati relativi alle donne come “carnefici”. I numeri indicano chiaramente che in Italia, come nel mondo del resto, gli uomini e le donne presentano una diversità sostanziale nell’approccio alla criminalità in generale.
Il primo “dato” è che, come sempre, è molto complicato trovare dati disaggregati: quando una donna è vittima, ciò è sempre messo in evidenza, ma non è altrettanto vero quando le stesse sono autori di delitti. Non sono facilmente, infatti, reperibili i dati relativi al numero di omicidi commessi da donne, e per l’Italia si può fare riferimento ai dati relativi alle condanne definitive e di una ricerca su questo tema dell’Istat, che però risale al 2007.
Più in generale, allora, i dati sulla popolazione carceraria indicano un divario immenso tra i tassi di criminalità tra uomini e donne. In Italia le donne rappresentano meno del 4% del totale della popolazione carceraria. Nel resto del mondo la situazione non è molto diversa, e le donne non rappresentano mai più del 10% del totale della popolazione carceraria. Inoltre, la maggior parte di loro è imprigionata per piccoli crimini non violenti. Nel nostro Paese, le donne sono responsabili di meno del 3% dei crimini contro le persone e contro il patrimonio, mentre sono più comunemente condannate per reati contro le personalità dello Stato e quelli relativi alla prostituzione.
Le donne sono l’autore di una violenza sessuale in meno del 2% dei casi, e rappresentano meno del 13% del totale dei responsabile di reati persecutori come lo stalking. Livelli incredibilmente bassi si raggiungono con riferimento ai reati di stampo mafioso, dove le donne condannate rappresentano solo l’1,3% del totale.
Esistono inoltre studi sul contributo delle donne alla riduzione della violenza nei corpi di polizia e negli eserciti. Con riferimento alle donne in polizia, ad esempio, esiste una vasta ricerca negli Stati Uniti d’America e a livello internazionale che dimostra che le donne poliziotte usano metodi meno violenti e sono più capaci nel calmare le situazioni di alta tensione e nell’evitare confronti violenti con i cittadini. Inoltre sembra che abbiano una migliore attitudine a creare forme di cooperazione ed a stabilire relazioni con la cittadinanza, condizione indispensabile per incrementare la fiducia nelle forze dell’ordine. Anche se può sembrare banale, le donne poliziotto sono molto più brave quando si tratta di affrontare episodi di violenza domestica. Studi relativi agli eserciti e alle missioni di pace dimostrano chiaramente che gruppi di donne sono tendenzialmente più determinate a porre fine alle violenze e ad istaurare una pace duratura.
Insomma: le donne uccidono di meno, perseguitano di meno, picchiano di meno, rubano di meno. I dati sulle vittime sono fondamentali, ma questo marzo è essenziale concentrarsi sul fatto che un maggior numero di donne nella vita pubblica del nostro Paese sarebbe da sola una soluzione a tanti problemi di cui spesso i politici si riempiono la bocca. Oltre ad una questione di parità, più donne vorrebbe dire polizia meno violenta, più voglia di cercare pace, minore criminalità e migliore comprensione di cosa sia la violenza domestica. Riassumendo, una società migliore. —

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