Ambiente
La’ dove c’era una fabbrica…
…ora c’è (l’ennesimo) progetto di sviluppo immobiliare. Benvenuti a Sesto San Giovanni, l’ex “Stalingrado” alle porte di Milano
“Caltacity” è la città che non c’è: un progetto che abbiamo rincorso senza successo nei cassetti del Comune di Sesto San Giovanni, sul cui territorio dovrebbe sorgere; carte che abbiamo chiesto inutilmente al gruppo Edoardo Caltagirone, che ne è il promotore: l’imprenditore romano non ha voluto rispondere alle nostre domande, né incontrarci.
Non c’è traccia di Caltacity nemmeno girando intorno al centro commerciale “Vulcano”, che lo stesso Caltagirone ha costruito nella città lombarda, al posto del vecchio stabilimento Falck Vulcano: a ridosso della Tangenziale Nord e dell’autostrada A4, ci sono solo cumuli di terra, in un’area in attesa di bonifica.
“Caltacity” è solo il dominio di un sito internet: www.caltacity.com, la cui registrazione è in scadenza il prossimo 22 ottobre 2012.
Il nome della strada che taglia in due le proprietà sestesi di Caltagirone è via Vulcano. Dando le spalle al centro commerciale e al Grand hotel Duca di Mantova (il “Caltahotel”, www.caltahotel.it), oltre la strada ci sono le gru.
Dove una volta c’era la Falck Decapaggio, stanno crescendo palazzoni di una decina di piani. Gli operai sono al lavoro anche in questa mattina di metà marzo.
“Caltagirone a Sesto San Giovanni è proprietario di due porzioni delle aree ex Falck: la Vulcano e il Decapaggio” racconta Orazio La Corte, consigliere comunale dei Verdi tra il 2007 e il 2012 (al momento dell’intervista, e oggi candidato sindaco). “Sulla prima può intervenire per effetto di un piano adottato alla fine del 1997, e di una convenzione sottoscritta nel 2000 -continua-. Il Programma integrato d’intervento relativo all’area Decapaggio, invece, è del 2004. Eppure sta portando avanti i lavori speditamente solo su quest’area. Il comparto Vulcano è lì fermo”.
La differenza è tutto nei numeri: alla voce “dati urbanistici di progetto” dell’intervento, sull’area Decapaggio c’è scritto “Residenza 100%”, per oltre 63mila metri quadrati. Accanto al centro commerciale Vulcano, e all’hotel, invece dovrebbero sorgere uffici e spazi destinati ad attività produttive o servizi.
Il primo articolo che parla della riqualificazione dell’area è vecchio di quindici anni, uscito sul Corriere della Sera il 26 novembre 1997: abbiamo cercato inutilmente le parole “casa” o “residenziale”. Non ci sono. Destinazione d’uso non ammessa, game over.
Forse: perché secondo La Corte, Caltagirone aspetta solo di poter “rinegoziare” l’intervento con il Comune di Sesto, dopo la scadenza del Piano, il 18 dicembre di quest’anno. Allora Caltacity potrebbe diventare realtà.
Il “cavallo di Troia” è una frase scritta in grassetto nel Documento di piano, uno dei tre atti che compongono il Piano di governo del territorio di Sesto San Giovanni: alla voce “Decapaggio”, a pagina 289, si apre a una “possibile revisione dei contenuti del Piano particolareggiato”, che “deve comunque partire da una ridefinizione della viabilità e degli accessi anche in relazione ai flussi di traffico generati dal centro commerciale e mantenendo ferma la centralità delle funzioni produttive”. Prima, c’è una descrizione dello stato dell’arte: “Il comparto denominato Vulcano è disciplinato dal Piano attuativo di iniziativa pubblica ‘P.P. di recupero area Vulcano’ approvato con delibera del consiglio comunale n. 27 del 9/4/1998, ed ha un’estensione territoriale di circa 400.000 metri quadrati. Il Piano particolareggiato Vulcano individua sei Comparti Operativi: Produzione e Ricerca, Uffici, Centro Integrato di Servizi e Commercio, Parco Est, Cuore del Parco scientifico, Produzione e ricerca sud”.
Segue l’elenco delle “quantità edificatorie complessive”, che sono le seguenti: “Produzione e ricerca 130.000 mq; Terziario Uffici 52.000 mq; Servizi alle imprese 10.000 mq; Servizi alle persone 16.000 mq; Residenza temporanea 13.000 mq; Commercio 40.000 mq. Per un totale di 261.000 mq”. “Di tali previsioni -conclude laconicamente il documento di piano- è stato realizzato il centro commerciale e le opere di urbanizzazione ad esso relative”.
“Il ‘nodo’ è nel prolungamento della convenzione, che in origine sarebbe scaduta a fine dicembre del 2008 -racconta l’architetto e urbanista Patricio Enriquez, che in quel periodo lavorava per il Comune di Sesto San Giovanni, inquadrato nello staff del sindaco-. Il 15 dicembre, il Comune se ne esce con un proroga della convenzione fino al 18 dicembre 2012. Il ragionamento che fanno è questo: nel 2000, il 14 febbraio, l’area è stata sottoposta a sequestro, nell’ambito di un procedimento della procura di Monza. Il sequestro è stato revocato il 10 febbraio 2004. Per effetto di questo vincolo, per 3 anni, 11 mesi e una ventina di giorni il consorzio Vulcano non ha potuto disporre dell’area. Così l’8 ottobre 2008 ha presentato una nota in cui si richiedeva che il Comune prendesse atto di questo fatto, prevedendo la ri-determinazione della scadenza stessa. Caltagirone chiede una proroga. Il Comune ne prende atto e l’accorda”.
A quel punto, ricorda Enriquez, “pongo una questione: voi state prorogando i termini della Vulcano, ma le aree sequestrate sono quelle su cui oggi sorge il centro commerciale. Dove c’è il centro commerciale bello che finito. Ciò significa che nonostante il sequestro, l’intervento programma è stato realizzato.
È sul resto del comparto, che non è mai stato sotto sequestro, che lui non è intervenuto”. Parole al vento.
“A differenza dei Programma integrati d’intervento, questo è un piano particolareggiato, cioè d’iniziativa pubblica -spiega Patricio-. Se scade la convenzione, e gli interventi non sono stati realizzati, il Comune può prendere le fidejussioni, e realizzare tutti gli interventi pubblici previsti dal Piano. Se gli edifici privati non sono stati costruiti, non è certo colpa del Comune”.
Era il 2008, e mentre “gli uffici tecnici del Comune stavano lavorando al Piano di governo del territorio, Caltagirone presenta un progetto che dovrebbe essere agli atti del Comune, e che prevede di modificare tutto il Piano particolareggiato, togliendo il produttivo, e mettendo del terziario, della residenze e ulteriori spazi commerciali -racconta Enriquez-. È a quel punto che l’amministrazione aggiunge quelle quattro o cinque righe, in cui afferma che il piano attuativo in fase di esecuzione può essere modificato”. La frase in grassetto non c’era nel documento di piano sottoposto alla Valutazione ambientale strategica il 1° luglio del 2008, ma compare sul documento approvato. Aprendo così le porte ad almeno 200mila metri quadrati di nuovi appartamenti. Sempre più case in una città che, per effetto del Pgt del 2009, ne attende già 10mila. —
Parole d’acciaio
Sesto San Giovanni, storico feudo della sinistra in Lombardia, è uno spaccato del Paese che cambia. Quella che veniva definita la “Stalingrado d’Italia” vive oggi la trasformazione da “città delle fabbriche” a “città delle case”. Il percorso in alcuni casi è poco limpido, come dimostra la vicenda del recupero dell’area ex Falck -la più grande zona industriale dismessa d’Europa- su cui la Procura di Monza ha aperto un’inchiesta per un giro di presunte tangenti. È a questo “sistema”, che coinvolgerebbe anche Filippo Penati, già presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria di Pier Luigi Bersani, che il giornalista di Altreconomia Luca Martinelli ha dedicato il libro “La caduta di Stalingrado” (Castelvecchi editore, collana Rx, 192 pp. 14 euro), in libreria dal 4 aprile. L’intervento di riqualificazione dell’area industriale dismessa vale oltre 3,5 miliardi. E l’affare coinvolge un grande numero di attori tra cui le più importanti banche del Paese. Il legame tra politica e finanza, secondo la stessa inchiesta, si allarga anche alla gestione della Serravalle, la società controllata della Provincia di Milano, perno centrale delle nuove autostrade in vista dell’Expo 2015: Pedemontana, BreBeMi e Tangenziale Est esterna di Milano, tre lingue d’asfalto che costeranno dieci miliardi di euro (vedi Ae 136).