Ambiente
La BREBEMI è deserta, ma non è una notizia
I reportage dei media mainstream raccontano lo stupore di una striscia d’asfalto senza traffico, quasi senza utenti. È un esito già scritto, e sarebbe bastata un po’ d’attenzione per comprendere nel corso degli anni che la costosa direttissima Brescia-Milano non aveva mercato. Prima di spendere ben 2,4 miliardi di euro, costi che pagheremo per molti anni a venire
Forse -come suggerisce al lettore una foto pubblicata dal Corriere della Sera del 10 settembre- il “deserto d’asfalto” che unisce Brescia a Melzo è colpa dell’erba alta davanti ai cartelli, che non permette agli automobilisti di raggiungere la BREBEMI, la nuova autostrada A35 inaugurata a fine luglio alla presenza del presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
O, con maggiore cognizione di causa, l’assenza di automobilisti lungo l’infrastruttura può essere imputata alla “concorrenza” della vicina autostrada A4, che unisce il Veneto (e da Bergamo ha addirittura con 4 corsie) fino ad incontrare la Tangenziale Est, mentre la BREBEMI finisce nei campi.
A differenza di chi, oggi, dedica reportage “all’autostrada che nessuno percorre”, noi ciò che accade oggi l’avevamo detto, e scritto, nel corso degli anni. Quando ancora non erano stati spesi circa 2,4 miliardi di euro (al netto degli oneri finanziari); quando ancora il “deserto d’asfalto” non c’era; quando ancora le inchieste di un grande quotidiano avrebbero potuto smuovere l’opinione pubblica, portando magari il governo a frenare il progetto, prima di essere costretto a metter mano al portafogli, come farà a breve -vaticiniamo- il CIPE, per rispondere alle richieste di “sgravi fiscali” avanzate a più riprese dal presidente della società di gestione, Francesco Bettoni, e dal presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni. Lo Stato -qualora il governo accogliesse la richiesta- dovrebbe rinunciare ad incassare circa mezzo miliardo di euro nei prossimi anni, scrivono alcuni grandi quotidiani, senza “contestualizzare” il perché né il come.
Crediamo sia necessario, pertanto, riassumere per punti tutto ciò che è necessario sapere sulla BREBEMI, per comprendere oggi un fallimento costruito nel corso degli anni, e di cui pagheremo i costi per molti anni a venire:
1 la defiscalizzazione, per legge, è un provvedimento che può essere richiesto per rendere sostenibile il piano economico e finanziario di interventi realizzati in project financing che si trovino in condizione di “squilibrio”, rappresentando -né più né meno- un clamoroso “fallimento del mercato”. Vale la pena sottolineare che la defiscalizazzione è stata introdotta nell’ordinamento italiano durante il governo Monti, quando ministro e viceministro delle Infrastrutture erano Corrado Passera e Mario Ciaccia, entrambi ex dirigenti del gruppo bancario Intesa Sanpaolo, che è azionista della società che ha costruito e gestirà BREBEMI;
2 la insostenibilità del project financing era già “provata”, se possibile, dal mancato interesse dei grandi gruppi bancari privati a partecipare al reperimento dei fondi necessari a realizzare l’intervento: a fronte di una vulgata (che continua a ripetersi sui media mainstream, come se fosse una verità che si auto-avvera) che vorrebbe la BREBEMI come “la prima autostrada realizzata senza finanziamenti pubblici”, i soci -da Intesa Sanpaolo a Gavio, da Unieco a Pizzarotti fino ai piccoli Comuni della bassa bresciana bergamasca attraversati dal tracciato- sanno di aver contato sui finanziamenti della banca pubblica dell’Unione europea, Banca europea degli investimenti, e della “cassaforte degli italiani”, quella Cassa depositi e prestiti controllata dal ministero del Tesoro;
3 i dati di traffico relativi all’autostrada BREBEMI, che secondo quanto comunicato dalla società stanno intorno ai 20mila passaggi al mese, ben al di sotto del preventivato, evidenziano la “risposta del mercato” a un intervento pesante per tutto l’est milanese: senza il completamento della Tangenziale Est esterna di Milano -che la collegherebbe alla viabilità ordinaria, veicolando il traffico verso Milano- la BREBEMI non “esiste”. Questo esemplifica come "asfalto" chiami "asfalto", in un circolo vizioso dannoso per il Paese.
Spiace, oggi, verificare che l’opposizione in Regione Lombardia invece di criticare il “modello autostradale made in Formigoni”, mutuato nel “modello Maroni”, rivendichi l’esigenza di garantire al “progetto BREBEMI” maggiori risorse pubbliche onde evitare che alcuni Comuni dell’hinterland di Milano siano strozzati dal traffico;
4 se le mettiamo insieme, però, queste due infrastrutture hanno occupato o andranno ad occupare, nel caso di un completamento di TEEM, oltre 500 ettari di terreni agricoli, che saranno persi per sempre, comportando -come abbiamo spiegato su Ae 150, ad aprile 2014– un costo di gestione dei servizi ambientali per i territori coinvolti di 6.500 euro per ettaro all’anno.
Ecco ciò che sappiamo di BREBEMI. E lo sapevamo -e scrivevamo- mesi fa. Non c’era bisogno di attraversare l’autostrada semi vuota per descriverla. Era già scritto nelle parole di un dirigente di una grande banca milanese, che nel corso di un convegno di Assolombarda dedicato alle autostrade, un paio d’anni fa, aveva spiegato il motivo per cui alcuni interventi non erano considerati “bancabili”: “Come posso credere che sull’autostrada x passino 80mila veicoli al giorno, e che gli stessi veicoli passino anche su un’arteria che dovrebbe correre parallela, a pochi chilometri dall’altra?”.