Ambiente
Ikea, tra investimenti, sviluppo negato e media
L’intervista a Il Sole 24 Ore del ceo della multinazionale va letta tra le righe
Un messaggio, a volte, diventa secondario rispetto al medium, al mezzo scelto per renderlo pubblico. Ecco perché, a nostro avviso, riveste un significato particolare l’intervista esclusiva concessa la scorsa settimana (mercoledì 27 settembre) a Il Sole 24 Ore da Mikael Ohlsson, chief executive officer di Ikea. “Pronti a investire un miliardo in Italia” il titolo scelto dal quotidiano di Confindustria. “Ikea progetta 10-15 nuove aperture e trasferisce nel nostro Paese attività da Malaysia e Cina” l’occhiello.
Nell’anno fiscale 2010/2011 la multinazionale olandese Ikea ha fatturato nel nostro Paese 1,64 miliardi di euro (più 6,5 rispetto ai dodici mesi precedenti), pari al 6,6% del fatturato globale del gruppo (24, 7 miliardi di euro), subendo però alcuni smacchi. In particolare, Ikea non ha ottenuto le autorizzazioni necessarie ad aprire due nuovi ipermercati in provincia di Torino (la multinazionale avrebbe voluto costruire su un terreno agricolo, il presidente della Provincia Saitta ha negato la possibilità di una variante, rivendicando il “diritto alla pianificazione” in capo al soggetto pubblico) e in provincia di Pisa.
Sono sassolini che, adesso, Mikael Ohlsson si toglie dalle scarpe rispondendo alle domande di Attilio Geroni: “Devo dire che in Italia le procedure per ottenere i terreni, le infrastrutture necessarie e le licenze, sono tra le più lunghe mai sperimentate nei Paese in cui lavoriamo”; “siamo pazienti e impazienti al tempo stesso”. Il Sole 24 Ore si affretta a declinare le mancate autorizzazioni (a Torino, a Pisa) nella colonna “sviluppo negato”. “Sei anni persi, per lo sviluppo e l’occupazione. Per sei anni circa 200 milioni d’investimenti, e diverse centinaia di nuovi posti, sono rimasti solo sulla carta”.
Ohlsson, però, usa il quotidiano di Confindustria per “comunicare” (è una promessa o una minaccia?) che loro restano comunque buoni, pronti a perdonare l’Italia dove “sul medio termine, ritengo realistico pensare a 10-15 aperture, il che, con un investimento medio di 70 milioni a negozio, fa capire quale potrebbe essere il nostro impegno finanziario in Italia nei prossimi anni”, tra i 700 milioni e il miliardo di euro. 2 o tre di questi nuovi ipermercati dovrebbero sorgere a Milano e nel suo hinterland (dove peraltro Ikea è già presente con tre megastore). L’intervista, perciò, è anche l’occasione di ringraziare i presidenti delle Regioni Toscana e Piemonte, Enrico Rossi (Pd) e Alberto Cota (Lega Nord), che stanno lavorando per trovare “una soluzione alternativa”. Per chiudere un panino abbondantemente farcito, il giorno dopo, Il Sole ha ospitato le reazioni. Enrico Rossi si è detto “molto soddisfatto della scelta fatta da Ikea”, ovvero quella di mantenere comunque un investimento in Toscana. Vincenzo Dell’Orefice, segretario della Fisascat (Federazione italiana sindacati addetti servizi commerciali, affini e del turismo) Cisl, ha invece ricordato che “la decisione di Ikea dimostra che esiste un’Italia a due velocità: da una parte, il sistema produttivo e del lavoro che viene riconosciuto come importante e valido tanto che siamo i terzi fornitori al mondo della multinazionale, e, dall’altra parte, c’è il Paese della burocrazia, delle lungaggini”.