Bonifiche a rischio – Ae 71
In Italia sono stati censiti 52 siti di interesse nazionale da bonificare e oltre 27 mila di interesse locale. Si tratta di aree ad alta concentrazione di contaminazione che, in determinate realtà, ha portato a veri e propri disastri ambientali,…
In Italia sono stati censiti 52 siti di interesse nazionale da bonificare e oltre 27 mila di interesse locale. Si tratta di aree ad alta concentrazione di contaminazione che, in determinate realtà, ha portato a veri e propri disastri ambientali, che hanno colpito non solo la natura, ma anche le popolazioni. La metà di questi siti sono rappresentati da discariche incontrollate, gli altri sono siti industriali di produzione chimica, metalmeccanica o di processi altamente inquinanti.
Il governo ha proposto una modifica dell’attuale normativa che, se fosse passata, avrebbe comportato l’immediato stop di tutti i cantieri di bonifica oggi aperti in Italia. Infatti, sarebbe difficile dimostrare la responsabilità dell’inquinatore.
Sotto un profilo strettamente tecnico la proposta rappresenta una vera e propria licenza di inquinare. Si afferma, infatti, che l’obbligo di bonificare -ossia la soglia di inquinamento accettato- si ha solo quando vi è il rischio accertato di oltre un morto ogni 100 mila abitanti. La normativa attuale impone invece di raggiungere un livello di decontaminazione che non comporti alcun rischio per l’ambiente e per la popolazione. La riforma presentata è particolarmente grave, in quanto afferma che è legittimo -ossia senza responsabilità di alcuno- far morire d’inquinamento.
La proposta del governo, inoltre, limita la responsabilità da contaminazione solo ai casi di accertata colpa o dolo. Oggi, invece, la disciplina vigente dispone la responsabilità oggettiva, ossia quella responsabilità che deriva dal semplice nesso causale tra lo stato di contaminazione e l’attività svolta. Con la riforma viene invertito l’onere della prova, oggi a carico del responsabile, che domani diverrebbe a carico della pubblica amministrazione. Ciò comporterebbe lunghi ed estenuanti contenziosi, durante i quali o non si procede alla bonifica, oppure vi dovrà procedere la parte pubblica al posto di quella privata.
Questo effetto condonatorio si farebbe sentire sui siti di più antica contaminazione, ossia i siti più contaminati in Italia, come Cengio, Marghera, Priolo, Gela, Manfredonia, Brindisi, Piombino, ecc… Infatti, si dovrebbe dimostrare se al tempo in cui fu commessa la contaminazione -ossia anche 70 anni fa- sussisteva un comportamento doloso o colposo. In altre parole si tratta di una prova impossibile.
Sotto il profilo penale, la proposta governativa aggiunge un comma che testualmente recita: “L’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 66 e seguenti del presente decreto costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1”.
In altri termini, significa che se una persona è riconosciuta responsabile, una volta che bonifica potrà non solo non rispondere del fatto che ha contaminato, ma anche di altre responsabilità connesse all’aver inquinato. Come dire che una volta passato con il rosso, se un guidatore fa marcia indietro e nel farla investe una persona e aspetta che scatti il verde, non è tenuto a pagare la multa, né risponde per l’incidente.
A complicare ulteriormente la disciplina si aggiunga che non fa nascere l’obbligo di bonificare il fatto che l’inquinamento presente nell’area non risulti differente da quello che esiste all’esterno della stessa. In questo modo accade che se un lotto di terreno contaminato ricade all’interno di una più ampia area contaminata, non si dovrà procedere alla sua bonifica.
Solo a titolo di esempio si consideri che a Porto Marghera esistono ben 268 diversi lotti di terreno…
Il caso
Il 20 marzo il presidente della Repubblica non ha firmato il decreto sulla legge delega ambientale presentato in extremis dal governo. Mentre andiamo in stampa non sappiamo ancora -ma speriamo di sì-se questo basterà a fermare quella che molti hanno definito una “legge scempio” che modifica le norme in tema di rifiuti, bonifiche, aria, danno ambientale, acque, valutazione d’impatto ambientale…
Nel commento che qui accanto potete leggere, avevamo chiesto a Stefano Leoni (ex Commissario straordinario per la bonifica della Val Bormida, oggi vice-presidente del Wwf nazionale e docente di legislazione dell’ambiente all’Università di Bologna) che cosa sarebbe successo con la nuova normativa.