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Votare per non lasciare spazio alle mafie

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L’astensionismo facilita chi vuole sfruttare il risultato delle urne per promuovere interessi criminali. Un appello in vista delle amministrative. La rubrica di Pierpaolo Romani

Tratto da Altreconomia 248 — Maggio 2022

Al voto, al voto. È l’appello che lanciamo dalle pagine di Altreconomia a poche settimane dalle elezioni amministrative che il 12 giugno coinvolgeranno quasi mille Comuni italiani per eleggere sindaci e consigli comunali. L’articolo 48 della Costituzione ci ricorda che il voto “è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. Il nostro appello a partecipare attivamente alla vita democratica del nostro Paese non è solo un richiamo a esercitare una responsabilità individuale e collettiva, ma nasce da una preoccupazione: il costante aumento del numero degli astensionisti e lo spazio che, di conseguenza, viene lasciato a chi intende utilizzare il voto come strumento per promuovere interessi particolari anziché generali, interessi criminali anziché legittimi e legali.

Partecipare alla vita pubblica e prestare attenzione nella selezione dei canditati e delle candidate è fondamentale per la salute della democrazia. A ricordarci quali danni possono presentarsi se vengono meno queste attenzioni è il dossier di Avviso pubblico “Le mani sulle città” dedicato agli scioglimenti degli enti locali per infiltrazione mafiosa. Nel 2021 in Italia sono stati sciolti per mafia 14 enti locali, per un totale di 276 dal 1991 a oggi. Tra gli enti sciolti figurano anche sei aziende sanitarie locali, dislocate tra Campania e Calabria, e i Comuni capoluogo di Foggia e Reggio Calabria.

Per giungere allo scioglimento -deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Interno e decretato dal presidente della Repubblica- non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente o che siano disposte misure di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata. Gli indizi raccolti devono essere documentati, concordanti e indicativi dell’influenza del crimine organizzato sull’amministrazione.
In 71 casi i Comuni sono stati sciolti più di una volta: Lamezia Terme (70mila abitanti) è stato sciolto per tre volte, mentre Marano di Napoli (57mila abitanti) ben quattro volte. A essere coinvolti sono soprattutto gli enti locali del Mezzogiorno, ma il dossier ne elenca diversi anche regioni del Centro-Nord, tra Liguria, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio.

Sono 276 gli enti locali sciolti per mafia in Italia dal 1991 a oggi. Il dato è contenuto nel dossier “Le mani sulla città” curato da Avviso Pubblico

Nel 57,1% dei casi le maggioranze che hanno governato i Comuni sciolti nel 2021 sono rappresentate da liste civiche, nel 28,6% erano guidati da giunte di centro-sinistra e nel 14,3% di centro-destra. A essere considerati come elementi di cerniera tra il mondo legale e quello criminale sono stati individuati 92 amministratori locali e 111 dipendenti pubblici, diversi dei quali con ruoli dirigenziali. Leggendo le relazioni prefettizie emerge che i settori maggiormente oggetto di condizionamento mafioso nell’ambito locale sono quelli dell’edilizia e dei tributi -leggasi nessuna lotta all’abusivismo edilizio e all’evasione fiscale- nonché quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti e il mancato utilizzo per finalità istituzionali e sociali dei beni confiscati.

Il dossier di Avviso Pubblico, dati alla mano, dimostra che la legislazione in materia di scioglimento degli enti locali per mafia ha bisogno di essere ripensata e riformata, come già emerso in sede di Commissione parlamentare antimafia e sta emergendo dalle audizioni in corso presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie

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