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Opinioni

Votare è giusto e necessario. Nonostante tutto

Non c’è democrazia senza un popolo preparato. È la mancanza di questa condizione decisiva a rendere così ardua non dico la possibilità di arrivare a scegliere un governo all’altezza del presente e del futuro della società italiana, ma almeno quella di evitare di consegnare il potere a individui e partiti non credibili, sicuramente pronti a nuocere al Paese.

Tratto da Altreconomia 146 — Febbraio 2013

Deve far riflettere il fatto che la parola “popolo” sia lasciata alla retorica populista; per il resto si preferisce parlare di “cittadini” e di “cittadinanza”, lasciando nell’ombra il riferimento alla comunità dei soggetti della democrazia nazionale. Siamo in una situazione paragonabile a quella di un ubriaco che, nel tentativo di scegliersi un auto per guidare, continua a lamentarsi del fatto che le auto a sua disposizione non vanno bene. È pur vero che i mezzi disponibili (i partiti) sono pieni di difetti, ma è ancor più vero che il primo problema è lo stato di ineducazione e di scarsa lucidità di chi (il popolo) dovrebbe fare la scelta.
Certo, non si può non constatare che abbiamo forze politiche molto distanti dal profilo dei partiti per come sono concepiti dalla Costituzione. Quelli attuali non sono soggetti intrinsecamente democratici, e quindi non sanno sviluppare la vita della democrazia. È indicativo che nei loro simboli elettorali figuri, tranne la lodevole eccezione del Partito democratico, il nome del capo: questo dice quanto sia basso il loro livello di maturità democratica. Manca loro una vera visione della realtà, sia nell’analisi dei problemi, sia nell’individuazione di una via alternativa globale. Ormai è normale che, se un partito ha a cuore una singola questione (per esempio la tutela egoistica del Nord, come per la Lega, o l’obbedienza al mercato, come per Mario Monti e soci), esso sia pronto ad allearsi con chiunque pur di ottenere il suo obiettivo, mettendosi a improvvisare su tutte le altre questioni. Nessuno dei partiti o dei personaggi che più hanno danneggiato il Paese si sogna di fare un minimo di autocritica.
Non la Lega, con il suo secessionismo xenofobo e i suoi problemi di corruzione interna; non Mario Monti, dopo che la sua politica di “rigore” rivolta contro i più deboli ha aggravato le condizioni di vita di gran parte della popolazione; non certo il Popolo della libertà, un partito che rappresenta il volto peggiore della vita pubblica italiana.
Neppure le forze politiche che potrebbero essere più propizie per collaborare alla rigenerazione della democrazia italiana -forze che comunque mi auguro vincano le prossime elezioni- fanno eccezione in questo senso. Non ha coscienza autocritica il Pd, il quale non si è ancora reso conto che per l’Italia è indispensabile un nuovo modo di pensare e di orientare l’azione di governo, in alternativa all’ideologia del mercato.
Questa coscienza autocritica, per altre ragioni, manca anche ai partiti della sinistra e all’Italia dei valori, che sono segnati dal settarismo narcisista e che ora si sono raccolti attorno a un leader stimabile, ma investito di questo ruolo per volontà di pochi, senza ascoltare le giuste esigenze di democrazia interna di tanti movimenti e associazioni di base. Infine, di coscienza autocritica nel Movimento Cinque Stelle non se ne trova traccia. Del resto proprio la parabola di questo movimento è un effetto esemplare del male radicale che avvelena la democrazia nel nostro Paese. Infatti non basta essere e dirsi “cittadini” per essere validi protagonisti della vita pubblica in opposizione ai cattivi “politici” o alla “casta”. Occorre essere cittadini formati, critici, leali con la Costituzione, impegnati in un grande progetto che si faccia carico di tutte le questioni aperte di una società. In Italia manca questo popolo fatto da una maggioranza di cittadini consapevoli, educati a esserlo fin da piccoli. Questa è la radice del male. Se ci fosse un popolo così, sarebbe possibile esprimere una sana dialettica partitica, governi e progetti adeguati alla realtà.
Per essere più precisi va detto che ci sono due Italie: una minoritaria, fatta di cittadini capaci di far vivere la democrazia, e un’altra, ancora maggioritaria, che della democrazia medesima non sa che farsene. Questa Italia cinica e qualunquista vota per chi promette di abbassare le tasse e sa dire menzogne in modo telegenico. Finché siamo in questa situazione, con il voto non si può costruire nulla di avanzato; è già molto se riusciamo a sventare il disastro. Ed è proprio questo che si tratta di fare il 24 e il 25 febbraio. Anche se non è entusiasmante, andare a votare resta giusto e necessario. —

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