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Vittime e novità – Ae 73

Le telecomunicazioni, anzi, come le chiama l’Unione Europea, le “comunicazioni elettroniche”, sono diventate negli ultimi anni una specie di fisarmonica. Alla fine degli anni 90, come effetto della liberalizzazione, gli operatori Tlc si sono moltiplicati. Si contavano oltre 70 licenze….

Tratto da Altreconomia 73 — Giugno 2006

Le telecomunicazioni, anzi, come le chiama l’Unione Europea, le “comunicazioni elettroniche”, sono diventate negli ultimi anni una specie di fisarmonica.
Alla fine degli anni 90, come effetto della liberalizzazione, gli operatori Tlc si sono moltiplicati. Si contavano oltre 70 licenze. È sempre la stessa cosa al decollo di contesti liberalizzati: come le ferrovie nell’America di fine XX secolo, o come l’industria dell’automobile, anche nell’Italia dei primi del Novecento. Oppure quando la curva di sviluppo della telefonia, negli anni 80, era in saturazione e sono arrivati i computer come nuovi utenti telefonici.

Poi la selezione naturale fa il suo lavoro e il processo di concentrazione lascia sul parterre pochi concorrenti. In Italia, ma non solo, le regole di liberalizzazione hanno lasciato vantaggi temporanei all’operatore “dominante”, soprattutto in virtù della relativa lentezza del processo regolatorio e sanzionatorio, e l’operatore dominante ha saputo approfittare di quelle finestre temporali con una certa bravura. Gli operatori alternativi, già decimati dallo sgonfiamento della bolla della new economy, hanno lasciato molte altre vittime sul terreno e si sono ritrovati in pochi negli anni 2003/2004.

In America gli effetti dirompenti della sentenza di smembramento del Bell System (1983) si sono ormai azzerati: sopravvivono un paio di grandi operatori integrati e altrettanti per il “long distance”.

Adesso, con il VoIp, reso possibile dalla diffusione della banda larga, ci ritroviamo decine di operatori, riuniti in Italia nel consorzio Voipex “per l’interoperabilità e la qualità dei servizi su IP” (www.voipex.it), ma già si intravedono le condizioni per la prossima selezione, più o meno naturale. Intanto la questione dell’interoperabilità tra gli operatori, cui si oppongono le società maggiori e gli ex monopolisti (i cosiddetti “incumbent”), ma anche aziende come Microsoft e Google, con grande potere di mercato. Se non ci sarà interoperabilità nelle applicazioni, anche il mercato non si svilupperà appieno, come avveniva al tempo dei software chiusi dell’Ibm. Un’applicazione come “presence”, che rileva la presenza in rete degli utenti, tanto per fare un esempio, sarà possibile solo all’interno della comunità ed è ovvio che ne sarà avvantaggiata la comunità che dispone, in Italia, di più di 20 milioni di utenti (cioè Telecom, alla faccia della liberalizzazione). Se a questo aggiungiamo che le reti moderne degli incumbent sono già tutte Ip, si vede che non esiste alcun vantaggio competitivo dei concorrenti neppure sul piano tecnologico.

Infine, gran parte delle offerte Adsl “flat” comprendono le telefonate gratuite e questo fa diminuire l’incentivo a cercare altrove il VoIp.

Un po’ diverso è il caso del Wi-Fi, la connessione a banda larga senza fili, con cui alcune società come Eutelia cercano di ovviare al digital divide andando ovunque non arrivi l’Adsl. E non si creda che stiamo parlando di aree periferiche del Mezzogiorno. Gran parte del digital divide sta al Nord, ad esempio nelle valli lombarde e piemontesi. Si tratta di una popolazione di circa 4 milioni di famiglie, tutt’altro che trascurabile. Col Wi-Fi si bypassa, in sostanza, via radio, l’ultimo miglio, sempre preda dell’incumbent che tuttavia non ha interesse a colmare il divario portando la fibra a centrali che non l’hanno o a mettere apparecchiature nelle stesse centrali. Oltre al fatto che in molte città si sta sviluppando, anche ad iniziativa dei Comuni, una certa offerta di free hot spot (adesso la legislazione lo permette) che consentono un uso nomadico di Internet da varie postazioni. Parigi ne è un esempio. Il prossimo arrivo di Wi-Max accentuerà il fenomeno.

Se fossero in vita Adam Smith o Schumpeter, plaudirebbero alla “distruzione creatrice” dell’economia di mercato, che riduttivamente all’inizio ho chiamato “fisarmonica”.

Franco Morganti, ingegnere al Politecnico di Milano (dove è stato anche docente), è stato consulente per l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, per la Comunità europea su temi di strategie e politiche per le telecomunicazioni e per le principali imprese di telecomunicazione in Italia e in Europa. Fondatore di Metrel, Reseau, Databank Consulting, è stato in Olivetti, SGS (ora ST Microelectronics), nel consiglio di amministrazione di Stet e amministratore indipendente di Enel

e di Wind fino al 2005. Oggi presiede l’Advisory Board di ITMedia Consulting ed è Vice Presidente dell’IIC (International Institute of Communications) a Londra.

È commentatore del Corriere della Sera-Economia.

La sua mail è:
franco_morganti@libero.it

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