Vita oltre le discariche dei buzos della Repubblica Dominicana

Sono le otto del mattino quando la discarica a cielo aperto di San Pedro de Macorís, a circa cento chilometri dalla capitale della Repubblica Dominicana, Santo Domingo, si risveglia tra dense nebbie di fumo, avvolta da un’aria irrespirabile. Nessuna recinzione o confine ne delimita lo spazio: solo un deserto rovente di rifiuti che si perde a vista d’occhio sotto il cielo basso dei tropici.

In questo paesaggio asfissiante, come un piccolo esercito di fantasmi, decine di persone si aggirano tra i cumuli di spazzatura con pesanti sacchi di tela sulle spalle e logori stivali di gomma ai piedi. Tra le mani un bastone alla cui estremità sporge un gancio affilato di ferro, strumento indispensabile per frugare tra gli scarti. Cercano lattine, rame, cartone, plastica, stoffe e persino avanzi di cibo. Tentano di trovare ciò che nessun altro vuole. Tra loro c’è Kiko, che lavora qui da quand’era bambino.

Oggi ha trent’anni e conosce questo posto come casa sua. “Mia madre veniva sempre alla d