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Vista, indotti a invecchiare – Ae 78

Windows lancia in tutto il mondo il nuovo sistema operativo “Vista”. In Europa vale 32 miliardi di fatturato in più. Con tutta probabilità saremo costretti a cambiare computer: è l’obsolescenza indotta. Non ci serve, ma non ne possiamo fare a…

Tratto da Altreconomia 78 — Dicembre 2006

Windows lancia in tutto il mondo il nuovo sistema operativo “Vista”. In Europa vale 32 miliardi di fatturato in più. Con tutta probabilità saremo costretti a cambiare computer: è l’obsolescenza indotta. Non ci serve, ma non ne possiamo fare a meno


Bill Gates ha annunciato agli azionisti della Microsoft che il lancio di “Windows Vista”, avvenuto in tutto il mondo lo scorso 30 novembre, è il più importante per l’azienda dai tempi di Windows 95. “Vista”, il nuovo sistema operativo che sostituirà Windows XP sui computer di tutto il mondo è un mostro frutto di cinque lunghi anni di lavoro costellati da rinvii, cambi di strategie e contrattempi tecnici. E anche se la versione rilasciata non è ancora testata a sufficienza e arriverà in negozio solo il 30 gennaio, l’azienda di Redmond non poteva aspettare un minuto di più, costretta da una parte dall’obsolescenza di Windows XP e dall’altra dall’agguerrita concorrenza di Apple e Linux. E il suo lancio dovrebbe essere anche l’occasione per ridare lustro all’immagine opaca dell’azienda, che ha ancora una causa pendente con l’Europa per comportamento anticoncorrenziale. Tuttavia, visto che secondo alcuni studi porterà in Europa un fatturato extra di 32 miliardi di euro, se non servirà a rabbonire l’Antitrust, almeno porterà nelle casse della Microsoft i soldi necessari a pagare la multa che l’Europa ha deciso di comminargli. 3 milioni di euro al giorno per non aver ottemperato alle sue raccomandazioni di separare il media player dal sistema operativo e diffondere i protocolli necessari agli altri produttori per interagire coi prodotti di BigM, spezzando la filiera che obbliga gli utenti ad usare solo hardware e software “Microsoft compliant”. In questi giorni le azioni Microsoft sono infatti salite fino a quasi 30 dollari.

Cosa di meglio allora che offrire un software “più affidabile e sicuro”, che promette di supportare un maggior numero di periferiche, con una grafica tutta nuova e un motore di ricerca interno avanzato quanto google desktop?

Il dubbio però è: il computer che ho comprato l’anno scorso, funzionerà con Vista? Chissà. Per quelli nuovi la risposta è chiara: oltre 250 prodotti hardware riporteranno la scritta “funziona con Windows Vista”, ma, dati i precedenti, il condizionale è d’obbligo.

Dal punto di vista dei consumatori le problematiche sono anche altre.

Tanto per cominciare quella dell’obsolescenza indotta dei sistemi operativi e delle macchine necessarie a farli girare, “programmate per rompersi”, come afferma il libro di Giles Shade, Made to break, technology and obsolescence in America (Harvard University Press).

Anche se si è persa la memoria dell’accordo Microsoft-Intel -Intel è ancora il maggior produttore di chip al mondo- potremmo ricordare che alla base del patto non scritto c’era la disponibilità di Microsoft a realizzare software sempre più pesante tanto da richiedere nuovi chip, nuovi processori, e che viceversa, la disponibilità di processori più potenti doveva indurre l’acquisto di software più pesante, che spesso serviva a fare le stesse cose di quello vecchio, con una spesso inutile sostituzione. Inutilità che non sta tanto nelle nuove funzionalità del software ma dal lock in cognitivo di chi è abituato a usare una certa interfaccia e non vuole cambiarla, in aggiunta alla fatica di costruirsi nuovi schemi mentali per adattarsi a strumenti nuovi, operazione diseconomica dal punto di vista cognitivo.



“Vista” promette di fare di più: per girare adeguatamente serviranno almeno 512 Mb di Ram, un processore a 800 Ghertz, e una scheda grafica compatibile con Direct X 9 e almeno 15 Mb di spazio libero su disco.

Sono questi requisiti il motivo che fa scrivere a Microsoft nel suo libro bianco sugli effetti economici di “Windows Vista” che porterà in Europa almeno 100 mila posti di lavoro? Forse, se fosse vero. Quello che è certo è che arriveranno nelle case e negli uffici circa 100 milioni di copie del nuovo sistema operativo, che sfruttando il meccanismo dell’obsolescenza indotta obbligheranno gli utenti e le pubbliche amministrazioni ad aggiornare il proprio parco macchine, con un impatto ambientale, sociale e politico pesantissimo.

Perché? Spesso si considera che l’economia dell’immateriale sia meno devastante di quella basata sulla manipolazione di materie prime come il petrolio, l’acqua e gli altri minerali.

Si dimentica che anche l’economia immateriale ha una base materiale, solida, fisica, costituita dall’hardware e dai processi industriali di produzione del software. Per quanto riguarda l’hardware è noto che esso viene prodotto in Paesi come la Cina che non sono certo campioni di democrazia e dove il rispetto dell’ambiente è assai scarso, meno noto è il fatto che ogni computer contiene una grandissima quantità di minerali, il tantalio, la sassiterite, necessari alla miniaturizzazione e al trasporto efficiente dei segnali, che vengono estratti in condizioni miserabili in paesi come il Congo, dove milizie armate obbligano i minatori a rischiare la vita ogni giorno per un pugno di riso.

Secondo le Nazioni Unite ogni computer incide sulla produzione di gas a effetto serra come 200 chilogrammi di petrolio, richiede l’impiego di 22 chili di sostanze chimiche e lo spreco di 1,5 tonnellate d’acqua. Nel libro di Slade si conta che  solo nel 2004 315 miloni di Pc funzionanti sono stati buttati via e sostituiti. Un’operazione che si traduce in tonnellate di rifiuti elettronici, tossici e ingombranti che ritornano sovente in Africa ad aggravare il fardello ambientale del continente.



E da che dipende questa corsa alla spazzatura? Per Slade, dall’obsolescenza indotta. Perchè anche tu che stai leggendo, se pure non sei tra quelli che rincorrono gli oggetti più nuovi, luccicanti e alla moda, o tra quelli che non vogliono essere secondi a nessuno, non potrai fare a meno di adeguarti al nuovo corso, se continuerai a usare il sistema Windows.

Software più pesanti avranno bisogno di computer più potenti che consentiranno di usare programmi sempre più pesanti e sofisticati. Che qualcuno cercherà di venderti, in un circolo infinito.





Linux, il server libero cresce

Nel 2005 il fatturato globale generato dai server Windows ha superato, per la prima volta nella storia, quello dei server Unix (storicamente dominatori di questo segmento):

la quota di mercato mondiale dei server Windows ha raggiunto un valore di 17,7 miliardi di dollari (+ 4,7 per cento rispetto all’anno precedente). La quota dei server Unix è invece di 17,5 miliardi di dollari (ed è scesa del 5,9 per cento).

La buona notizia è che Linux ha conquistato la terza piazza con un fatturato di 5,7 miliardi di dollari e con una crescita su base annua del 20,8%, dunque sensibilmente superiore a quella dei più diretti rivali. Il sistema operativo libero Linux (ma sarebbe meglio dire Gnu/Linux) cresce ed è sempre più appetito da privati e da pubbliche amministrazioni, anche per i grandi risparmi che consente.



Apple, dacci una mela più verde

315 milioni di computer funzionanti sono stati sostituiti nel 2004. Spesso i pc contengono sostanze chimiche tossiche, per esempio polivinilcloruro (Pvc), un materiale termoplastico derivato da combustibili fossili (petrolio, gas e carbone). E c’è chi ne usa più di altri (o riduce di meno), magari puntando tutto sull’estetica, come Apple. La compagnia della mela pare attenta al design ma un po’ meno alla salute dei bambini che in Cina o in India girano per le discariche tra la Mac-spazzatura (iWaste) alla ricerca di componenti da rivendere. Greenpeace invita a indirizzare una lettera a Steve Jobs, presidente di Apple, chiedendo di eliminare le sostanze chimiche tossiche (iPoison) da tutti i prodotti (anche gli ultimi iPod nano e Mac Book contengono Pvc) e di iniziare ad offrire e promuovere dei seri programmi di riuso e riciclaggio. Per aderire: www.greenpeace.org/apple



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